Due anni fa il figlio di David Lynch, Austin, è partito da Los Angeles per la Germania portando con sé una telecamera e un amico fotografo; arrivato sul posto ha noleggiato un furgone e si è messo a girare il Paese in lungo e in largo intervistando persone.
Oggi Interview Project Germany è il modo migliore per conoscere qualche cosa di autentico e contemporaneo sulla Germania; è uno strumento di facile accesso, complementare all'informazione più classica – politica, economia e curiosità – che già ci arriva dai media tradizionali. Lo si può visitare da casa, senza sapere una parola di tedesco, via internet. Per poter vedere e capire l'Interview Project Germany è necessario avere una connessione abbastanza veloce alla rete e sapere un po' di inglese. Questo può rappresentare un limite per molti potenziali utenti. La soluzione possibile c'è e viene già praticata, in parte: il media tradizionale, il quotidiano per esempio, si fa interprete del materiale presente in rete e fornisce al lettore un'immagine o una storia del luogo, delle persone, della situazione che sta raccontando, il più possibile completa e obiettiva.
Diffondere una notizia dall'estero, se si lavora per la carta stampata, è una cosa sempre più complessa: l'errore in cui si cade più spesso è dare per scontato che il bagaglio visivo del lettore possa creare, in fase di ricezione, un contesto verosimile. Ci sono immagini ovunque e si pensa che chiunque le abbia viste. Non è così. Per questo motivo esiste ancora l'inviato, che è lì, sul posto: dovrebbe raccontare quello che vede, non solo quello che succede.
La pratica, talvolta, delude questa aspettativa; è il caso della Germania, per esempio. Se qualcuno mi chiedesse, a memoria, quali notizie sono sicuramente arrivate sui quotidiani italiani dalla Germania negli ultimi tempi il catalogo potrebbe essere questo: la morte del polpo Paul che indovinava i risultati delle partite del Mondiale 2010, una recensione di costume sul Festival di Bayreuth copiata da qualche agenzia, la morte dell'orso bianco dello zoo di Berlino, lo scandalo della Chiesa cattolica tedesca proprietaria di una casa editrice che stampa letteratura erotica, l'incidente avvenuto in diretta tv durante un programma di sfide condotto da Michelle Hunziker; i mercatini di Natale, l'Oktoberfest e le dimissioni dell'ex ministro Karl-Theodor zu Guttenberg, autore di numerosi plagi nella sua tesi di dottorato.
A questo quadro si aggiungono le notizie di politica, prevalentemente estera, di cronaca nera e quelle, molto specifiche, di economia.
Poi c'è l'ultima parabola triste, l'ultimo scandalo, nato da un errore di comprensione letterale, culturale ed emotiva di un editoriale molto sottile, provocatorio, e in sé troppo elaborato, uscito in Rete – e solo in Rete – nell'edizione online di "Der Spiegel": Italienische Fahrerflucht (Fuga del conducente, all'italiana).
Forse non sono solo queste le notizie dalla Germania apparse ultimamente sui quotidiani italiani. La mia è magari una selezione parziale. L'immagine della Germania che ne esce, però, non si discosta molto da quella che, oltre ai tradizionali, immarcescibili cliché, probabilmente esiste, anche solo in parte, nelle redazioni dei nostri quotidiani: la Germania è un Paese complesso, in cui succedono tante cose, troppe forse, spesso difficili da collocare in un contesto comprensibile per il lettore lontano da quel mondo. E alla fine si filtra tutto e tra le mani resta solo la notiziola di colore: il tappabuchi che si può comunque vendere con un titolo di grande impatto; oppure si va a recuperare il vecchio stereotipo che funziona sempre.
Una causa, non una colpa, è il problema della lingua. Si sanno altre lingue, si va in vacanza altrove: probabilmente conoscere solo qualche parola di tedesco o avere frequentato qualche corso di grammatica e Small talk per poche settimane non basta.
Ha provato a farlo notare anche Jan Fleischhauer, l'autore del famoso pezzo uscito sull'edizione online di "Der Spiegel". Nell'intervista con Alessandro Alviani pubblicata da "La Stampa", in cui tenta di rispiegare il senso del suo editoriale a un interlocutore italiano che sa molto bene il tedesco, Fleischhauer si sofferma sull'interpretazione forzata dei quotidiani italiani in fase di traduzione e sul fatto che se tutti i lettori italiani sapessero il tedesco, la percezione e le reazioni al suo commento sarebbero state differenti.
Non si tratta di creare sui quotidiani italiani un'immagine diversa, migliore o peggiore, della Germania e dei tedeschi rispetto a quella attuale: si tratta di sforzarsi e provare, da parte delle redazioni, a cercare l'immagine reale di quel posto, della sua politica economica, della sua struttura sociale e culturale. Poi si possono anche avanzare una, due, cento critiche, e magari nel formulare una critica o una domanda proporre una, due, cento alternative. Per questo motivo ci sono gli inviati: basta saper chiedere.
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