«Stavolta l’ho fatta un po’ fuori dal vaso», ha concesso Mario Borghezio, con tutto l’esprit de finesse che gli è riuscito di mettere insieme. Quel che ha combinato è noto: poco dopo la strage sull’isola di Utoya, ha dichiarato che le “posizioni”  di Anders Behring Breivik «sono sicuramente condivisibili», a partire dall'«accusa esplicita all’Europa di essersi già arresa prima di combattere». A quale nemico si riferisca il parlamentare europeo della Lega Nord è questione inequivoca: agli “islamisti” attentatori della vera fede, e già che ci sono anche della purezza etnica di un continente.

Insomma, ha spiegato il paladino della civiltà occidentale, ha ragione Breivik a pretendere la «difesa dell’Europa cristiana». È vero, precisa, che le sue sono «posizioni antipapiste che io ovviamente non condivido». Ma un po’ di tolleranza non guasta, se si tratta di servire la religione dell’amore. Lo stesso amore, per intenderci, con cui a Torino nel 2000 l’allora deputato leghista al Parlamento italiano incendiò i pagliericci di alcuni esseri umani colpevoli di essere poveri e stranieri (gesto di carità per il quale, insensibile ai valori evangelici, la Cassazione nel 2005 lo condannò in via definitiva a due mesi e venti giorni di galera). In ogni caso, papisti o meno, questo è il dovere sacro e santo dei bravi europei timorati di Dio, e della superiorità bianca: contrapporre all’invasione dei seguaci di Maometto una «forte risposta cristiana anche in termini di crociata».

In fondo, ha spiegato il membro della Commissione parlamentare europea per i diritti civili, sono le stesse cose sostenute da Oriana Fallaci. Come dargli torto? Basta leggersi davvero La rabbia e l’orgoglio per convincersene. Le “posizioni” che entusiasmano il nostro defensor fidei trovano conforto in  quello scritto del 2001, e nel silenzio con cui politici, giornalisti, intellettuali e preti di fatto lo legittimarono.

Dunque, le idee del nazista Breivik sono «buone, e in qualche caso ottime». Naturalmente, ha aggiunto il leghista, «al netto della violenza». Insomma, dichiarare la guerra santa è cosa buona e giusta, ammazzare decine e decine di giovani socialisti sporca troppo in giro. Tradotto in un italiano più trasparente, ma altrettanto dolente: i patrioti alla Borghezio fingono di credere che la violenza sia solo un accessorio eventuale del rifiuto ideologico dello straniero, e non una sua necessità interna. E lo stesso fingono di credere milioni di elettori in Italia e in Europa, insieme con partiti che si definiscono moderati. Ma quando un gruppo si chiude nell’odio, in quello stesso momento si dispone a uccidere. E prima o poi lo fa, salvo poi chiedere scusa.

Dopo averla fatta fuori dal vaso, anche Borghezio ha finito per chiedere scusa ai norvegesi, convinto che questo sarebbe bastato a pareggiare il conto politico, per non dire del conto morale. E quelli della Lega Nord? Quelli, vista la mala parata – e per non pagarne il prezzo –, hanno preso la storica decisione di sospenderlo dal partito per tre mesi: poco più d’un giorno per ognuno dei ragazzi ammazzati a Utoya.

D’altra parte, perché mai avrebbero dovuto fare di più? Da lì viene lo spirito (che si autoproclama) padano: dalle “posizioni” alla Borghezio, e dalla convinzione che l’Europa sia minacciata dagli islamisti, e comunque dai poveri che migrano, qualunque sia la loro fede. E da lì viene la pretesa politica di armare crociate, e di negare diritti e umanità in nome della civiltà. Fra i suoi degni sodali Borghezio sarà anche un estremista, ma le sue “posizioni” e le loro sono parenti strette. Eppure, questi pessimi frequentatori dei servizi igienici nazionali e internazionali sono stati fatti diventare parte decisiva e trainante del sistema di potere del nostro Paese. E da un paio di decenni a noi tocca vergognarcene. Qualcuno ce ne chiederà mai scusa?