Quali conseguenze ha avuto la pandemia di Covid-19 sulla fiducia dell’opinione pubblica italiana nelle principali istituzioni nazionali ed europee? I dati raccolti da Swg tra febbraio e aprile 2020 restituiscono un’immagine chiara: la crisi ha rafforzato la fiducia dei cittadini nel governo e soprattutto nel suo leader; al contrario, la percezione delle istituzioni europee esce fortemente indebolita, seppur non completamente delegittimata.
Il governo e l’uomo solo al comando. A fronte di eventi drammatici e improvvisamente messi a fuoco dalla nazione, la scienza politica ha spesso osservato un incremento della popolarità del leader a capo dell’esecutivo. Tale effetto, noto come rally around the flag (“stringersi attorno alla bandiera”) e generalmente associato all’irrompere di una crisi internazionale nella scena politica domestica, non è estraneo al contesto italiano durante l’attuale pandemia. Dai dati in nostro possesso, illustrati in Figura 1, risulta evidente come non si tratti solamente di un semplice aumento di popolarità, ma di un vero e proprio rafforzamento della fiducia degli italiani nei confronti del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Nel dicembre 2019, la fiducia nel premier Conte aveva raggiunto il suo nadir dagli inizi della sua avventura politica. Da fine febbraio 2020, all’insorgenza dei primi focolai di infezione in Lombardia e Veneto, si può osservare un notevole incremento della fiducia in Conte, che cresce sino a raggiungere il 60% lo scorso 13 aprile. Come evidenziato in Figura 2, tale valore supera il livello massimo di gradimento riscosso dal premier a pochi mesi dall’inizio del suo primo mandato (settembre 2018). Anche il governo nel suo complesso ha beneficiato di un effetto bandwagon innescato dal suo leader, registrando un aumento del livello di approvazione per il suo operato proporzionalmente superiore a quello sperimentato da Giuseppe Conte. Tale variazione, tuttavia, non ha consentito all’esecutivo, almeno sino ad oggi, di raggiungere i valori di sostegno espressi dall’opinione pubblica italiana per il suo premier.
Per contestualizzare questo trend può essere utile fare alcune comparazioni. Una prima comparazione è con le valutazioni dei precedenti governi e dei relativi leader. I nostri dati (Figura 2) mostrano chiaramente che la popolarità dei presidenti del Consiglio è quasi sempre superiore a quella dei governi da loro diretti e che entrambi i governi Conte hanno avuto una popolarità media superiore a quella dei governi Renzi, Letta e Gentiloni.
Una seconda comparazione, utile a capire quanto la fiducia degli italiani sia un effetto “collaterale” della crisi pandemica, può essere fatta distinguendo il sostegno alle istituzioni di governo espresso dagli elettori dei vari partiti e confrontando i loro atteggiamenti prima e dopo l’emergenza Covid-19. Prevedibilmente, come illustrato nella Figura 3, il passaggio dal primo governo Conte, a maggioranza M5S-Lega, al secondo governo Conte, con il Pd subentrato al partito di Matteo Salvini, coincide con un’inversione nei livelli di fiducia espressi dagli elettori di Pd e Lega (e in misura minore FdI). Più interessante è osservare come la percentuale di elettori del Carroccio simpatetici verso Conte risalga dai minimi di dicembre 2019 al 17% del 9 marzo 2020, per arrivare quasi a un quarto dell’elettorato leghista (23%) lo scorso aprile. Sono simili, seppur con percentuali inferiori, i livelli di approvazione di Conte tra gli elettori di FdI e FI in questo periodo. Tale dato rafforza l’interpretazione secondo cui il Covid-19 ha rappresentato per il premier e il governo nazionale un’occasione per rafforzare in modo trasversale la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e, per effetto di ciò, incrementare il proprio gradimento tra l’elettorato.
L’Europa è sotto accusa, ma non tutto è perduto. Parallelamente al processo di ricompattamento nazionale intorno al governo e al suo leader, assistiamo invece a un brusco calo di sostegno per l’Ue. Nel corso degli ultimi dieci anni la percentuale di intervistati che nutre molta o abbastanza fiducia verso la Bce, la Commissione e l’Unione europea nel suo complesso ha raramente superato la soglia del 50%. La pandemia sembra aver ulteriormente acuito questa generale mancanza di stima nei confronti delle istituzioni europee.
Esplicativo di questa tendenza è il dato riportato in Figura 4 (per il giudizio post Covid-19 la rilevazione è del 1° aprile 2020; per il giudizio pre Covid-19 si fa riferimento a rilevazioni dell’11 settembre 2019 per la Bce, del 18 dicembre 2019 per la Ue e del 5 febbraio 2020 per la Commissione europea). La fiducia per le istituzioni europee cala in modo trasversale tra gli elettori di tutti i partiti, siano essi al governo o all’opposizione. Tuttavia, e questo spiega l’entità del crollo, i margini di erosione sono, comparativamente, maggiori tra gli elettori dei partiti più europeisti. Tra gli elettori del Pd la fiducia per la Commissione europea crolla di 49 punti percentuali in poche settimane, e simili variazioni, ancorché meno marcate, si hanno anche per la Bce e per l’Ue nel suo complesso.
Non tutto però è perduto per chi ritiene che l’Europa debba continuare a rimanere l’orizzonte politico e strategico del nostro Paese. A fronte del brusco calo di fiducia per le principali istituzioni europee, resta nella maggioranza degli italiani la convinzione – scossa sicuramente, ma non dissolta – che sia indispensabile consolidare, piuttosto che indebolire, l’Ue. Alla domanda su quanto fosse “oggi importante rafforzare l’Unione europea”, il 1° aprile 2020 più di due terzi degli italiani intervistati (65%) rispondevano che era molto o abbastanza importante, il 25% che lo era poco o per niente e il 10% non aveva un’opinione a riguardo. Questo giudizio, non molto diverso da quello offerto all’inizio della crisi pandemica, è condiviso anche da una maggioranza di elettori leghisti (58%) e di Fratelli d’Italia (52%). Combinato questo dato con il 70% degli elettori di Forza Italia, il 74% di quelli del M5S e il 94% del Pd, che auspicano un rafforzamento dell’Ue, si può intuire come non tutto sia compromesso per l’Europa in Italia.
Conclusioni. Ci sembra inopportuno e alquanto avventato lanciarsi in affermazioni perentorie sull’impatto, a giudizio di qualcuno “stravolgente” (Stephens, 26 marzo 2020), della pandemia da Covid-19 sulla politica democratica. Tuttavia, è indubbio che un primo risultato sia stato ottenuto. L’opinione pubblica italiana manifesta un maggiore attaccamento e un’accresciuta fiducia nelle istituzioni nazionali, mentre esprime una certa disaffezione nei confronti di quelle europee, seppur auspicandone un rafforzamento. Questo fenomeno non è omogeneo nell’elettorato e appare fortemente condizionato dall’avversione degli elettori leghisti verso il secondo governo Conte. Si conferma inoltre quanto sappiamo circa la reazione dell’elettorato all’insorgere di situazioni di crisi: quando l’incertezza si fa strada nella vita quotidiana delle persone e le abitudini vengono scosse in forme profonde e inattese, lo Stato resta il principale riferimento al quale rivolgersi, anche per un popolo, come quello italiano, solitamente riluttante a identificarsi con le proprie istituzioni.
La seconda considerazione che l’esperienza italiana sembra suggerire è che una risposta nazionale non coincide inevitabilmente con un rafforzamento delle pulsioni sovraniste. Il fatto che perfino gli elettori di Lega e Fratelli d’Italia siano pronti a concedere al governo Conte un certo credito nella gestione dell’emergenza e non trascurino di sottolineare l’importanza dell’Europa segnala il successo del complesso e delicato equilibrio tra esigenze democratiche e imperativi sanitari ricercato da molti governi europei, incluso quello italiano. Forse, e dopo tutto, l’epoca delle democrazie liberali non è destinata a finire stritolata tra l’autoritarismo tecnocratico cinese e il negazionismo da villaggio Potëmkin della Russia di Putin.
[Hanno contribuito alla stesura di questo articolo Linda Basile, Mattia Guidi, Pierangelo Isernia, Sergio Martini e Francesco Olmastroni per il Circap e Rado Fonda e Alida Spurio per il Swg]
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