L’ “altra” guerriglia al tavolo dei negoziati. La fine di marzo 2016 doveva essere il momento storico della firma a L’Avana degli accordi di pace fra il governo colombiano e la guerriglia delle Farc, dopo più di quattro anni di negoziati. Invece, passata la fatidica data del 23 marzo con varie questioni delicate ancora in sospeso, un altro annuncio storico, in realtà senza troppi clamori, è arrivato da Caracas dove il 30 marzo è stato ufficializzato l’inizio della fase pubblica di un altro negoziato di pace del governo colombiano con la “seconda guerriglia” ancora attiva nel paese: l’Esercito di Liberazione Nazionale (Eln). Ad annunciarlo sono Frank Pearl, capo negoziatore del governo, e alias Antonio Garcia, capo della delegazione dell’Eln.
I colloqui di pace avverranno, con una formula innovativa, in cinque diversi paesi: Ecuador (come sede centrale), Venezuela, Brasile, Cile e Cuba. Questi Paesi, assieme alla Norvegia, saranno i garanti del processo. Questa formula ha permesso di superare lo stallo fra le parti per i veti contrapposti proprio sul luogo dei dialoghi.
L’agenda era invece già pronta da alcuni mesi. I primi tre punti da accordare gireranno attorno alle trasformazioni strutturali necessarie alla società e alla democrazia colombiana, affinché diventi più inclusiva, pluralista e partecipativa e si creino le basi per una pace duratura. Con il quarto punto si dovrà arrivare ad una proposta per garantire i diritti delle vittime, probabilmente solo un complemento dell’accordo già raggiunto nel negoziato con le Farc lo scorso 18 dicembre, con la creazione del sistema integrale di giustizia, verità, riparazioni e garanzie di non ripetizione, che prevederà fra le altre cose un «tribunale speciale per la pace» ed una commissione della verità.
Il quinto punto, «fine del confitto», sarà il più delicato, come dimostra il disaccordo che ancora vige nell’altro negoziato del governo con le Farc. Si dovrà risolvere la situazione giuridica dell’Eln, definire le modalità per la partecipazione dei suoi membri alla vita politica, stabilire come si arriverà ad un cessate il fuoco bilaterale ed alla rinuncia alle armi da parte della guerriglia.
Infine, l’ultimo punto girerà intorno ai meccanismi di implementazione degli accordi, altra discussione ancora non risolta nel negoziato con le Farc: da un lato, il governo ha approvato una legge per la proposizione di un «plebiscito per la pace», al vaglio della corte costituzionale in particolare per l’abbassamento del quorum di approvazione; dall’altro, le Farc insistono per la creazione di un’assemblea costituente. Gli stessi dilemmi si riproporranno probabilmente nel negoziato con l’Eln.
La storia dell’Eln, nonostante in molte fasi sia intrecciata con quella delle Farc, se ne discosta per molti aspetti. In primo luogo, l’origine è diversa: mentre le Farc si consolidarono dopo l’operazione «Marquetalia» e la conseguente fuga della popolazione locale a causa della violenza politica (evento fondante che determina la natura contadina delle Farc), l’Eln origina come scommessa di alcuni studenti che, dopo aver soggiornato a Cuba nel periodo immediatamente successivo alla Rivoluzione del 1959, una volta tornati in Colombia crearono un «foco insurrezionale» seguendo il modello guevarista. La base di questa guerriglia, sin dalle prime azioni del 1964, era quindi in maggioranza composta da intellettuali e studenti.
Fra i due gruppi ci sono anche differenze ideologiche: se le Farc si basano nell’ideologia pura marxista-leninista; l’Eln invece, oltre ad aver subìto l’influenza castrista, si è imbevuta della teologia della liberazione con l’ingresso nelle sue fila nell’ottobre del 1965 di Camilo Torres, il «prete guerrigliero», che aveva già formato un grande movimento sociale e politico negli anni precedenti e che, una volta scelta la via armata e incorporato nell’Eln, diventò un punto di riferimento della gioventù colombiana. Dopo pochi mesi, scomparve al primo combattimento, e ancora oggi non sono chiare le circostanze della sua morte. Le due guerriglie si discostano anche per le strategie, in particolare dagli anni Ottanta in avanti: da una parte le Farc, sempre più un vero proprio esercito con il controllo di ampie zone contadine; dall’altro l’Eln, un partito politico in armi con maggiori relazioni con i movimenti sociali. Infine, un’ulteriore differenza riguarda la dimensione delle due guerriglie: se dalle file delle Farc ci si aspetta una smobilitazione di quindici-venti mila guerriglieri, l’Eln conta tutt’oggi con due-tremila membri.
L’Eln nei primi anni Duemila era stata quasi annichilita sotto la doppia azione dell’esercito e delle forze paramilitari (le Auc - Autodefensas Unidas de Colombia); e dopo il fallimento dell’ultimo tentativo di processo di pace durante il governo di Álvaro Uribe (2006), si pensava non potesse più incidere nella realtà colombiana. Negli ultimi anni invece, in concomitanza con la graduale frenata delle azioni militari delle Farc, ha ripreso fiato ed è tornata a minacciare la sicurezza del Paese e a realizzare alcune azioni eclatanti, in particolare attaccando le infrastrutture produttive. Queste azioni, nonostante la contrarietà della popolazione colombiana, sono l’espressione di una guerriglia tesa a mostrare la sua forza e spingere il governo a sedersi al tavolo dei negoziati.
Sicuramente, in un momento in cui il processo di pace fra le Farc e il governo è ai minimi della popolarità, sarà difficile far innamorare la società colombiana di quest’altro negoziato. Dipenderà molto dal governo, se riuscirà a diffondere le proposte di accordo per la trasformazione della società e della democrazia colombiana (comunicazione strategica che è mancata durante i negoziati con le Farc); ma anche dall’Eln, se riuscirà a entrare in consonanza con la società colombiana, in particolare liberando le persone ancora sotto sequestro, facendo una proposta seria e concreta per la riparazione delle vittime che ha provocato e chiedendo perdono per i crimini di guerra e le gravi violazioni dei diritti umani di cui si è macchiata.
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