Il mese di giugno 2009 rappresenterà senz’altro un momento cruciale nella storia dell’Unione europea, questa bella utopia portatrice di pace e prosperità che allo stesso tempo si adegua sempre di più al famoso motto di Jacques Delors che la definì «un oggetto politico non identificato». Da un lato l’Europa si impone come una realtà e i cittadini vi si sono adattati e sanno ormai approfittarne. Ad esempio, l’euro, per i Paesi che l’hanno adottato, è spesso considerato responsabile dell’aumento dei prezzi ma i consumatori sanno anche apprezzarne i vantaggi.
Grazie al programma Erasmus, gli studenti ora migrano tra le varie università europee. E, nonostante grandi difficoltà, l’esistenza stessa dell’Unione in cooperazione più o meno stretta con la Banca centrale europea ha permesso di ammortizzare gli effetti più destabilizzanti della crisi finanziaria ed economica, che altrimenti sarebbe stata ben più grave. L’Unione europea attira ancora nuovi Paesi che continuano a bussare alla sua porta. Altrove – in Asia, in America Latina o nel Maghreb – è vista come modello e punto di riferimento.
Ciononostante, però, la sua forza propulsiva sembra essersi esaurita. Gli ardori europei si raffreddano, l’euroscetticismo si diffonde a grande velocità anche nei Paesi più tradizionalmente filoeuropei (tra i quali con tutta evidenza anche l’Italia) e l’opposizione all’Europa s’impenna così come le ostilità che essa suscita.
Le ormai prossime elezioni per il Parlamento europeo evidenziano il malessere che attraversa l’Unione: il Parlamento, l’unica istituzione i cui membri sono eletti a suffragio universale diretto, ha aumentato in questi ultimi due decenni la propria influenza e, attraverso i Trattati, i propri poteri; in particolare, attraverso l’approvazione del bilancio, l’estensione del potere legislativo e quello di controllo sulle altre istituzioni. Eppure questa ascesa politica del Parlamento, ora divenuto un’istituzione fondamentale del sistema politico dell’Unione, non è assolutamente avvertita dalle opinioni pubbliche. Gli elettori sembrano indifferenti, inconsapevoli, annoiati. Si prevedono tassi d’astensione superiori a tutti i record precedenti. Nei ventisette Paesi membri non ci sono stati, ed è molto improbabile che nei prossimi giorni ce ne possano essere, autentici dibattiti sull’Europa. I partiti politici hanno una grande parte di responsabilità nel minimizzare la rilevanza di questa elezione o nel farne un test esclusivamente nazionale (basti pensare all’Italia o alla Francia, dove Silvio Berlusconi e Nicholas Sarkozy vogliono fare di queste elezioni un plebiscito così come l’opposizione vuole sfruttare l’appuntamento elettorale per mettere in difficoltà i due governi).
Una cosa è chiara: l’Europa soffre di un vero problema di «incarnazione democratica», e ciò implica che essa debba ripensare ancora il suo progetto e le sue istituzioni.
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