Stato d'allerta. Tutte le università egiziane resteranno chiuse da oggi e fino al 31 maggio. La decisione, annunciata dal Consiglio accademico generale, conferma l’intenzione delle autorità egiziane di mettere sotto controllo gli atenei, come luogo di formazione dell’opposizione politica, in vista delle presidenziali del 26 e 27 maggio. L’Università di Al Azhar ha anche annunciato che, a partire da oggi, saranno chiusi i dormitori che ospitano gli studenti fuori sede. Nella notte di ieri tre poliziotti sono stati uccisi e nove sono rimasti feriti in un agguato alle porte dell’ateneo. Mercoledì scorso, gravi scontri si sono registrati anche nell’Università del Cairo, a Giza. Lo studente islamista Islam Mohammed è stato ucciso, alcuni allievi dell’Università e vari poliziotti sono rimasti feriti mentre una parte della Facoltà di Scienze politiche è stata data alle fiamme. Nella città dell’Alto Egitto di Assiut, studenti islamisti hanno occupato le strade che conducono all’ateneo locale. Nelle stesse ore, 54 esponenti dei Fratelli musulmani venivano condannati all’ergastolo per gli scontri nell’Università della città del Delta del Nilo di Mansura, nel novembre scorso. Dall’introduzione della legge anti-proteste, i campus sono diventati il fulcro delle contestazioni giovanili e della repressione delle forze di sicurezza.
Non si ferma qui la censura dei movimenti rivoluzionari. Dopo i tre anni inflitti ai principali leader del movimento 6 Aprile, la Corte penale di Sidi Gaber (Alessandria) ha messo in atto la condanna a due anni di reclusione, più una multa di 50.000 ghinee (oltre 5.000 euro) per la nota attivista Mahiennur el Masry. «Per ore, nessuno sapeva dove fosse. Questa mattina la madre ha potuto incontrarla nella prigione di Damanhur. Mahie ha trascorso la notte in locali non precisati della Sicurezza di Stato», ha spiegato Ahmed Galal, attivista di Alessandria. Mahie, avvocato e una delle figure di spicco del Partito dei socialisti rivoluzionari, è stata condannata lo scorso novembre per aver violato la legge anti-proteste organizzando una manifestazione in memoria dell’attivista anti-Mubarak Khaled Said, simbolo delle rivolte del 2011.
Nelle stesse ore, è arrivata anche la prima condanna per corruzione per l’ex presidente Hosni Mubarak, 86 anni. L’ex leader del Partito nazionale democratico è stato condannato a tre anni per abuso di ufficio, insieme a lui i suoi figli Gamal e Alaa dovranno scontare la pena di quattro anni con la stessa accusa. L’ex raìs avrebbe sottratto dalle casse dello stato 13,5 milioni di euro. Mubarak si trova nell’ospedale militare di Maadi dopo essere stato prosciolto dal primo processo che lo vedeva accusato di aver ordinato di sparare contro i manifestanti. La Corte di Cassazione del Cairo ha invalidato la sentenza di ergastolo e disposto l’avvio di un nuovo dibattimento.
Continua il braccio di ferro tra autorità egiziane e osservatori internazionali per il monitoraggio del voto. Gli inviati dell’Unione europea si sono detti incapaci di supervisionare le elezioni in tutto il Paese per l’assenza di permessi per l’uso delle necessarie apparecchiature. Mercoledì gli osservatori dell’Ue hanno però annunciato che la missione in Egitto potrebbe aver luogo se il loro equipaggiamento venisse dissequestrato. Anche il Centro Carter, che aveva già monitorato le presidenziali del 2012, ha espresso, in un documento molto critico, preoccupazioni per le restrizioni alle libertà di espressione nell’assenza di una «genuina competizione». Non resta che l’ironia. E così gli attivisti egiziani prendono costantemente in giro le promesse generiche di entrambi i candidati alle presidenziali (Sisi e il nasserista Hamdin Sabbahi) con migliaia di hashtag sarcastici su Twitter.
Infine, con un colpo di mano, la Commissione incaricata di riformare la legge sui diritti politici e la rappresentanza parlamentare ha di fatto esteso i poteri presidenziali. Il nuovo capo dello Stato potrà nominare trenta deputati del prossimo Parlamento. Questo gli permetterà di influire direttamente sulle maggioranze parlamentari del frammentato sistema politico egiziano. La Commissione ha anche stabilito l’aumento del numero dei parlamentari, che passerà da 444 a 630.
Il tutto avviene in un contesto di costante incremento dell’influenza finanziaria dell’esercito. Secondo la stampa locale, i militari non hanno subito alcuna ripercussione dalla grave crisi economica che colpisce il Paese. In aggiunta, dopo il colpo di Stato del 3 luglio scorso, il presidente ad interim Adly Mansur ha permesso procedure semplificate per l’assegnazione di progetti per la costruzione di nuove infrastrutture. L’esercito ha vinto in questo modo le principali gare d’appalto attraverso aziende controllate.
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