Giovani al voto senza partito. L’Egitto vota in un clima di grande attesa. Si dividono i giovani di piazza Tahrir. Alla vigilia delle presidenziali, era il giuslavorista Khaled Ali a raccogliere il voto giovanile, confluito nel cartello elettorale Thaura Mustamarra (“Rivoluzione continua”). Nelle ultime settimane ha conquistato nuovo interesse invece la candidatura del sindacalista Hamdin Sabbahi, ex leader del partito nasserista Karama (“Dignità”). Anche attivisti del movimento “6 aprile” (fondato nella primavera del 2008 a sostegno dei lavoratori in sciopero a Mahalla el-Kubra) - che hanno svolto un ruolo decisivo nelle proteste contro Mubarak - hanno espresso il loro sostegno per Sabbahi. I giovani rivoluzionari, insieme agli ultras della principale squadra di calcio egiziana, Al-Ahly, hanno continuato a denunciare il veto opposto dal Consiglio supremo delle forze armate (Scaf) in accordo con la Fratellanza musulmana. E così i movimenti hanno manifestato prima contro il referendum costituzionale del 19 marzo 2011, che di fatto ha mantenuto in vigore la legge di emergenza, e, in seguito, contro la legge elettorale che ha favorito la Fratellanza. I giovani dei movimenti hanno deciso, quindi, di non formare partiti politici, di boicottare le elezioni parlamentari, di opporsi duramente ai continui arresti di blogger e alle perquisizioni di Ong, disposte dall’esercito.
Lo scontro tra vecchia e nuova generazione non ha segnato soltanto i movimenti secolari. I giovani della Fratellanza, quando il movimento islamista ha lasciato la piazza per raccogliere la schiacciante vittoria alle elezioni parlamentari, hanno dato vista alla formazione Tyar el-Masri. Questi giovani islamisti hanno individuato in Abou el-Fotuh, medico sessantenne, il loro candidato ideale per le presidenziali. Fotuh è ora tra i favoriti per il ballottaggio del prossimo giugno che designerà il nuovo presidente egiziano. Per le sue posizioni riformiste e progressiste, Fotuh è stato immediatamente espulso dalla fratellanza. L’islamista moderato ha svolto la sua campagna per strada, nei quartieri popolari e ha sfidato Amr Moussa nell’unico dibattito televisivo di questa accesa campagna elettorale. D’altra parte giovani liberali e cristiani, accantonata la figura controversa di El Baradei, hanno rivolto il loro sguardo verso Amr Moussa, ex segretario generale della Lega araba. “Uno stato, una nazione”: è lo slogan elettorale dell’anziano diplomatico. Molti giovani cristiani voteranno per lui o per l’altro grande favorito, Ahmed Shafiq. Uomo di regime, amministratore delegato delle Linee aeree egiziane, Shafiq raccoglie grande seguito tra i giovani militari e i nostalgici di Mubarak. L’imprenditore ha avvertito, fuori dai seggi, quanto potrebbe costare alla stabilità del paese una nuova vittoria islamista. In risposta, è stato fatto bersaglio di un lancio di scarpe senza precedenti da parte dei sostenitori di altri candidati.
Molte altre incognite incombono sul voto. Fino a che punto si spingerà la repressione dei movimenti islamisti operata dall’esercito con l’esclusione del carismatico Khayrat al-Shater e del salafita Abu-Islamil? Per chi voteranno i giovani salafiti dopo l’esclusione dei loro candidati? D’altra parte, nonostante la grande affluenza alle urne al Cairo e nelle principali città, i seggi delle province sembrano meno affollati. In particolare le tribù del Sinai stanno boicottando il voto. Mentre il movimento operaio del Delta del Nilo non trova espressione efficace nei candidati ufficiali. Nonostante ciò, sono giornate di fermento per l’Egitto che conosce un pluralismo politico senza precedenti. Ma grandi assenti sono i partiti. I candidati fin qui nominati, se godono di un ampio sostegno in vari strati della popolazione egiziana, hanno organizzato la loro campagna elettorale raccogliendo denaro tra la gente e con comizi improvvisati. L’unico ad avere alle spalle l’organizzazione di partito è Mohammed Mursi di Libertà e giustizia, braccio politico della Fratellanza. E così, molti giovani non credono nel risultato di queste elezioni e continuano a boicottare la politica egiziana. I più attivi tra di loro si danno ad azioni di resistenza creativa: disegnano graffiti anti-regime sulle mura delle città, incitano all’antipolitica nei testi di rap e non vanno a votare.
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