La notizia della settimana, anzi del secolo, è la seguente: la sinistra esiste. Per la prima volta dai tempi dei fratelli Gracchi, la settimana scorsa i sondaggi hanno dato la sinistra in vantaggio sulla destra. Il vantaggio non è determinato solo dall’inopinata resurrezione della sinistra-sinistra, documentata dalle regionali in Puglia e dalle primarie di Milano, ma anche dallo smottamento della Destra e dalla crescita del Centro. Inoltre, il vantaggio è provvisorio, e il Pd si sta impegnando come al solito a scialacquarlo: basti pensare ai manifesti nei quali Bersani ha le visioni. Ma, insomma, inutile stare a sottilizzare. Nel mio piccolo, anzi, posso confermare questo trend epocale con un’esperienza vissuta in prima persona: sono stato a una cena di sinistra. Perché una cena sia di sinistra non basta che lo siano gli ospiti e tutti gli invitati: devono esserlo anche la location, i discorsi e persino il menu. Partiamo dal menu: flute di spumantino nazionale, ovviamente freddo ma non gelido; insalata di indivia, frutta e noci; vellutata di cavolfiori e broccoli; pollo e patate al forno; tarte tatin (aux pommes, ça va sans dire), più il cabernet a temperatura ambiente degli inappuntabili anfitrioni, nonché il gelato e il vino portati dagli invitati, se possibile ancora più inappuntabili. Come si vede, un menu raffinato ma anche povero, moderatamente etnico però equo e solidale: insomma, di sinistra.
Di sinistra erano pure i discorsi: trattandosi a maggioranza di professori dell’università di Trieste, si commentavano gli ultimi avvenimenti accademici. Pare che i successi del glorioso ateneo tergestino – l’unico in Italia a essere ritornato virtuoso, riportando le spese per il personale sotto il novanta per cento del bilancio – abbiano suscitato la reazione preoccupata del governo: oddio, qualche università pubblica non si salverà mica dallo strangolamento? Di fatto, a gennaio non ci sono i soldi per pagare gli stipendi; ma benché la notizia abbia gettato un velo di mestizia sui commensali, non ha diminuito la brillantezza della conversazione. Del resto, non avremmo potuto sopravvivere a questi anni di melma se non fossimo dotati di un robusto senso dell’umorismo.
Solo che, finito di sparlare del tempo, del governo e di tutti i colleghi assenti, come s’usa, che cosa fare, in una cena di sinistra, quando la conversazione improvvisamente langue? Ovvio, se si è praticamente d’accordo su tutto ci si mette a cercare con il lanternino un argomento di principio su cui litigare, meglio se relativo a vicende di cinquant’anni prima. Bene, noi, l’abbiamo trovato verso le dieci; alle undici, chiunque fosse passato di lì sarebbe rimasto basito dal vociare; a mezzanotte eravamo già alle insinuazioni personali e all’una, affranti, abbiamo deciso di piantarla lì, anche perché l’indomani ci si alzava tutti presto e, se la tarte tatin non fosse stata prudentemente ritirata, sarebbe finita a tarte in faccia.
L’indomani mattina, come s’è detto, i sondaggi davano la sinistra in vantaggio sulla destra. E questo, se ci pensate, non dimostra solo l’esistenza della sinistra; tutto sommato, dimostra anche l’esistenza di Dio.
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