Dalla nascita della Repubblica (e, secondo alcuni studi, già dagli ultimi anni dell'età liberale pre-fascista) si registra una netta divergenza fra le percentuali di voto ai partiti alle elezioni politiche sul territorio nazionale e quelle registrate nei ventuno (19 più Trento e Bolzano) capoluoghi di regione (che noi chiameremo da qui in poi "capitali regionali"). Non sfuggono a questa regola neanche le elezioni europee (come abbiamo spiegato in Le elezioni europee in Italia, Il Mulino, 2019 e in Capitali regionali, Il Mulino, 2018). L'8 e il 9 giugno, dunque, sono uscite dall'urna due Italie, di cui una urbana, che di solito ha un tasso di astensionismo leggermente maggiore rispetto al resto del Paese (2019: 46,8% contro 43,7%; 2024: 52,5% contro 50,3%; nel 2022, però, il non voto nelle città fu pari al 35,9% contro il 36,2% nazionale, praticamente in linea).
Nelle "capitali regionali" il centrodestra non raggiunge il 40% dei voti dalle europee dal 2009 (41,3%; oggi 35,7%) e dalle politiche dal 2008 (44,2%; due anni fa, 33,9%) mentre il Pd è stato il primo partito "cittadino" alle europee nel 2014, 2019 e 2024 (nel 2009, col 35,3%, prevalse il Pdl; oggi il Pd ha il 29,7%, FdI il 23,4%) e dalle politiche dal 2008 (senza contare i precedenti) ad oggi (2022: 23,3%, FdI 22,4%). Il centrosinistra (inteso come Pd, Verdi-Sel-Sinistra e altri di area, includendo fino alle ultime elezioni i radicali, ma non la sinistra estrema) ha dal 1999, alle europee, la maggioranza relativa (talvolta assoluta) dei voti nelle "capitali regionali" (oggi 40,1% contro il 35,7% del centrodestra); alle politiche è stato al primo posto dal 2006 (nel 2022 era al 34,4% comprendendo Più Europa, contro il 33,9% del centrodestra). Per quanto riguarda i Cinque Stelle, le differenze centro-periferia alle europee sono minime (2014: +0,9% nelle capitali regionali; 2019 +0,5%; oggi, +0,8%) così come alle politiche (2013: -0,2% nelle grandi città; 2018: -1,6%; 2022: +1,1%).
L'8 e il 9 giugno, dunque, sono uscite dall'urna due Italie, di cui una urbana, che di solito ha un tasso di astensionismo leggermente maggiore rispetto al resto del Paese
A questo proposito, va ricordato che chi scrive ha elaborato e utilizzato un indice (che chiameremo Idg – Indice di disomogeneità geopolitica) il quale prende in considerazione la percentuale di voti ottenuta da ciascun partito nei capoluoghi di regione, confrontandola con quella di tutti gli altri comuni della regione. Nel 2024, alle europee, questo indice è stato il più alto in assoluto degli ultimi trenta anni, ed è stato pari a 14,83 (normalmente oscilla fra il 7 e l'11%, in base alla differenza fra le percentuali di voto nazionali e quelle delle "capitali regionali").
C'è dunque, oggi, una grande differenza nel comportamento politico di queste realtà e quella del resto del Paese. Tanto per fare un esempio pratico, si considerino le elezioni regionali piemontesi, svolte in contemporanea con le europee. In regione ha vinto Alberto Cirio (centrodestra), col 56,13% dei voti e il 56,6% di lista, contro il 33,54% e il 35,22% di lista di Gianna Pentenero (centrosinistra); il primo partito è stato FdI, col 24,43%, mentre il Pd è arrivato secondo col 23,93%. Nel comune capoluogo di regione (Torino), invece, ha vinto Pentenero col 46,45% dei voti e il 49,14% dei voti di lista, contro il 41,88% di Cirio e il 41,32% delle liste; il primo partito cittadino è il Pd (31,38%), seguito da FdI (17,86%). Due mondi diversi, insomma.
Esaminiamo ora, partito per partito, com'è andata alle elezioni europee (in confronto alle politiche) sia a livello nazionale, sia nelle "capitali regionali". Iniziamo dal centrodestra. Forza Italia è oggi, alle europee, il secondo partito della coalizione e il quarto del Paese, col 9,6% (+0,7% sul 2022, al netto dell'apporto di alleati minori che si presentarono alle politiche); nelle città ha il 7,1% (+0,7% sulle politiche). Nel Nord-Ovest FI ha il 9,4% (+0,8) ma l'8,2% nei capoluoghi di regione (+1,4%); al Nord-Est ha il 7% (=) ma il 5,1% nei grandi centri (-0,2%); al Centro ha il 7% (+0,1%) e il 4,9% nelle capitali regionali (=); al Sud ha il 10,8% (-1,2%) mentre nelle città è al 7,3% (-1,9%); nelle Isole balza al 20,4% (+8%) contro il 16,9% di Cagliari e Palermo (+8%); in pratica, il sorpasso di FI sulla Lega è stato costruito al Sud, anche se si conferma la debolezza strutturale nei comuni capoluogo (la quale, però, è minore di quella leghista).
Passiamo alla Lega, che ha il 9% nazionale (+0,2% sulle politiche) ma il 5,2% nelle capitali regionali (-0,3%). Nel Nord-Ovest il Carroccio ha l'11,9% (-0,2%) ma il 6,1% nelle grandi città (-0,6%); al Nord-Est il 10,2% (-0,8%) ma il 6,4% nei capoluoghi (-0,1%); al Centro ha il 6,7% (=) e il 4,3% in città (=); al Sud, ottiene il 6,9% (+1,4%) e il 5% nelle capitali regionali (+1,6%); nelle Isole, ha rispettivamente il 7% (+1,6%) e il 4,1% (+0,6%); in sintesi, il partito di Salvini guadagna nelle zone dove la vecchia Lega di Bossi neanche si presentava, mentre perde al Nord (forse c'è un effetto Vannacci).
Quanto a Fratelli d'Italia, sale a livello nazionale al 28,8% (+2,8%) ma nelle grandi città guadagna meno (23,4%, +1%); nel Nord-Ovest è al 30,9% (+3,2%) e nelle capitali regionali al 21,8% (+1,3%); al Nord-Est sale al 31,9% (+3,4%) contro il 23,5% (+1,1%) dei capoluoghi (si noti che nel Settentrione e nelle regioni centrali il partito di Meloni va oltre il dato nazionale nel complesso, sfruttando le difficoltà della Lega); al Centro è al 31,1% (+1,9%) ma nei grandi centri sale al 28% (+1%), lasciandosi tuttavia sfuggire (a danno del Pd) il primo posto ottenuto nel 2022; al Sud Meloni ha il 23,6% (+2,9%) e solo il 18,1% nelle città (+1%), dove è superata da Pd (31,9%) e M5S (19%); nelle Isole ottiene il 21,3% (+1%) e il 18,1% (+0,6%) nel complesso dei due capoluoghi (Cagliari e Palermo) dove è superata da Pd (20,7%) e M5S (19,4%).
Passando ai partiti di opposizione, occupiamoci del Pd, che ha avuto alle europee il 24,1% nazionale (+5%) e il 29,7% nelle capitali regionali (+6,4%); nel Nord-Ovest ha il 23% (+3,5%) e il 30,8% (+5,3%) nei capoluoghi; al Nord-Est ha il 25,8% (+4,5%) e il 32,3% (+5,3%) nelle grandi città; al Centro è al 26,6% (+4,7%) e al 28,8% (+4,7%) nelle capitali regionali; al Sud ha il 24,3 (+8,3%) e, nelle città, il 31,9% (+14,1%), dove il M5S perde il 14,8%; nelle Isole, ha appena il 16,7% (+3,2) ma il 20,7% (+5,2%) nelle capitali regionali. Non è un caso che si parli spesso della caratteristica del Pd di essere fortemente insediato nei grandi centri urbani.
A sinistra c'è anche l'altra formazione vincitrice delle europee: AVS, col 6,7% (+3,1%) che nelle capitali regionali ha addirittura il 10,4% (+5,1%); nel Nord-Ovest ha il 7,1% (+3,2%) e il 10,7% (+4,6%) nei grandi centri; al Nord-Est, rispettivamente il 6,7% (+2,7%) e l'11,4% (+4,7%); al Centro ottiene il 7,5% (+3,4%) e il 10,6% (+5,4%); al Sud ha un più magro 5,6% (+2,9%) e, nelle capitali regionali, l'8,6% (+4,9%), nelle Isole ottiene rispettivamente il 6,1% (+3,2%) e il 9,5% (+5,3%). Qui c'è sicuramente una quota di elettorato di opinione – più diffuso nei centri urbani maggiori – che premia Verdi e Sinistra (forse anche per la scelta di candidare Ilaria Salis).
Passiamo al M5S, che ha avuto il 10% (-5,4%) dei voti nazionali e il 10,8% (-5,7%) nelle capitali regionali; nel Nord-Ovest è sceso rispettivamente al 6,7% (-2,1%) e al 7,8% (-2,7%); al Nord-Est al 5,7% (-1,8%) e al 6,6% (-2,3%); subito il sorpasso di AVS nel Settentrione, i pentastellati si riprendono la posizione nelle loro zone d'insediamento tradizionale, quelle centromeridionali, dove però perdono moltissimi voti, come al Centro, dove il M5S ha il 9,5% (-3,9%) e il 9,7% (-3,9%) nei grandi centri; al Sud i Cinque Stelle hanno il 16,9% (-12,7%) e, nei capoluoghi, il 19% (-14,8%); nelle Isole ottengono rispettivamente il 16,3% (-10,2%) e il 19,4% (-12,7%).
C'è sicuramente una quota di elettorato di opinione – più diffuso nei centri urbani maggiori – che premia Verdi e Sinistra (forse anche per la scelta di candidare Ilaria Salis)
Infine, occupiamoci dei due partiti del Terzo polo: Azione e Stati Uniti d'Europa (Più Europa e Italia viva). Nel 2022 avevano ottenuto il 10,7% nazionale e il 14% nelle grandi città (sono molto sostenuti dal voto d'opinione, anche se stavolta non a sufficienza), ma stavolta hanno ottenuto rispettivamente il 7,1% (-3,6%) e l’8,7% (-5,3%). Sommando quando ottenuto alle politiche da Terzo polo e Più Europa e confrontando il dato con quello di Azione e SUE insieme, abbiamo: Nord-Ovest, 7,6% (-5,6%) e, nelle capitali regionali, 10,9% (-6,6%); Nord-Est, rispettivamente 6,9% (-4,5%) e 8,3% (-5,3%); Centro, 7,1% (-4,2%) e 9% (-5,8%); Sud, 8,2% (+1%) e 6% (-2,1%); Isole, 3,6 (-3,5%) e 5,1% (-3,5%).
In sintesi, dato che la diminuzione delle percentuali ai due partiti europeisti di centro è più marcata nelle "capitali regionali" che nel resto del Paese, si può ragionevolmente credere che la grossa spinta del voto d'opinione – che avrebbe potuto portare senza troppa difficoltà entrambi i partiti sopra il 4% – sia stata molto meno robusta del previsto.
Nel complesso, anche le elezioni europee del 2024, come si diceva, confermano una tendenza ormai centenaria alla differenziazione fra voto dei grandi centri urbani e il resto dell'Italia: ciò fa la fortuna dei partiti "periferici", che hanno buon gioco nell'avere un elettorato potenziale più ampio di quelli urbani. Le ventuno città capoluogo di provincia autonoma o di regione, infatti, hanno una popolazione elettorale che è poco meno di un sesto di quella complessiva.
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