La guardia rossa. Una spina nel fianco di François Hollande e del Parti socialiste (Ps). Così la stampa d’opinione francese ama presentare Jean-Luc Mélenchon, sessant’anni, insegnante e giornalista, candidato alle elezioni presidenziali a capo del Front de gauche (Fdg). Creato in occasione delle elezioni europee del 2009, il Fdg riunisce varie sigle della sinistra radicale, tra cui il Partito comunista (Pcf) ed il Parti de gauche, di cui Mélenchon è copresidente. La rivalità tra Mélenchon e Hollande non è un’invenzione mediatica calcata sul cliché della sinistra fratricida e autolesionista. Mélenchon è stato uno dei maggiori esponenti della sinistra del Ps, dove è entrato nel ’77 e da cui è uscito nel 2008, deluso dalla linea moderata intrapresa dal partito. Per il suo recente passato e per il suo carisma aggregatore, Mélenchon è di gran lunga l’antagonista più temibile a sinistra di Hollande, dove si delinea una variegata gamma di ulteriori rivali, dall’ecologista Eva Joly alla trotzkista Nathalie Arthaud, passando per Philippe Poutou, leader del Nouveau parti anticapitaliste. Il Fdg porta bene a Mélenchon, approdato all’Europarlamento tre anni fa grazie al successo di un cartello elettorale capace di compattare le sparpagliate forze dell’estrema sinistra. E capace di suscitare adesioni appassionate. La manifestazione con cui il Fdg ha aperto la campagna elettorale il 18 marzo scorso sulla piazza della Bastiglia secondo gli organizzatori ha coinvolto 100.000 persone. Questo e altri exploit, come il raduno di Lille del 27 marzo e quello di Tolosa del 5 aprile, hanno convinto l’équipe di Mélenchon a innalzare sensibilmente il budget per la campagna elettorale, passato da 2,5 a 3,5 milioni d’euro. Finanziato tramite prestiti, l’investimento del Fdg è garantito dai rimborsi statali previsti per i candidati che oltrepasseranno la soglia del 5%. I sondaggi sulle intenzioni di voto collocano Mélenchon ben al di sopra di questa soglia, tra il 13% e il 17%.
Nettamente distanziato dalla coppia di vertice Sarkozy-Hollande, Mélenchon è coinvolto in un testa a testa con la candidata del Front national (Fn) Marine Le Pen per il terzo posto nella graduatoria dei consensi. La battaglia con la figlia ed erede politica di Jean-Marie Le Pen appassiona analisti ed elettori. Divisi da un abisso ideologico, i due si contendono la conquista dei ceti sociali più radicalizzati, in bilico tra il populismo protezionista del Fn e il neogiacobinismo del Fdg. Così vicini e così lontani, Mélenchon e Marine Le Pen viaggiano sui binari dell’incomunicabilità. Il faccia a faccia del 23 febbraio su France2 si è risolto in un originale siparietto, in cui la leader del Fn si rifiutava di dibattere accusando l’avversario di usare toni insultanti, Mélenchon la incalzava con la consueta verve oratoria e il moderatore cercava invano di governare il confronto.
Tra comizi di piazza e apparizioni in televisione, Mélenchon incarna al meglio i valori della politica tradizionale e mediatica, cui aggiunge una sensibilità letteraria gradita agli ambienti intellettuali. I suoi contenuti fanno parte del repertorio classico della sinistra radicale ma passano attraverso gli strumenti del buon candidato moderno – un blog personale, una pagina facebook ufficiale, un sito sulla sua attività di europarlamentare e persino un’applicazione per seguire passo passo la campagna del Fdg. È forse questo singolare coacervo di passioni militanti, comunicazione digitale e fascino culturale ad aver ispirato la dichiarazione d’amore composta per lui dalla giovane cantante pop svedese Rebecca Carlbor – in arte Victoire Passage. Iniziativa dell’agenzia Passage Piéton, che si è detta unica responsabile dell’operazione, il videoclip sta spopolando sul web. I sostenitori di Mélenchon ignoreranno gli appelli al voto utile lanciati dal Ps nelle ultime settimane. Ma al secondo turno l’appeal del candidato del Fdg potrebbe essere decisivo nella conquista dei voti che decideranno un ballottaggio dall’esito quanto mai incerto.
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