“Le stelle sono tante, milioni di milioni”: chi ha vissuto la Tv degli anni Sessanta e Settanta ricorderà certo il Carosello che pubblicizzava una nota ditta di salumi. Carosello finì nel 1977, ma i milioni e milioni di stelle sono piombati a sorpresa sull’Italia all’indomani delle elezioni sotto forma di un nuovo movimento politico che nel breve volgere di qualche mese è diventato il più forte partito alla Camera dei Deputati. Che conseguenze si avranno sul sistema politico-istituzionale del nostro Paese?
Il Movimento 5 Stelle ha basato il suo successo sul rifiuto della politica tradizionale, sulla critica ai partiti e alle istituzioni, ha pescato tra la rabbia della gente. Il suo leader è un comico che di recente ha ricevuto l’endorsement di altri artisti, alcuni tradizionalmente di sinistra, come Dario Fo, o di cantanti come Celentano. Se alcuni si mostrano inorriditi o semplicemente si stupiscono di ciò, basterà ricordare che arriviamo con trent’anni di ritardo sulla via aperta dall’avvento di Ronald Reagan alla Casa Bianca. E del resto come ben sanno i politologi, il linguaggio della politica ha molto a che fare con quello del palcoscenico.
La costituency di questo movimento non è omogenea, ma trasversale per genere, lavoro e professione. Ha pescato dove più dove meno in quasi tutte le regioni del Paese, e ha portato in Parlamento una rappresentanza costituita da persone giovani, uomini e donne con poca o nessuna esperienza di politica, animate da forte spirito di contestazione e da atteggiamenti radicalmente diversi dagli altri partiti.
Era da oltre quarant’anni che nel Paese non si manifestava un fenomeno del genere, da quando all’indomani del ’68 ebbe luogo quel forte movimento di contestazione che avrebbe caratterizzato tutti gli anni Settanta. Anche allora la situazione era caratterizzata da recessione economica (sebbene meno grave di quella attuale) e dall’incapacità del sistema politico di dare risposte efficaci alla contestazioni dei movimenti collettivi. In quel contesto l’incapacità del sistema politico bloccato di canalizzare la protesta entro le dinamiche della politica e delle istituzioni ebbe l’effetto di radicalizzare la protesta, dando luogo alla formazione di estremismi terroristici di sinistra. Si trattò di un classico caso di incapacità del sistema politico di integrare, attraverso nuove forme di partecipazione, un quota di popolazione che era rimasta o si sentiva esclusa dal sistema politico e rivendicava nuove forme di partecipazione.
Oggi, con tutte le differenze del caso, ci troviamo in una situazione analoga a quella degli anni Settanta. La nascita e l’affermazione di un nuovo movimento che contesta radicalmente il sistema politico pongono delle sfide sicuramente più difficili di quelle, certamente non facili, della, tragica stagione dei terrorismi. Allora fummo incapaci di inglobare la protesta e canalizzarla in nuove forme di partecipazione integrando i movimenti più estremisti. Ma il sistema politico resse perché, anche se bloccato, era tuttavia solido e ampiamente legittimato. Oggi abbiamo un sistema politico ampiamente sfiancato da due decenni di crisi istituzionale, che si è duramente aggravata negli ultimi anni del governo di centrodestra, con continui conflitti e con una costante delegittimazione delle istituzioni, con una crisi di governabilità aggravata da una legge elettorale studiata per favorire lo stallo. Se questo è un aspetto negativo non dobbiamo però tralasciare un lato positivo. A differenza degli anni Settanta la contestazione e lo scontento non sono rimasti fuori dalle istituzioni, ma si sono canalizzate nella forma della rappresentanza politica. Certo con aspetti spesso confusi e contraddittori nei programmi, con pericolose caratterizzazioni populiste, con forti venature anti-europeiste. Dunque le vie di sbocco di questa crisi del sistema politico istituzionali sono ampiamente aperte: o un’integrazione di questo nuovo movimento nell’alveo della partecipazione istituzionale, ampiamente rinnovando la politica, oppure l’implosione del sistema.
È per questi motivi che il compito arduo che si pone all’indomani delle elezioni alle forze che saranno chiamate a governare il Paese sarà quello di procedere a un radicale rinnovamento della politica. Perché altrimenti usciremo dalla Seconda repubblica, ma senza sapere dove stiamo andando.
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