La temuta nuova recrudescenza dell’epidemia di Covid-19 e i prossimi lockdown aumentano i costi economici e sociali della crisi, che colpisce anche un Paese come il nostro, già stremato da decenni di stagnazione. La politica economica ai tempi della pandemia deve affrontare entrambi i problemi trasformando l’economia partendo da quello che abbiamo imparato in questi mesi.
Per cominciare, si può esaminare se esista una scelta tra costi sociali e economici della pandemia, quello che gli economisti definiscono come trade-off. I dati raccolti in questi mesi mostrano che tale scelta non esiste: i Paesi che non hanno controllato l’epidemia (come gli Stati Uniti) hanno subito costi economici più elevati di quelli che hanno attuato forme di lockdown più restrittive (cfr. Financial Times). Dato che l’immunità di gregge è ormai ritenuta una favola dalla comunità scientifica e che la mobilità è uno dei principali fattori che spiega la diffusione del virus, se negli ultimi mesi non si è potenziato a sufficienza la resilienza del sistema sanitario, dei trasporti pubblici e della scuola, il tracciamento e impiegate forme efficaci di rallentamento della diffusione del virus, ricorrere a nuove forme di lockdown è l’unica politica disponibile per salvare la salute dei cittadini e l’economia. Nonostante la forte integrazione tra i vari settori della nostra economia, si potrebbe disegnare una strategia di lockdown locali accoppiando i sistemi locali del lavoro al grado di utilizzo delle unità di terapie intensive.
Lo spettro di un ulteriore calo della crescita economica dovuto a nuove restrizioni si abbate su una previsione di calo del Pil italiano del 9% per il 2020. Questo scenario è ancora più cupo se si considera la crescita anemica della nostra economia degli ultimi decenni causata da una produttività stagnante. In questo quadro dalle tinte fosche, è necessario proteggere e accudire la nostra economia durante l’emergenza mentre si disegnano politiche di sviluppo per trasformare l’economia e rilanciare stabilmente una crescita economica sostenibile, inclusiva e guidata dall’innovazione, come recentemente proposto anche dalla direttrice del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva.
Nei prossimi mesi, le politiche economiche devono essere disegnate efficacemente per minimizzare il rischio d’isteresi, cioè la possibilità che i costi temporanei della crisi da Covid-19 perdurino nel tempo, lasciando cicatrici indelebili sul nostro sistema economico. Come indicato da Mario Draghi, va assolutamente evitato che lo shock negativo della pandemia si tramuti in perdite permanenti dell’occupazione e della capacità produttiva delle nostre imprese. Tali perdite compromettono anche le capacità di crescita, dato che lunghi periodi di disoccupazione riducono le competenze dei lavoratori e la morte di un’impresa comporta una dispersione di saperi faticosamente accumulati negli anni, nonché la mancanza di un possibile snodo nevralgico nella catena del valore.
Cosa si può fare nel breve periodo? L’economia va mantenuta in una sorta di coma farmacologico sostenendo le imprese e i lavoratori durante i nuovi lockdown. Come suggerito dall’ex capo economista del Fondo monetario, Oliver Blanchard, è necessario introdurre misure di contingenza che possano attivarsi automaticamente in caso di una nuova crisi economica per sostenere la domanda aggregata. Rispetto ad altri Paesi sviluppati, l’Italia ha avuto il vantaggio di affrontare la crisi da Covid-19 con due politiche di sostegno per le famiglie e le imprese: il Reddito di cittadinanza (RdC) e la Cassa integrazione (Cig).
Il primo si è rivelato un valido strumento di sostegno ai redditi delle famiglie in difficoltà e ha contribuito alla riduzione della povertà assoluta. Semmai il problema è che non è stato in grado di offrire una copertura a tutti i cittadini colpiti dalla crisi come i lavoratori precari. Per questo motivo è stato introdotto il Reddito di emergenza. Certamente, come ogni misura di politica economica, il RdC si presta ad abusi (ad esempio, la presenza di evasori fiscali nella platea dei beneficiari) e può essere migliorato. Gli abusi si combattono con un’intensificazione e un’estensione dei controlli, utilizzando lo stato dell’arte delle tecnologie disponibili. D’altro canto, il RdC va migliorato nella sua capacità di identificazione della povertà perché, a seconda degli indicatori utilizzati, è percepito da persone che non si trovano in stato di bisogno, mentre ne esclude altre in seria difficoltà (maggiori informazioni qui). Inoltre, il RdC va riformato per destinare più risorse alle famiglie numerose, con portatori di handicap ed esteso agli stranieri residenti in Italia da cinque anni. Infine, dato che la parte sulle politiche attive per il lavoro non sta funzionando, andrebbe sfruttata l’attuale fase di crisi in cui non è possibile accoppiare la domanda e l’offerta di lavoro per cambiarla, possibilmente in un più ampio disegno che includa gli ammortizzatori sociali e le politiche attive del lavoro. Anche il Reddito di emergenza può essere migliorato sulla base della proposta del Forum Disuguaglianze Diversità e di ASviS in particolar sui tempi di erogazione e la facilità di presentazione della domanda.
La Cassa Integrazione (CIG) è un’altra misura di contingenza che può essere attivata velocemente per sostenere le imprese e l’occupazione. Dati i probabili nuovi lockdown, la sua estensione fino al 31 marzo senza costi per le imprese è stata accolta favorevolmente dalle parti sociali. Naturalmente, la Cassa Integrazione COVID si accompagna ad un blocco dei licenziamenti per preservare le relazioni tra imprese e lavoratori in modo da favorire la ripartenza dell’economia al termine delle restrizioni imposte dal controllo dell’epidemia. Durante la prossima ripresa, tali legami potrebbero essere rafforzati attraverso sussidi ai salari, come anche suggerito dal Fondo monetario internazionale. Inoltre, le imprese devono essere sostenute fornendo liquidità con garanzie pubbliche ai prestiti bancari, ma soprattutto attraverso aiuti pubblici diretti (il recente decreto “ristori” è in linea con questo obiettivo). Gli aiuti diretti alle imprese devono essere proporzionali al loro fatturato, in modo da penalizzare l’evasione fiscale, e dovono essere accompagnati da una serie di condizioni come l’obbligo di sede fiscale in Italia e il divieto di distribuzione di dividendi (valide anche per le garanzie pubbliche ai finanziamenti). Allo stesso modo, i contributi alle imprese devono prevedere degli obiettivi di medio termine come, ad esempio, una riduzione delle emissioni di gas serra, la digitalizzazione e l’introduzione di nuove tecnologie, la formazione del personale. Così aiuti emergenziali si possono trasformare in uno strumento di politica industriale per promuovere gli investimenti e l’innovazione al termine della fase d’emergenza.
Le politiche industriali e per l’innovazione devono infatti avere un ruolo chiave per trasformare la crisi del Covid-19 in un’opportunità e rilanciare la crescita del nostro Paese che langue ormai da tre decadi. Su questo fronte, possiamo contare su un aiuto decisivo dell’Unione Europea attraverso il Next Generation EU che prevede aiuti diretti oltre a finanziamenti. Le risorse devono essere concentrate su missioni per poter rilanciare efficacemente la crescita della produttività. Nel chiedere un piano di spesa per l’utilizzo dei fondi europei, la stessa Commissione fornisce le linee guida per le missioni, indicando che i fondi debbano essere impiegati principalmente per la crescita sostenibile (in linea con l’European Green Deal) e la transizione al digitale. Il governo deve preparare al più presto un piano mission-oriented che preveda un aumento degli investimenti pubblici, un potenziamento dei fondi per la ricerca, l’istruzione e la sanità e che rilanci una partnership simbiotica tra settore pubblico, imprese pubbliche e private per lo sviluppo di nuove tecnologie con una visione sistemica. Il piano deve tenere conto delle proposte provenienti dalla società civile, come quelle del Forum Disuguaglianze e Diversità. Il cambiamento strutturale collegato alla digitalizzazione e alla decarbonizzazione dell’economia italiana porterebbe allo sviluppo di nuovi settori e imprese con aumenti dell’occupazione e un rilancio della crescita della produttività e dell’economia. Per questo motivo, l’Italia deve partecipare ai consorzi europei che potrebbero portare alla nascita di nuove imprese pan-europee di successo come l’Airbus. Il nostro Paese è membro attivo di Gaia-X che ambisce a creare un Cloud europeo, mentre non ha un ruolo chiaro nelle alleanze per sviluppare tecnologie decisive per la transizione verde come l’idrogeno e le batterie elettriche. Dobbiamo muoverci in fretta, perché il Next Generation EU è l’ultima opportunità del nostro Paese per uscire da questa crisi arrestando il nostro declino, che ricorda sempre di più quello della Repubblica di Venezia nel XVIII secolo, rilanciando l’innovazione e la crescita sostenibile.
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