Ci sono molti modi per guardare a quanto è accaduto con il voto di domenica. I due più chiari sono chiedersi chi ha vinto e chi ha perso, ovviamente in prospettiva lunga (sull’immediato i dati sono evidenti) e domandarsi se ed eventualmente quali ricadute avrà quel voto sul governo Conte 2. Conviene però provare a inserire tutto in un quadro più vasto.
Una prima considerazione è che abbiamo visto un Paese spaccato in due da più punti di vista. Intanto perché si è riaffermato il bipolarismo, non in senso vago, ma in maniera netta. Non lo testimonia solo la débâcle dei 5 Stelle, ma anche la riduzione all’irrilevanza della sinistra che ha corso da sola in Emilia-Romagna: si va verso il compattamento su blocchi contrapposti. Lo si voglia o meno, questo è merito di Salvini che radicalizzando all’estremo la sua personale campagna elettorale ha ricompattato un fronte unito contro “l’uomo nero”. Grazie a lui, su Bonaccini si è convogliato il consenso tanto delle classi dirigenti, incluse quelle tradizionalmente lontane dalla sinistra, quanto di ampie fasce popolari che volevano tornare al piacere del rude confronto buoni contro cattivi (e qui alle Sardine va il merito di avere risvegliato questo spirito dormiente).
Una prima considerazione è che abbiamo visto un Paese spaccato in due da più punti di vista
In secondo luogo siamo di fronte a una spaccatura fra Nord e Sud. Nel Nord dell’Emilia-Romagna, quello che un tempo il cardinale Biffi si buttò a definire “sazio e disperato”, ci si spacca quasi in due sullo schierarsi o meno con l’usato sicuro di chi ha governato senza impennate. Titillare le paure di quelli che non si trovano per varie ragioni bene in queste “sazietà” non riesce a conquistare la maggioranza dei consensi, pur conseguendo risultati da non sottovalutare di mobilitazione della partecipazione elettorale e di consenso. Nel Sud rappresentato dalla Calabria la mobilitazione quando va bene interessa il 40% degli elettori, si crede all’alternanza dei blocchi di potere (si cambia maggioranza a ogni elezione), ma sempre delle oscillazioni di inamovibili blocchi di potere tradizionale si tratta (vedi lo stupefacente risultato di Forza Italia con le listine gemmate da essa).
Tutto questo accade in un quadro di grande movimento. Fino all’apertura delle urne emiliane giravano i sondaggi non pubblicabili che davano vincente la Borgonzoni. In Calabria la vittoria del centrodestra era data per scontata, ma non si pensava a un risultato così modesto della Lega. Sono segnali di un Paese ormai difficile da interpretare, in cui nulla è stabile. Anche perché poi ogni attore in campo è un enigma: cosa è davvero il Pd, cosa davvero la Lega o Forza Italia, cosa il M5S?
Ogni attore in campo è un enigma: cosa è davvero il Pd, cosa davvero la Lega o Forza Italia, cosa il M5S?
Ogni scossa poi propaga i suoi effetti. In un mondo come si usa dire interconnesso ogni evento è una percezione e ogni percezione è una comunicazione. Come verranno letti i risultati della recente tornata di regionali dovendo prepararne altre sei più un migliaio nei comuni? Dovranno farlo i partiti, ma lo farà anche la gente che in qualche modo avverte gli scossoni anche se non sempre li sa interpretare in maniera appropriata, ma finisce per tenerne in qualche modo conto.
Soprattutto lo si dovrà fare a livello di governo e lì si prevedono guai. Il risultato catastrofico dei 5 Stelle e quello dal buono all’ottimo del Pd cambiano gli equilibri delle alleanze. Sarà così per la semplice ragione che chi è uscito con le ossa rotte deve dimostrare che non è così (ed ha ancora la rappresentanza parlamentare di maggior peso, a meno che non frani improvvisamente), mentre chi è riuscito nella rimonta pretenderà giustamente che gli venga politicamente monetizzato il successo ottenuto. Un bel rebus con un buon numero di pratiche aperte, dalla prescrizione alla questione di Autostrade, con misure economiche da varare, ma soprattutto con 400 posti da assegnare negli enti economici partecipati. In questa situazione cosa faranno Renzi e i suoi, LeU, e magari anche una nuova componente di sostegno al governo che si dice stia nascendo con i fuorusciti dai 5 Stelle?
In un quadro del genere un personaggio come Conte manterrà il suo ruolo di uomo di cucitura e di sintesi fra le diverse componenti della sua maggioranza? Secondo alcuni sarà difficile, perché ormai c’è poco da mediare e perché soprattutto la disponibilità al compromesso si è fatta ancora più evanescente, dopo che tutti hanno capito che ormai si deve combattere elezione per elezione. Secondo altri avrà delle nuove chance, perché può semplicemente fare colui che porta i 5 Stelle ad accettare l’abbandono dei loro mantra e alla collaborazione tranquilla col governo risparmiando loro la figura di apparire arresi al Pd (e a Renzi): il che può far comodo al gruppo dirigente del Nazareno.
Ciò supporrebbe però un comportamento abbastanza razionale da parte di tutti i membri della coalizione governativa e non è cosa che in politica si possa dare per scontata. Soprattutto con la sostanziale impossibilità tecnica di avere uno scioglimento anticipato della legislatura e con le nuove tornate elettorali la tentazione di dedicarsi a giochi politici pericolosi temiamo sarà in crescita.
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