Il risultato delle settime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo – in particolare la crescita dell'assenteismo insieme al rafforzamento delle liste di euroscettici e nazionalisti – deve essere considerato come un forte campanello di allarme per governi e partiti nazionali.  Per i governi ed i partiti che ne costituiscono la base del consenso parlamentare vale l'espressione simbolica coniata nel 1837 da Hans Christian Andersen (in Eventyr Fortalte for Bom): "il Re è nudo".

A eccezione del Belgio, della Francia, del Lussemburgo, della Repubblica Ceca, della Romania, della Polonia e della Lituania (si vedano in proposito le rispettive corrispondenze nella rubrica "lettere internazionali" di questo sito), negli altri venti Paesi membri dell'Unione europea il risultato delle elezioni europee è stato una sorpresa amara per i partiti di governo.
Soltanto in quattro paesi i partiti socialisti all'opposizione superano nei consensi i partiti di centro-destra (Danimarca, Grecia, Malta e Svezia) ma la tendenza prevalente è la sconfitta delle sinistre a vantaggio della destra (Cipro, Regno Unito, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi, Bulgaria, Ungheria, Slovenia ed Estonia).
"Il Re è nudo" anche perché i governi nazionali – che occupano con le loro scelte politiche, con il loro potere di decisione e sopratutto con le loro amministrazioni pubbliche una quota preponderante del potere nelle istituzioni europee – dovranno fare i conti in casa con la crescita dei partiti e dei movimenti euroscettici: in Belgio, in Svezia, nel Regno Unito, in Finlandia, in Danimarca, in Portogallo, nei Paesi Bassi, in Austria, in Bulgaria, in Ungheria, in Romania, in Slovacchia, in Italia ed in Lettonia.
Globalmente i nuovi eletti che si richiamano a posizioni euroscettiche, nazionaliste o xenofobe occuperanno tuttavia solo un quarto dell'emiciclo a Strasburgo pur avendo perso terreno nei due paesi dove i presidenti della Repubblica sono gli alfieri della battaglia contro "Bruxelles" (Polonia e Repubblica Ceca).
Nonostante la crescita degli euroscettici e dei nazionalisti, le elezioni del 4-7 giugno hanno dunque confermato una solida presenza di deputati "europeisti" seppure con differenze notevoli sul grado di europeismo degli uni e degli altri. Ricordiamo che, nel primo Parlamento eletto, la battaglia di Spinelli per riformare il sistema istituzionale europeo e renderlo più efficiente e democratico fu vinta perché la minoranza degli innovatori (il Club del Coccodrillo) prevalse sulla minoranza degli immobilisti (il Club del Canguro) conquistando passo dopo passo la maggioranza della "palude" e cioè dei deputati tiepidamente europeisti.
Il centro parlamentare dell'Assemblea rappresentato dal PPE si conferma come primo gruppo così come è stato nelle ultime tre legislature europee nonostante la diminuzione del numero dei seggi (da 288 a 263) dovuta soprattutto all'uscita dal gruppo dei conservatori britannici e cechi. In percentuale, la forza politica del PPE si ferma al 35.7 % (36.7 % nel 2004) dell'Assemblea mentre i socialisti crollano dal 27.6 al 23.6 % passando da 216 a 182 seggi (con l'adesione dei deputati del PD al nuovo gruppo ADSE).

Secondo le prime valutazioni, le sinistre pagano il prezzo non solo di politiche di governo nazionali inadeguate come nel caso del Regno Unito o della Spagna ma della loro incapacità ad offrire soluzioni europee a problemi europei. Ciò spiega anche il successo dei verdi in Belgio, Germania, Grecia, Finlandia e Svezia ma soprattutto in Francia. Essi hanno imparato fino in fondo la lezione della dimensione sovranazionale delle politiche europee, apprendendola probabilmente dai Verdi italiani che hanno marcato con la loro presenza il Parlamento europeo grazie anche al lavoro politico svolto da deputati come Adelaide Aglietta e Alex Langer e, durante le ultime due legislature, da Monica Frassoni.

Come è noto, tutti i voti a carattere legislativo in codecisione o per parere conforme richiedono l'accordo della maggioranza assoluta dei deputati europei e cioè di 369 membri su 736. La ricerca di soluzioni maggioritarie stabili non caratterizza solo il Parlamento europeo ma quei Parlamenti nazionali dove esistono due grandi famiglie politiche che, da sole, non raggiungono la maggioranza assoluta dei seggi.
Possiamo prendere come termine di paragone il Bundestag dove la ricerca della maggioranza assoluta dei seggi ha obbligato la coalizione CDU-CSU ad un accordo di legislatura (grosse Koalition) con l'SPD e dove si attendono con interesse le elezioni legislative del 27 settembre per sapere se sarà confermata quest'alleanza – per ora esclusa sia dalla CDU-CSU che dall'SPD – o se il risultato elettorale renderà possibile una coalizione CDU-CSU con i liberali dell'FDP ed i Verdi (che viene definita "Giamaica" perché la bandiera di quel paese è nero-gialla-verde essendo il nero il colore CDU-CSU, il giallo il colore dell'FDP ed il verde of course il colore dei verdi) o una coalizione SPD-FDP-Verdi (che viene definita "semaforo" dai colori rosso dell'SPD, giallo dell'FDP e verde dei Verdi).
Sappiamo che, a differenza dei Parlamenti nazionali, nel Parlamento europeo non esiste una coalizione politica stabile né tantomeno la Commissione europea è l'espressione di una coalizione stabile di partiti.
Le maggioranze in assemblea talvolta cambiano con il mutare delle decisioni offrendo un quadro politico che muta se i voti concernono temi di natura economica, sociale, istituzionale o legati all'affermazione di valori etici.
Nel prossimo Parlamento europeo non sarà numericamente possibile una maggioranza "semaforo" anche se un'alleanza politica di legislatura fra ADSE, ALDE e Verdi potrebbe dare del filo da torcere al PPE a partire dall'elezione del Presidente dell'assemblea e dalla  nomina della nuova Commissione e sarà politicamente molto difficile sia una maggioranza "Giamaica" sia un'alleanza fra PPE ed euroscettici. In questa situazione, la ricerca del consenso impegnerà ogni volta il lavoro dei gruppi al loro interno e nei rapporti fra le diverse famiglie politiche.

Fin dalle prime battute della nuova Assemblea, vedremo come si muoveranno i gruppi a cominciare dalle aggregazioni dei deputati che non hanno ancora definitivamente scelto una famiglia politica di appartenenza e che per ora sono stati attribuiti a "altri" (ce ne sono ben 91) come gli eletti del PD o i conservatori britannici, dalle candidature alla presidenza del Parlamento e dagli orientamenti sull'elezione del presidente della Commissione europea.
Peserà qualitativamente la forza dei verdi sulle scelte relative alla politica energetica, alla lotta contro il cambiamento climatico ed al sostegno allo sviluppo sostenibile quando si tratterà di utilizzare la clausola di revisione decisa dal Consiglio europeo dello scorso dicembre per rafforzare l'azione dell'Unione europea contro le emissioni gassose come vuole la Commissione e la maggioranza dell'Europa o come avrebbero voluto indebolirla il governo italiano e la Confindustria.
Attendiamo con interesse gli orientamenti del Parlamento europeo su temi sensibili come la difficile equazione fra immigrazione/inclusione-sicurezza e le politiche per uscire dalla crisi economica e finanziaria nel quadro di una riflessione critica sul risultato della strategia di Lisbona.
In autunno si aprirà inoltre il dibattito sul bilancio in vista della revisione delle prospettive finanziarie che scadono alla fine del 2013 e per le quali un accordo fra Consiglio e Parlamento dovrà essere trovato entro il 2012 in modo da lasciare il tempo ai Parlamenti nazionali laddove saranno necessarie delle ratifiche.
Come si sa, insieme alle prospettive finanziarie scadranno anche tutte le politiche pluriannuali come la ricerca, l'ambiente, i giovani e l'educazione, la cultura e – soprattutto – la politica di coesione territoriale.

Infine potrebbe tornare sul tavolo del Parlamento europeo il dossier costituzionale non solo in relazione a quel che avverrà del Trattato di Lisbona ma quando sarà messo alla prova il nuovo sistema istituzionale e l'assemblea fosse spinta ad usare il diritto di proporre l'avvio di una nuova fase di revisione costituente. In questo caso, potremmo assistere ancora una volta al confronto spinelliano fra innovatori e immobilisti alla ricerca del consenso della palude.