Scompare con Giorgio Galli, morto ieri a 92 anni, un intellettuale che con il suo impegno scientifico e la costante opera di analisi della cronaca politica ha costituito per oltre mezzo secolo una presenza di grande rilievo nella vita culturale e politica italiana. E per molti anni uno dei più attivi collaboratori della rivista il Mulino e dell’Istituto Cattaneo.
Sul versante scientifico, insieme a Giovanni Sartori, Giorgio Galli è stato una fonte di ispirazione per tutti i politologi che si volevano dedicare all’analisi dei partiti e del sistema partitico italiano. Galli arriva alla scienza politica con un percorso diverso dal mainstream anglosassone. La sua formazione è poliedrica, innervata dalla storia, dalla sociologia e dal pensiero politico. I suoi contributi si indirizzano sia sui singoli partiti con particolare attenzione al Pci (il suo lavoro di ricostruzione della Storia del Partito comunista italiano, 1953, più volte riedito, è uno dei primi ad affrontare aspetti spinosi del partito) e alla Dc (con approccio altrettanto critico), sia sulle dinamiche del sistema partitico prodotte dallo sviluppo politico elettorale e dalle interazioni tra i partiti.
Galli svolge un ruolo cruciale di coordinamento e di indirizzo della ricerca empirica nel momento fondativo degli studi politologici e di sociologia politica, quando co-dirige l'inarrivabile équipe che, all’interno di quell’architrave del gruppo del Mulino delle origini che fu l’Istituto Carlo Cattaneo (di cui Galli divenne presidente nel triennio 1973-1975), a metà degli anni Sessanta contribuì a realizzare la grande ricerca su "La Partecipazione politica in Italia", curando in particolare il volume su Il comportamento elettorale e dimostrando per la prima volta - in sintonia con altri studi internazionali – la continuità delle scelte politiche tra il pre-fascismo e la Repubblica, con riferimento alle zone di insediamento della sinistra e della tradizione confessionale.
A fianco e a seguito di quel lavoro, Galli sviluppa e approfondisce l’analisi del sistema partitico italiano e pubblica con il Mulino due volumi molto importanti, che vanno messi in stretta relazione tra loro, Il difficile governo. Un’analisi del sistema partitico italiano, 1972, che viene dopo il celeberrimo Il bipartitismo imperfetto. Comunisti e democristiani in Italia, 1967. Si tratta di lavori che dimostrano come il sistema partitico italiano sia attraversato da due tensioni costanti che finiscono per ingabbiarlo. Una tensione deriva dalla presenza di formazioni minori - di cui dà conto Il difficile governo – che, grazie al loro “potenziale di ricatto e di coalizione” (come avrebbe detto Giovanni Sartori), a dispetto delle loro dimensioni minuscole, determinano vita e morte dei governi. L’altra tensione riguarda lo stallo prodotto dall’inamovibilità della Dc al centro del sistema, in una posizione dominante non intaccata dagli alleati- di cui però deve costantemente tener conto - e la crescente egemonia del Pci a sinistra; la stabilità della Dc e la crescita del Pci portano a una concentrazione dei voti sui due partiti, insufficiente però per farli governare da soli – al di là della condizione di partito antisistema del Pci e quindi impossibilitato, nelle condizioni geopolitiche date, ad andare la governo. Di qui la fortunatissima formula del “bipartitismo imperfetto”: due grandi partiti senza però possibilità di alternanza.
Pur continuando a lavorare su questi temi – tra l’altro, in occasione delle prime elezioni per il Parlamento europeo Galli pubblicò opportunamente uno studio sui partiti europei - i suoi interessi si orientano verso ambiti più settoriali, solo tangenzialmente connessi con i precedenti lavori. A partire dagli anni Ottanta, infatti, dedica attenzione agli aspetti opachi e “sotterranei” della politica, dal ruolo dell’occultismo nel nazismo alle trame del terrorismo degli anni piombo.
All’impegno accademico e scientifico Galli ha affiancato sia una partecipazione intensa alla vita del Mulino – firmando articoli sulla rivista sin dal 1955 (Problemi di libertà nella cultura sovietica), partecipando a più riprese al Comitato di direzione e assumendo la direzione del “il Mulino” dall’aprile del 1966 al dicembre del 1969; come autore di diversi lavori per la casa editrice, a partire dal 1958 - sia una pionieristica attività di divulgazione. È stato infatti il primo politologo a intervenire nel dibattito pubblico con una rubrica messa a disposizione dal settimanale “Panorama” fin dalla metà degli anni Sessanta: una innovazione nel panorama editoriale e accademico molto in anticipo sui tempi. Così come di rottura rispetto alle tradizioni accademiche fu la sua collaborazione con una pubblicazione sui generis come il “Linus” di Oreste del Buono.
Studioso imprescindibile del comportamento elettorale e dell’evoluzione dei partiti e del sistema partitico fino agli anni Settanta, intellettuale curioso degli aspetti meno noti e praticati, di confine tra le discipline, disponibile come pochi a comunicare e diffondere il suo sapere, presenza pluridecennale nel cuore del mondo del Mulino, Giorgio Galli ha interpretato al meglio il ruolo dell’intellettuale tanto rigoroso quanto aperto al mondo e impegnato nella produzione culturale.
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