In diverse occasioni, l’Associazione «il Mulino» e le istituzioni che a essa fanno capo si sono occupate della situazione che il nostro Paese sta attraversando. Con la produzione di tanti libri di studio e di ricerca da parte della Società editrice, di molti progetti di ricerca da parte dell’Istituto Cattaneo, di molti articoli e interventi da parte della rivista «il Mulino» e delle altre riviste edite dall’editrice, si è cercato e si cerca, nel solco della tradizione di tutto il gruppo, di fornire strumenti di analisi e proposte per comprendere la fase attuale della politica e della società italiana. In particolare, negli ultimi mesi, si sono svolti alcuni incontri in Associazione in seguito ai quali il Comitato direttivo ha prodotto un breve documento che è stato sottoposto all’attenzione dei soci. Tale documento, che si è deciso di rendere pubblico attraverso il sito della rivista e che dunque viene qui proposto, intende rappresentare uno stimolo alla discussione, in particolare tra i membri dell’Associazione «il Mulino». Uno stimolo e, al tempo stesso, un invito all’Associazione, ai suoi soci e amici a trovarvi un punto di partenza per ragionare su alcune delle questioni più importanti che ci stanno a cuore. Per concorrere, seppure nell’esiguità dei mezzi a nostra disposizione, alla promozione del pluralismo informativo e culturale. E riaffermare la costante e consapevole responsabilità di tutti verso la cosa pubblica.
[Luigi Pedrazzi, presidente dell’Associazione di cultura e politica «il Mulino»]
Lo spazio d’intervento dell’Associazione «il Mulino» è il rapporto fra cultura e politica, cioè fra intellettuali e opinione pubblica. Come riesce l’Associazione a interpretare oggi questo rapporto, che è per essa centrale e costitutivo, a norma del suo stesso statuto? Bene, sul piano dell’intervento strutturato e istituzionale, come dimostra la Società editrice il Mulino con la sua produzione. Meno bene, se si guarda all’Associazione come tale, e alla riconoscibilità delle sue posizioni.
Le difficoltà risiedono nel fatto che sono cambiate la forma del sistema politico, gli attori e le loro ragioni, e le stesse logiche che avevano fatto nascere il Mulino: incontro di riformismi e illuminismo, di laici e cattolici, in competizione con il Pci, in rottura con la destra, e nel superamento del pensiero dialettico.
Quella costellazione politico e culturale si è profondamente modificata: nuove identità e nuove contrapposizioni sono oggi all’opera per interpretare nuove questioni. Occorre dunque individuare quale continuità legittima oggi l’Associazione di cultura e politica «il Mulino», o quale nuovo compito l’attende.
La continuità è data innanzitutto dalla democrazia, come forma politica e sociale che costituisce l’orizzonte della nostra esperienza e l’opzione che orienta il nostro agire. Una seconda ragione di continuità è costituita dal dovere, ora come allora, di contribuire alla costruzione di un’opinione pubblica democratica. Una terza sta nella prospettiva dell’Europa, che, pur con tutte le difficoltà che incontra, è la più grande impresa politica del dopoguerra, l’orizzonte presente e futuro della nostra esistenza intellettuale, e l’impegno tradizionale e costante dell’Associazione.
L’elemento di relativa novità, nell’attuale situazione politica, sociale e culturale, è che pare opportuno affiancare alle riflessioni sulle questioni di ingegneria costituzionale, italiana e europea, anche ulteriori valutazioni sulla intrinseca «moralità civile» della politica democratica, sulla necessaria implicazione reciproca, in una democrazia, di attenzione al bene dei singoli e al bene generale o comune, all’interesse individuale (o di gruppo) e all’interesse pubblico.
I rischi che il Paese sta correndo risiedono nella tendenziale trasformazione della democrazia in un regime a legittimazione popolare passiva, e della cittadinanza in un insieme di individui isolati, o collegati solo corporativamente, orientati nel pensiero e nell’azione all’esclusivo interesse particolare, all’orizzonte privato. Specularmente, si afferma la tendenza a individuare il legame sociale in un generico populismo spesso ostile e estraneo alle istituzioni repubblicane, o in arbitrarie affermazioni d’identità collettiva, improntate a generici istinti sentimentali e compassionevoli. A cui si associano però nuovi fondamentalismi e nuove intolleranze, foriere di esclusioni, e non di inclusione democratica, alimentate da un’elementare esigenza di sicurezza (intesa come una forma settoriale e mirata, ma non universale, di legalità) che viene fatta passare come l’unica legittimazione della sfera pubblico-politica, il cui fondamento reale sarebbe quindi la paura. Sono evidenti i rischi di decadenza, di passività, di inerzia, di frammentazione, di oblio della storia e delle stesse origini della democrazia, che sono impliciti in queste dinamiche.
Già si può constatare un preoccupante degrado del discorso pubblico, che sta diventando un irresponsabile insieme polemico di affermazioni e di negazioni, e che sta quindi perdendo le caratteristiche della dialettica democratica. Queste stanno nel confronto chiaro e informato di opinioni e interessi, all’interno di una sintassi politica condivisa e di istituzioni cui tutti riconoscono legittimità. Questa costante volontà di aprirsi a una sfera condivisa ma non unanimistica, di costituire lo spazio politico comune in cui è possibile anche il conflitto, è l’intrinseca moralità civile della politica democratica. Infatti, implica l’idea che ogni particolare, ogni cittadino, debba essere rispettato in sé, ma che debba anche valorizzarsi con argomentazioni razionali davanti agli altri cittadini; che dimostri verso gli altri, verso la collettività, quella considerazione che pretende per sé; che sia capace di volere costantemente coesistere in condizione di uguale dignità.
L’intrinseca moralità civile della politica democratica consiste dunque in una relativa continuità, nell’apertura o almeno non nella radicale opposizione – nel segno dell’umanesimo – tra sfere private, sociali, politiche. E nell’esclusione dalla pubblica legittimazione di tutti i comportamenti e i discorsi che implichino odio, disprezzo, dominio, prevaricazione, chiusura, e che neghino tanto la libertà e la dignità dei singoli quanto la dimensione responsabile, relazionale, pluralistica e dialettica dell’esistenza civile.
Ciò implica, ad esempio, che le questioni di bioetica e di biopolitica debbano essere affrontate con riguardo privilegiato alla valorizzazione dell’autonomia, dell’autodeterminazione e dell’uguale dignità della persona e dei gruppi sociali. Implica inoltre che le questioni legate al multiculturalismo vengano affrontate e discusse nell’orizzonte dell’affermazione libera e uguale delle diverse identità singolari e collettive, integrate paritariamente nelle istituzioni democratiche di una società aperta. E che la legalità – fattore elementare e primario della coesistenza – sia affermata come esito di una cosciente volontà individuale e collettiva di vita associata degna dell’uomo, e non come istanza polemica e partigiana.
Mentre riconosce l’esigenza di stringere nuovamente e urgentemente questi legami tra morale civile e politica democratica, l’Associazione «il Mulino» promuove dunque, con gli strumenti che le sono propri, una democrazia di cittadini attivi e informati, nella convinzione che l’identità d’Italia, passi oggi attraverso un nuovo umanesimo che si sostanzia tanto di habeas corpus quanto di habeas mentem, per i singoli e per la collettività; riconosce quindi l’intrinseca laicità della politica democratica; persegue la qualità dell’educazione e della ricerca scientifica, consapevole dell’esigenza che soprattutto gli intellettuali politicamente sensibili si segnalino per il rigore professionale ossia per l’esercizio dello spirito critico e per la capacità di sorvegliare il discorso pubblico e di contribuirvi con decenza; auspica e promuove con fermezza il pluralismo informativo e culturale; riafferma, come istanza ineludibile per la buona salute della democrazia, la costante e consapevole responsabilità individuale verso la cosa pubblica.
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