Nella situazione incerta che vive l’Italia in questa fine d’anno, c’è tuttavia una certezza: l’anno prossimo sarà quello di una nuova e forse profonda ricomposizione politica. Sono almeno tre le grandi novità che si prefigurano attualmente e che dovranno essere confermate.
Da una parte, l’indebolimento e la destabilizzazione dei partiti politici si accentuano. La Lega Nord cerca di uscire dalla sua crisi appoggiandosi a Roberto Maroni. Il Pdl è sul punto di scoppiare e il suo fondatore si ingegna in tutti i modi per rilanciarsi. Il centro tenta di mettersi in assetto da battaglia, ma è minato da profonde rivalità personali, che rischiano di esacerbarsi dopo la decisione di Mario Monti di non entrare direttamente in politica. Le formazioni del centrosinistra e della sinistra sembrano, per il momento, un po’ più solide, ma nulla assicura che non conosceranno profonde scosse durante, e soprattutto dopo, la campagna elettorale. Antonio Di Pietro non controlla più l’Italia dei valori e il Movimento Cinque Stelle, che pretendeva di incarnare il nuovo, si rivela gestito con vecchi metodi stalinisti.
D’altra parte, il sistema delle alleanze esplode. Nel 2008, Walter Veltroni e Silvio Berlusconi avevano cercato di forgiare un bipartitismo. Ma si era ben presto rivelato infattibile e si era trasformato in una sorta di quadriglia bipolare con, da un lato, il Pd affiancato da l’Idv e, dall’altro, il Pdl associato alla Lega Nord: oggi, questo dispositivo implode e si frammenta al punto che l’Italia entra in una fase elettorale senza sapere, per il momento, quali saranno gli accordi tra i partiti.
La terza novità riguarda i leader che si sfidano nella corsa. Silvio Berlusconi si dimostra stanco e usurato, ma si avvantaggia della critica virulenta contro l’austerità, la tecnocrazia, l’Europa e i “comunisti”, e può sempre contare sui suoi canali televisivi e il suo denaro. Roberto Maroni intende conciliare la tradizione leghista con l’innovazione. Pierluigi Bersani, legittimato dalle primarie, vuole far credere di essere un uomo quasi nuovo, capace di tenere insieme la sinistra e intanto dialogare con il centro. Beppe Grillo si appresta ad approfittare di questo scrutinio per interpretare, una volta di più, il ruolo di tribuno della plebe e attirare verso i propri candidati gli elettori protestatari e scontenti. Il centro non è ancora sicuro di poter contare su Mario Monti, il quale tenterà comunque di pesare sul dibattito pubblico, difendendo il suo bilancio e le sue idee per l’avvenire del Paese. Il presidente del Consiglio uscente si pone così a disposizione della Repubblica: per l’eventuale guida di una larga coalizione, di un nuovo governo o per il Quirinale.
La grande incognita, evidentemente, è sapere se gli italiani si ritroveranno in questa nuova configurazione e se andranno a votare. Dal momento che le loro preoccupazioni sono molto materiali: manca il lavoro, le disuguaglianze sociali si allargano e la povertà di accentua.
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