Nei giorni scorsi un articolo di Simonetta Fiori ha messo di nuovo in luce un fenomeno che meriterebbe più attenzione. Tra i Paesi avanzati l’Italia mostra livelli di alfabetizzazione degli adulti molto bassi. Questo significa che, nonostante gli indubbi progressi raggiunti dalla scolarizzazione, le capacità essenziali di lettura e comprensione, scrittura e calcolo sono del tutto insoddisfacenti. Solo il 20% circa degli adulti italiani possiede tali capacità, secondo i dati forniti dalle indagini comparate dell’Ocse. Proprio su questo fenomeno aveva già lanciato un grido di allarme, pochi mesi fa, Tullio De Mauro dalle colonne del «Mulino» (n. 6, 2012). Vale la pena tornarci in questo momento, nel quale il Paese attraversa una delle crisi politiche più gravi della sua storia, ponendoci una domanda: può esserci un nesso tra bassi livelli di alfabetizzazione sostanziale e politica?
Naturalmente, è bene mettere subito le mani avanti. Non c’è da aspettarsi alcun rapporto semplice e diretto tra i due fenomeni. Sarebbe ingenuo e fuorviante ipotizzare semplicemente che bassi standard culturali di base siano la causa principale della cattiva qualità della politica. In questo campo le cose sono molto più complicate.È però legittimo porsi il problema, specie in questo momento. Fortissima è infatti tra l’elettorato l’insoddisfazione per la politica e la critica ai partiti, ma non ci si chiede se e in che misura vi sia una responsabilità degli elettori per le condizioni in cui versa la politica.
Una prima obiezione alla chiamata in causa degli elettori è quella che sottolinea come le loro scelte siano condizionate dall’«offerta» dei partiti. Se l’offerta è bassa non resta che votare «turandosi il naso», oppure non votare o dare un voto di protesta. Questa classica obiezione è forte, ma rischia di voler spiegare troppo e di sgravare più del dovuto gli elettori delle loro responsabilità. Si può invece pensare che, quando gli elettori siano un po’ meglio attrezzati per una valutazione critica dell’offerta delle forze politiche, tenda a essere più limitato il ricorso dei partiti in campagna elettorale a promesse palesemente demagogiche e a ricostruzioni falsate del loro operato, se sono stati al governo. È qui che il basso livello di alfabetizzazione sostanziale può dunque esercitare un’influenza non trascurabile, perché limita la capacità di valutazione e di orientamento degli elettori, li rende più «miopi», più manipolabili e suggestionabili, e dà quindi una maggiore rendita di posizione ai partiti. L’Isfol, per esempio, nell’ambito delle indagini promosse dall’Ocse, ha presentato dei dati che mettono chiaramente in relazione il più basso livello di competenze cognitive in Italia con una minore comprensione delle questioni politiche d’attualità e ancor di più con la sfiducia nelle istituzioni (Isfol, Occasional Paper, n. 9, 2013).
Un altro modo di formulare questa ipotesi che lega bassa alfabetizzazione sostanziale e qualità della politica potrebbe essere quella di guardare ai diversi tipi di voto. Si usa spesso distinguere tra voto di scambio, di appartenenza e di opinione, ai quali si potrebbe aggiungere quello di protesta. Il voto di scambio è esemplificato da un legame di tipo clientelare. Quello di appartenenza è un voto rigido poiché implica un legame tra elettori e partiti che tende a prescindere da una valutazione specifica delle politiche. Il voto di opinione si basa invece maggiormente su una valutazione critica dell’operato e delle promesse delle forze politiche che rende più mobile la scelta elettorale. Anche il voto di protesta si potrebbe considerare un voto di opinione, ma è bene tenerlo distinto perché in questo caso non è la proposta ma appunto la protesta che prevale nella scelta.
Nei Paesi avanzati, la politica – al di là del colore dei governi – riesce a dare risposte relativamente più efficaci ai problemi collettivi quando c’è un serbatoio consistente di voti di opinione che valutano l’operato e la proposta dei partiti e li vincolano maggiormente a una competizione responsabile. Il voto di opinione è dunque un ingrediente cruciale del funzionamento dei sistemi democratici, ma in Italia esso continua a essere troppo basso o tende a esprimersi per lo più nella forma della protesta, come mostrano per esempio le recenti vicende elettorali della Lista Civica di Monti e del Movimento 5 Stelle. La sua bassa diffusione ha anche a che fare, in misura non trascurabile, con l’alfabetizzazione sostanziale dell’elettorato. In questo senso si potrebbe concludere che le responsabilità per la grave crisi in cui ci troviamo non sono solo delle forze politiche ma anche di un elettorato con standard culturali troppo bassi.
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