Nei giorni scorsi sono stati depositati in Cassazione i testi delle due leggi di iniziativa popolare sottoscritti dalle organizzazioni che hanno promosso la campagna “L’Italia sono anch’io” per i diritti di cittadinanza e di voto delle persone di origine straniera. Primo firmatario è il sindaco di Reggio Emilia. Con il deposito delle due leggi prende il via la raccolta delle firme necessarie per la consegna delle leggi in Parlamento. Ci sono sei mesi di tempo per raggiungere l’obiettivo richiesto delle 50mila firme in calce a ciascuna delle due proposte di legge. Il numero dei cittadini stranieri che ottiene ogni anno la cittadinanza italiana è ancora molto limitato e lontano dalla media europea, seppure in crescita.
Anno Acquisizioni di cittadinanza |
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2001 10.469 2002 10.682 2003 13.443 2004 11.945 2005 19.226 2006 35.766 2007 38.466 2008 39.484 2009 40.084 2010 40.223 |
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Totale 259.788 |
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(Fonte: Ministero Interno)
Nell’ultimo decennio, confrontando il numero di acquisizioni di cittadinanza e il numero totale dei residenti stranieri, risulta che solo una persona straniera su 100 ha acquisito la cittadinanza italiana. Il rapporto Eurostat relativo al 2009 ha evidenziato come nell’Europa dei 27 l’acquisizione di cittadinanza sia in aumento: nel 2009 sono state 776.000 le persone che hanno acquisito la cittadinanza negli stati membri, contro le 699.000 del 2008. I numeri più alti sono quelli di tre grandi paesi di immigrazione come Regno Unito (204.000 persone), Francia (136.000) e Germania (96.000), che insieme raccolgono più della metà di tutte le nuove cittadinanze concesse dai 27 stati membri. Confrontando il numero di cittadinanze assegnate, con il numero dei residenti stranieri, le percentuali più alte sono state raggiunte in Portogallo (5,8 cittadinanze ogni cento stranieri), Svezia (5,3), Regno Unito (4,5). La media europea è del 2,4 e l’Italia è al di sotto, con l’1,5. Nel rapporto con la popolazione residente, le percentuali più alte sono state raggiunte in Lussemburgo (8,1 cittadinanze ogni mille abitanti), Cipro, Regno Unito e Svezia. La media europea è di 2,4 cittadinanze ogni mille abitanti: per l’Italia il rapporto è di uno a mille.
Sulla situazione italiana possono essere utili tre osservazioni.
La legge 91 del 1992 è una delle più rigide in Europa, in particolare sui minori nati in Italia (che sono oggi circa 600.000): essi potranno fare domanda solo dopo il compimento del diciottesimo anno di età (entro un anno dal compimento) e dimostrare la continuità del soggiorno regolare in Italia, sin dalla nascita. Con la legge 94/2009 (il “pacchetto sicurezza”) la richiesta di cittadinanza per matrimonio non è più possibile dopo sei mesi, ma dopo due anni dalle nozze; provvedimento giusto che tuttavia ha fatto sì che negli ultimi due anni per la prima volta le richieste per matrimonio fossero superate da quelle per cittadinanza (che prevedono dieci anni di residenza in Italia). Non si può fare a meno di notare che le lentezze procedurali spesso segnalate da cittadini stranieri sono tutt’altro che superate: lo stesso sito del Ministero dell’Interno comunica che al 31-12-2010 ci sono oltre 146.000 istanze in itinere, cioè domande che attendono da due o tre anni di essere esaminate.
Semplificare i percorsi di cittadinanza è uno degli elementi per consentire una effettiva integrazione sociale dei quasi cinque milioni di stranieri che oggi vivono e lavorano nel nostro paese. Rimanere ancorati alla normativa di vent’anni fa significherebbe al contrario lasciar crescere i germi dell’esclusione e del risentimento.
Quale miglior occasione per comprendere al meglio che le celebrazioni del centocinquantesimo dell’unità d’Italia si devono nutrire di un nuovo concetto di coesione sociale? Oppure la paura degli immigrati, così alimentata in passato, serve semplicemente a nascondere la paura che un giorno essi potranno votare ?
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