Grandi opere: neppure i tedeschi sono perfetti. È a metà del Settecento, per volere di Federico II, che lungo lo scenografico Unter den Linden di Berlino nasce la Hofoper, il primo edificio del Forum Fridericianum. Dopo essere stato ricostruito internamente una volta, in seguito all’incendio che nella notte tra il 18 e il 19 agosto 1843 lo distrusse completamente, il teatro viene di nuovo gravemente danneggiato in seguito ai bombardamenti nel corso della Seconda guerra mondiale, per poi essere ricostruito e infine inaugurato, orgoglio della Ddr, nel 1955 come Staatsoper.
All’inizio degli anni Duemila si comincia a parlare di profonde ristrutturazioni, anche per gli ammodernamenti tecnici di cui un grande teatro d’opera oggi necessita. In un primo tempo il progetto vincitore prevede interventi pesanti di demolizione, che costringono l’allora sindaco di Berlino Klaus Wowereit a intervenire. Quattro anni dopo viene varato un nuovo progetto riveduto e corretto, che presta più attenzione al mantenimento del carattere originario. Nel settembre del 2010 iniziano i lavori di restauro e ammodernamento, che subito provocano molte polemiche. L’importo stanziato è di 239 milioni di euro, di cui quasi 40 a carico della città-Stato. Soldi destinati in primo luogo alla ristrutturazione vera e propria dell’edificio, e, in particolare, al miglioramento della visuale sul palcoscenico e all’aumento del volume da 6.500 a 9.500 metri cubi, che tuttavia, per mantenere intatto l’aspetto architettonico originario, non deve essere percepibile dall’esterno. Una modifica importante voluta dal direttore artistico del teatro, Daniel Barenboim, nientemeno, che in questo modo dovrebbe garantire un balzo in avanti della qualità acustica (tecnicamente, aumentando il cosiddetto “tempo di riverbero” di circa 1,1-1,6 secondi). Infine, si rendono necessari interventi di grande rilievo alla scenotecnica, una nuova sala prove e la realizzazione di un collegamento sotterraneo.
Da quando il nuovo teatro avrebbe dovuto essere inaugurato in questa nuova, certamente splendida e modernissima forma sono trascorsi ormai due anni. Dopo vari ritardi e slittamenti in avanti, si era parlato della stagione 2015-2016, e dunque di questo autunno, per la precisione del 3 ottobre 2015, Tag der Deutschen Einheit, festa dell’unità nazionale. Ma neppure adesso la data verrà rispettata.
È arrivato infatti l’ennesimo rinvio. Regula Luescher, Senatsbaudirektorin del Land, ha annunciato che il teatro non sarà riaperto prima di due anni. Si va così alla stagione d’opera 2017-2018.
Nel frattempo, secondo la migliore tradizione mediterranea, i costi sono lievitati di altri 93 milioni e si è giunti a una previsione complessiva di spesa di 389 milioni di euro, rispetto agli originari 239. Per dare un’idea della cifra, la ricostruzione dell’intero Castello di Federico (anch’essa molto discussa, questa volta perché si è voluto intervenire in modo imitativo e si rischia davvero il kitsch), costerà 600 milioni di euro. Come sappiamo bene noi italiani le motivazioni, quando i ritardi delle grandi opere si susseguono e i budget esplodono, ci sono sempre. Anche in questo caso la colpa è della cattiva struttura dell’edificio, dei ponteggi molto costosi (ricordate l’Aquila?), del fallimento del primo studio di progettazione.
Ma il caso della Staatsoper non è l’unico e si affianca, a quello ormai grottesco, del nuovo, grande e certamente anche in questo caso modernissimo aeroporto di Berlino (BER) intitolato a Willy Brandt. Per #BER, ritardi e inaugurazioni slittate a parte, siamo ormai al doppio del preventivo iniziale e sono stati superati di slancio i 5 miliardi: 5,4 miliardi di euro. Nel frattempo, è il 26 agosto 2014, il sindaco Wowereit è costretto a dimettersi.
Per la Staatsoper non si tratta solo di fare una pessima figura con i berlinesi, e con tutti i melomani che vengono nella capitale tedesca da ogni parte del mondo. Oltre al danno economico dovuto alla crescita esponenziale del budget c’è anche quello derivato dalla mancata vendita dei biglietti (la sede provvisoria è molto meno capiente). Quattro milioni di euro perduti ogni anno.
A questo punto, i fondi necessari per completare l’opera dovranno venire dalle casse della città-Stato di Berlino, già oggi in difficoltà. Ma mentre Angela Merkel predica austerità e richiede il pagamento del debito greco, la capitale tedesca, che ospita il suo ufficio di Cancelliera, si trova con una montagna di debiti da onorare: oltre 60 miliardi, secondo le stime più prudenti. E non di dracme.
Riproduzione riservata