La London Orbital Motorway, l'autostrada che circonda la capitale britannica, è abituata a stare sui media. A parte le preoccupazioni per l’impatto sulle comunità che attraversa o per l'inquinamento che causa, quei 188 chilometri di asfalto, costantemente intasati, sono una fonte inesauribile di notizie sul traffico per radio e televisioni; nonché di agonia per gli automobilisti che si spostano da e per Londra.

Ma dall'inizio dell'autunno, la M25, come è meglio conosciuta, è al centro di un evento che sta tenendo impegnati giornalisti e politici ben oltre i confini della metropoli inglese: gli attivisti di Insulate Britain la stanno bloccando incollandosi (letteralmente) all’asfalto, sfidando conducenti arrabbiati ma soprattutto rischiando multe salate e potenziali pene detentive. La loro richiesta: che il governo britannico provveda alla coibentazione termica del patrimonio abitativo del Paese, al fine di ridurre le emissioni e far passare il Regno Unito alla piena decarbonizzazione, a cominciare dallo stock di case popolari, tutte o quasi in disperato bisogno di ristrutturazione.

Gli immobili britannici versano, infatti, in condizioni pietose. Da una parte, il mercato delle case, notoriamente troppo caro, soprattutto se si considera Londra e il Sud dell’Inghilterra; dall’altra, la situazione degli affitti all’interno della capitale, dove appartamenti delle dimensioni di scatole di scarpe arrivano a costare fino a 1.500 sterline al mese e oltre. Parimenti critica è la situazione dell'edilizia popolare nel Paese. Una volta elemento fondamentale, e venerato, del Welfare del dopoguerra britannico, ormai sono poche le council houses rimaste, e molte di queste fanno a gara con appartamenti privati ​​per il premio di «bagno più ammuffito» della Gran Bretagna.

In un rapporto pubblicato a inizio ottobre di quest’anno, Shelter, l'ente benefico per i senzatetto e l’alloggio, ha denunciato che la salute di più di un affittuario su cinque in Inghilterra (1,9 milioni di famiglie) è danneggiata dalle cattive condizioni abitative. Muffe, condense e problemi di umidità, nonché le difficoltà nel mantenere la casa calda in inverno, influenzano la salute mentale e fisica di un numero significativo di affittuari inglesi, presso abitazioni sia popolari sia private. Dati che danno fondamento ​​alle istanze sollevate dagli attivisti di Insulate Britain.

Il rapporto ha anche mostrato come circa 2,8 milioni di affittuari temano di perdere la casa a causa di sfratto, pignoramento o risoluzione a breve termine dei contratti di affitto e ha gettato luce sul numero cospicuo di affittuari privati (3 milioni) costretti a tagliare le spese per cibo o riscaldamento per riuscire a pagare l’affitto.

Questi sono i sintomi di una crisi immobiliare di lunga data; crisi che non mostra alcun segno di sollievo ma che è anzi stata portata agli estremi durante la pandemia di Covid-19. L'aumento della disoccupazione, l'insicurezza finanziaria e il rischio di contrarre il virus hanno portato a un misto di diminuzione dei redditi, crescita dell'insicurezza sociale e aumento della domanda di spazio abitativo.

Come mostra una serie di dati pubblicati di recente, il mercato immobiliare britannico, già in difficoltà, rischia il collasso. Le municipalità locali hanno stimato che le liste di attesa per alloggi a prezzi accessibili dovrebbero raddoppiare nel prossimo anno, contando circa 2,1 milioni di famiglie. Di queste, una su dieci aspetta un alloggio da più di cinque anni. La pandemia ha anche rallentato la costruzione di nuove abitazioni: si stima che da qui al 2023 si costruiranno 100 mila case in meno del previsto.

Si potrebbe essere portati a pensare che questa situazione sia cavalcata politicamente dall'attuale amministrazione Johnson: migliorare le condizioni di affitto in Gran Bretagna in cambio di un ritorno elettorale. Sembra, tuttavia, accadere il contrario: a ottobre il governo britannico ha posto fine al divieto di sfratto introdotto al culmine della pandemia con il Coronavirus Act 2020. Il divieto aveva lo scopo di proteggere dalla perdita della casa gli affittuari più vulnerabili – quelli senza disponibilità di risparmi e rimasti senza lavoro e reddito a causa del virus – ma ora, con l'emergenza de facto dichiarata finita dal governo Johnson, il divieto è stato revocato.

Allo stesso modo, il governo si è rifiutato di mantenere, in modo permanente o anche solo temporaneo, un'altra misura di soccorso introdotta per calmierare gli effetti della pandemia, vale a dire l'aumento di 20 sterline a settimana dell’Universal Credit, il (magro) sussidio pubblico recepito da persone prive di lavoro o a basso reddito. Non è bastato a far cambiare idea al primo ministro e al suo gabinetto lo studio commissionato dallo stesso governo sulla resilienza delle famiglie. Pubblicato una settimana dopo il taglio dei sussidi, lo studio ha rivelato che più di 190 mila affittuari a basso reddito, recettori di Universal Credit, sono già indietro di almeno due mesi sul pagamento dell’affitto. Ciò rappresenta un aumento del 70% in appena sei mesi.

A ottobre il governo britannico ha posto fine al divieto di sfratto introdotto al culmine della pandemia e si è rifiutato di mantenere un'altra misura di soccorso emergenziale: l'aumento di 20 sterline a settimana del sussidio pubblico. Così, sono sempre di più le persone costrette a scegliere tra cibo e affitto

Nel frattempo, sono sempre di più le persone costrette a scegliere tra cibo o affitto. Nel Regno Unito – e soprattutto a Londra – la questione di come permettersi l'affitto non tormenta solo i beneficiari di sussidi sociali. Secondo l'Office for National Statistics, nel 2020 solo il 25% dei londinesi con il reddito più alto è stato in grado di affittare privatamente un appartamento a un prezzo accessibile (ossia inferiore al 30% del reddito dell’inquilino). Ciò significa che a Londra, il 75% delle famiglie deve spendere più del 30% del proprio reddito in affitto.

La situazione nel resto dell’Inghilterra non sembra essere migliore, considerando che di media l'affitto impegna il 23% del reddito (ma per gli affittuari che appartengono alle fasce di reddito inferiori l'affitto ammonterebbe al 38% del reddito). Considerando che molte persone a basso reddito hanno perso il lavoro durante la pandemia, la situazione reale potrebbe essere anche peggiore.

Non sorprende dunque che, per la maggior parte delle persone, l'alternativa all'affitto – cioè l'acquisto – sia solo ipotetica. In una recente inchiesta, il «Guardian» ha scoperto che i lavoratori a basso reddito, tra i quali figurano gli operatori sanitari definiti come «lavoratori chiave» durante la pandemia, sono di fatto esclusi dal possedere una casa in Gran Bretagna. Ad esempio, un operatore socio-sanitario addetto all’assistenza anziani, il cui stipendio medio ammonta a 21.243 sterline, non può permettersi un mutuo nel 98% delle aree del Paese. Va da sé che Londra, la città racchiusa dalla M25, non sia tra queste. Il portale immobiliare Zoopla ha calcolato infatti che il prezzo medio di un immobile a Londra nell'ottobre 2021 ammonta a 661.403 sterline, con appartamenti venduti a una media di 526.274 sterline e villette a schiera per 715.068 sterline. Questo rende la capitale, città che ospita circa 9 milioni di persone, di fatto inaccessibile ai più.

Le probabilità di un futuro in cui non si debba scegliere tra fare il pendolare per ore per raggiungere il posto di lavoro a Londra e vivere in un minuscolo, costoso e spesso ammuffito appartamento di periferia sono basse

Le probabilità di un futuro in cui non si debba scegliere tra fare il pendolare per ore per raggiungere il posto di lavoro a Londra e vivere in un minuscolo, costoso e spesso ammuffito appartamento di periferia sono basse; per molti dei lavoratori chiave della città ma sempre più anche per i percettori di redditi medi. 

Eppure, nonostante le lunghe liste d’attesa per ottenere alloggi, Londra pullula di cantieri edili, come l’Elephant Park, a Sud del Tamigi, o l’area di Nine Elms, i cui grattaceli di lusso si ergono poco distanti da Westminster. Nuovi complessi abitativi destinati ad attrarre investitori, più che inquilini. Un problema particolarmente evidente nel caso di Nine Elms, che ha fatto notizia quest'estate con la sua famigerata Sky Pool, la piscina di vetro sospesa tra due grattacieli. Per dare un’idea, un attico a Nine Elms arriva a costare anche 16 milioni di sterline; appartamenti con cinque camere da letto vengono venduti per 10 milioni di sterline; per accaparrarsi appartamenti da due a quattro stanze bisogna sborsare tra i 2 e gli 8 milioni di sterline.

Per non parlare degli effetti di dispersione sociale e gentrificazione generati da investimenti edili di questo tipo. Prendiamo l'Elephant Park. A giudicare dal suo materiale promozionale, il progetto cerca di attirare i bianchi appartenenti alla classe medio-alta. Un target discutibile considerando che l’area è storicamente a prevalenza Bame, l’acronimo inglese utilizzato per indicare neri, asiatici e altre minoranze etniche. Bisogna poi considerare che l'Elephant Park è costruito sul terreno che ospitava un tempo l’Heygate Estate, un progetto di edilizia sociale che, dopo un lungo periodo di disinvestimento e criminalizzazione, è stato demolito nel 2011. Diversamente da quanto pubblicizzato da investitori e politici locali, l’Elephant Park appare quindi non tanto una riqualificazione dell'area quanto, piuttosto, un tentativo di ridefinirla socialmente. A supporto di questa ipotesi, una ricerca di attivisti e accademici locali ha denunciato quanto accaduto agli ex residenti del complesso abitativo di Heygate, cacciati dalle loro case poco distanti dal centro di Londra per essere ricollocati in abitazioni sparse in varie aree del Regno Unito.

Che simili investimenti siano così preponderanti a Londra ha diverse ragioni. Non ultime, le politiche dei governi Thatcher degli anni Ottanta, che hanno ridotto drasticamente la disponibilità di alloggi popolari, venduti ai suoi affittuari a prezzi inferiori a quelli di mercato. Secondo i suoi artefici, questa politica avrebbe aumentato la responsabilità individuale e ridotto il ruolo dello Stato nella società. E, in effetti, ha trasformato una generazione di affittuari in proprietari di case. Ma ha anche ridotto significativamente lo stoccaggio di alloggi popolari, dato che quelli messi in vendita non sono stati sostituiti da nuovi. Il rimanente stock è stato attivamente dismesso e sempre più dipinto, da politici di tutte le sfumature, come un pugno nell'occhio e un focolaio per la criminalità. Non sorprende, quindi, che molte municipalità locali abbiano colto a piè pari le varie possibilità di "ri-sviluppo" presentatesi nel corso degli anni.

Considerando che a causa della finanziarizzazione dell'economia e dei bassi tassi di interesse gli investitori hanno sia il denaro sia l’incentivo per investire nel mattone, laddove nella migliore delle ipotesi i salari dei lavoratori hanno stagnato, il mercato delle case del Regno Unito, e in particolare di Londra, è ora più vicino a un’attività finanziaria che a un mercato di case in cui vivere. E, in effetti, nel 2021, la maggior parte delle abitazioni nella capitale non solo è inaccessibile economicamente ai più, ma molte di esse causano problemi di salute e preoccupazioni esistenziali ai loro affittuari. Tanto che alcuni di loro ritengono necessario prendere posizione prendendo posto sulla London Orbital Motorway, che divide la costosa Inghilterra dalla costosissima Londra.

 

[Traduzione di Margherita de Candia]