Helle «la rossa», prima donna in Danimarca. Dopo dieci anni di opposizione, il centro-sinistra torna al governo in Danimarca e la leader socialdemocratica Helle Thorning-Schmidt si prepara a diventare la prima donna primo ministro. Dopo una breve campagna elettorale, il «blocco rosso» conferma i sondaggi dei mesi precedenti e vince le elezioni del 15 settembre, conquistando 89 dei 175 seggi del Folketing, contro gli 86 del blocco borghese di centro-destra (si aggiungono poi 2 seggi riservati alla Groenlandia, vinti da due partiti della sinistra, e 2 per le Isole Fær Øer, divisi equamente fra i due schieramenti).
Nonostante possano festeggiare la vittoria e il ritorno al potere, i socialdemocratici continuano però la loro parabola discendente e ottengono il peggior risultato dal 1906: un 24,8% molto lontano dai gloriosi livelli delle socialdemocrazie scandinave. Mentre la crisi del tradizionale welfare state e il problema dell’immigrazione hanno messo in crisi il partito, negli ultimi anni è stata soprattutto una svolta a destra compiuta proprio da Thorning ad alienarle le fasce più progressiste della popolazione, che si sono rivolte ai partiti socialisti minori. Notevole, a questo proposito, il successo dell’Alleanza rosso-verde Lista unita – fondata nel 1990 come unione di piccoli partiti comunisti, socialisti e ambientalisti – che passa da 4 a 12 seggi; mentre simbolica è la vittoria nella circoscrizione di Copenhagen della giovane Johanne Schmidt-Nielsen, che arriva a superare in preferenze la stessa leader socialdemocratica. Al contrario, il Partito popolare socialista ha scelto di sacrificare massimalismo e combattività (perdendo consensi verso la lista rosso-verde), per poter presentarsi come alleato responsabile ed entrare per la prima volta al governo al fianco dei socialdemocratici e del Partito radicale, di matrice social-liberale e rappresentante delle classi medie urbane e intellettuali.
Nel blocco di centro-destra, il partito liberale si conferma primo partito del paese con il 26,7%, mentre il premier uscente Lars Løkke Rasmussen – subentrato ad Anders Fogh Rasmussen nell’aprile 2009 in seguito alla sua elezione a segretario generale della Nato – ottiene il record di preferenze individuali. Il buon risultato liberale non è però sufficiente a bilanciare il crollo del Partito conservatore, dilaniato da divisioni interne e orfano di una linea politica certa, in bilico fra moderatismo centrista e neoliberismo conservatore. La tenuta del partito liberale e la crescita della piccola formazione centrista Alleanza liberale segnano l’arresto dalla cavalcata della destra populista. Il Partito del popolo danese, vero dominus dei passati governi moderati e ispiratore di politiche dell’immigrazione fortemente restrittive, non è riuscito a crescere, in un momento dominato dalla preoccupazione economica, ma rimane il terzo partito e conserva una forte influenza nell’arena politica e nell’opinione pubblica.
Le elezioni del settembre 2011 confermano la tendenza bipolare del sistema partitico danese, caratterizzato da due blocchi solidi e contrapposti. Tuttavia, all’interno degli schieramenti è forte il peso dei partiti più estremi, dimostrando il fallimento del tentativo di «presidenzializzare» il confronto politico puntando sulle personalità dei leader dei due partiti maggiori. Al contrario, il futuro primo ministro Helle Thorning-Schmidt si trova in una posizione difficile, stretta fra i socialisti polari da una parte e i radicali dall’altra, forti di un grande successo elettorale, e obbligata a formare un governo di minoranza con il sostegno esterno dell’Alleanza rosso-verde. Benché l’economia danese sia relativamente solida, legata al sistema tedesco e fuori dall’eurozona, la leadership socialdemocratica dovrà saper bilanciare nella politica economica le richieste e i veti degli opposti alleati: ancora in fase di consultazioni, il primo nodo da sciogliere è già emerso sulla riforma pensionistica, approvata dal governo uscente e difesa dai radicali, ma osteggiata dai socialisti. Quella danese è la prima vittoria progressista nell’Europa dominata della crisi economica e dalle politiche di austerità dei governi conservatori: saranno in molti ad avere gli occhi puntati sui primi passi della signora Thorning.
Tab.1 Risultati elettorali delle elezioni parlamentari danesi, 15 settembre 2011
|
Voti (%) |
+/- |
Seggi |
+/- |
Lista unita (Enhedslisten, Ø) |
6,7 |
+4,5 |
12 |
+4 |
Partito popolare socialista (Socialistisk Folkeparti, F) |
9,2 |
-3,8 |
16 |
-7 |
Socialdemocratici (Socialdemokraterne, A) |
24,8 |
-0,7 |
44 |
-1 |
Partito radicale (Radikale Venstre, B) |
9,5 |
+4,4 |
17 |
+8 |
Totale «blocco rosso» |
50,2 |
+5,4 |
89 |
+8 |
Partito liberale (Venstre, V) |
26,7 |
+0,5 |
47 |
+1 |
Partito conservatore (Konservative Folkeparti, C), |
4,9 |
-5,5 |
8 |
-10 |
Alleanza liberale (Liberal Alliance, I) |
5,0 |
+2,2 |
9 |
+4 |
Partito del popolo danese (Dansk Folkeparti, O) |
12,3 |
-1,7 |
22 |
-3 |
Totale «blocco blu» |
49,8 |
-4,5 |
86 |
-8 |
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