Non brilla per chiarezza il recente decreto-legge in materia di semplificazione e di sviluppo (9 febbraio 2012, n.5). Nonostante l’abile assemblaggio della Presidenza del Consiglio, l’eterogeneità delle proposte di ben 10 ministeri (4 proponenti e 6 concertanti: 10 uffici legislativi in azione), l’eccesso di microchirurgia normativa e la relativa contorsione linguistica (taglio-innesto di parole, sostituzione intrecciata di periodi e commi aggiuntivi) hanno prodotto un mosaico di disposizioni (63 articoli, oltre 180 commi) non sempre immediatamente intellegibili ai non addetti ai lavori. Né aiuta l’incompletezza dei riferimenti utili a individuare leggi e regolamenti modificati: salvo rare eccezioni, il decreto riporta solo data e numero dei provvedimenti coinvolti, non il relativo titolo, né quello degli articoli su cui interviene. Ne soffrono comprensibilità del testo, trasparenza del processo legislativo, applicabilità delle norme.

Solo una volta convertito in legge, il decreto verrà ripubblicato sulla Gazzetta Ufficiale coordinato con gli emendamenti del Parlamento e, in nota, stralci delle leggi preesistenti, probabilmente in un “Supplemento”, più costoso della G.U. ordinaria (1 euro): la Legge Salva Italia costa 12 euro. Trattandosi di norme che entrano subito in vigore, però, tutti i cittadini dovrebbero essere posti in grado di valutarne la portata innovativa, prima della sua definitiva approvazione. Si tratta di un’anomalia ricorrente che appare ora meno accettabile da un governo tecnico ritenuto più attento alle regole democratiche. Il rarefarsi dell’edizione cartacea della G.U., un tempo nelle edicole, aggrava il deficit di tempestiva conoscenza delle leggi da parte di chi non sa o non può connettersi a Internet.

Nell’intreccio di competenze tra ministero della Giustizia, che dirige e amministra la Gazzetta Ufficiale, e il ministero dell’Economia e delle Finanze che, attraverso l’Istituto del poligrafico, ne cura stampa e distribuzione, si è innestato anche il ministero della Pubblica amministrazione e dell’Innovazione che, tagliando drasticamente le spese della carta per la comunicazione tra uffici pubblici (art.27 legge 133/08), ha avuto effetti deprimenti sulla platea degli utenti, interni ed esterni alla Pa. Mentre i quotidiani, accanto alle edizioni online hanno mantenuto e rafforzato le edizioni cartacee, molto gradite al pubblico meno giovane, la Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ha progressivamente ridotto l’edizione cartacea (da oltre 60.000 copie alle attuali 2.500) puntando quasi esclusivamente su quella digitale. Così una fetta rilevante di popolazione è menomata del diritto alla corretta informazione e sempre più vulnerabile alla disinformazione.

Per non perdere la fiducia dei cittadini il legislatore, dunque, dovrebbe non solo usare un linguaggio meno criptico ma anche curare di più i propri canali di comunicazione diretta, senza delegare alla mediazione di giornali non sempre scrupolosi e imparziali. Si tratta di promuovere una maggiore diffusione non solo della “Serie generale” della G.U., quella che giornalmente pubblica le leggi approvate dal Parlamento e i decreti emanati dal Capo dello Stato e dal Governo, ma anche delle altre che periodicamente riportano i bandi dei concorsi per il pubblico impiego, le gare e gli avvisi per gli appalti delle amministrazioni dello Stato, le decisioni della Corte Costituzionale, gli atti dell’Unione europea, le leggi regionali: insomma l’insieme degli atti che regolano la vita della nazione.

E se la legislazione è l’output principale della democrazia, la Gazzetta ufficiale, che ne rappresenta il principale veicolo conoscitivo, non può essere a carico del cittadino-contribuente, qualunque siano le modalità di diffusione. La liberalizzazione della distribuzione della G.U., sia quella digitale sia quella cartacea, quest’ultima non più limitata ai pochi abbonati e a un pugno di librerie concessionarie (appena 3 a Roma) ma offerta gratuitamente nelle edicole, supermercati e uffici postali, consentirebbe a chi non accede al web di familiarizzare con l’attività normativa di Governo e Parlamento e delle altre istituzioni pubbliche, con benefici effettivi sulla cultura della legalità e sulla partecipazione politica.