Se siamo convinti che i continenti siano ancora cinque, come ci hanno insegnato a scuola, sbagliamo. Perché da qualche anno se ne è aggiunto uno nuovo, che galleggia sotto forma di due enormi isole in mezzo al Pacifico. Grande come il Canada, è fatto solo di immondizia, ed è diventato il simbolo del “troppo pieno” che hanno raggiunto nella cosiddetta civiltà del benessere gli stili di vita dell’Occidente, almeno di quella che è, o è stata, la sua parte più grassa e opulenta. Daniel Pennac ci ha costruito sopra uno spettacolo teatrale, in scena in questi giorni. Anche al “sesto continente” conviene pensare nel gesto quotidiano del “buttare via”. All’idea di meno rifiuti (e anzi, idealmente, di “rifiuti zero”), ben chiarita in apposite direttive della Commissione europea, fanno riferimento tutte le iniziative pubbliche per la Settimana europea di riduzione dei rifiuti.
Pur senza invocare gli ideali di decrescita alla Latouche che respingono il modello di consumo su cui, pigramente, ci siamo adagiati, adottando stili di vita più consapevoli ognuno di noi può dare il proprio contributo. Dopo il grande scandalo di Napoli e della Campania, è l’ora di Roma e del Lazio, alla disperata ricerca di nuove discariche dove celare montagne di rifiuti che nessuno, a cominciare dalle amministrazioni, è stato in grado di limitare.
Ecco l’importanza – anche in regioni almeno in parte virtuose quanto a raccolta differenziata – di mantenere viva l’attenzione su un atto di civismo che deve coinvolgere tutti, e rispetto al quale si misurano i costi per la collettività. Ci sono questioni che mettono tutti d’accordo, soprattutto perché dipendono dagli altri: la cattiva politica e i comportamenti al limite della corruzione, di questi tempi, sono il primo esempio che viene in mente. Ma ce ne sono altre, non meno rilevanti, che ci vedono coinvolti in prima persona e rispetto alle quali è più difficile avere certezze. Alcune amministrazioni provano a mettere in atto in materia di rifiuti la strategia delle “tre erre” (ridurre, riutilizzare, riciclare), che implica il cambiamento di abitudini, l’abbandono della pigrizia, quasi un nuovo abito culturale che veste la rinascita di senso civico (cfr. Istituto Cattaneo). Molti centri, grandi e piccoli, hanno avviato il sistema di raccolta “porta a porta” e i risultati non si sono fatti aspettare: un balzo in avanti delle percentuali di differenziate, un significativo calo del monte rifiuti complessivo, una presa di coscienza diretta da parte dei cittadini di un problema enorme. Ma per incidere ulteriormente sul monte rifiuti complessivo, in alcune aree del Paese sta per partire anche un nuovo sistema di tariffazione, cosiddetta “puntuale”, che incentiva le famiglie a produrre meno immondizia quotidiana e penalizza chi, viceversa, contribuisce più di altri a produrre i 21 milioni di tonnellate di rifiuti che ogni anno in Italia devono essere smaltite come indifferenziato (Fonte: Rapporto Ispra 2012). Forme di politica virtuosa, che passano anche attraverso, ad esempio, l’utilizzo dei pannolini lavabili nei nidi (5-7 tonnellate di rifiuti in meno in un anno in un Comune di 10.000 abitanti), o la creazione di aree del riuso, spazi in cui, prima di andare in discarica, possono essere lasciati oggetti e materiali in buono stato per chi voglia riutilizzarli. Ecco un modo per risparmiare risorse, attivando, attraverso la collaborazione tra cittadini e amministrazione, un nuovo spirito civico. In tempi di crisi nera, anche senza dover sposare necessariamente le cause dell’ambientalismo più spinto, è un passo importante.
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