Unire i puntini. È l’invito di Steve Jobs agli studenti di Stanford per scoprire, guardando al passato, il disegno che dà un senso alla vita. Qui si tenta un esperimento: scoprire i puntini che stanno concretizzando il federalismo in Italia, senza esprimersi sull’esistenza di un disegno.
Ciascuno avrà modo di giudicare. Ma intanto i punti vanno identificati, operazione che nessuno ha tentato nonostante se ne avverta il bisogno: il Parlamento, al buio di informazioni, ha fatto ricorso alla forza di una norma – legge di bilancio 2018, comma 883 – per chiedere alla Commissione tecnica sui fabbisogni standard (Ctfs) una relazione entro l’anno sullo stato di attuazione del federalismo fiscale, con «particolare riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni e al funzionamento dello schema perequativo».
A nove anni dalla legge 42/2009 che attuava la riforma federalista inserita in Costituzione nel 2001, insomma, c’è il sospetto che qualcosa non stia filando per il verso giusto. In attesa della relazione della Ctfs, ecco alcuni elementi – poco più di una dozzina di punti – con informazioni finora mai presentate tutte insieme. Nessuno dei fatti riportati è mai stato smentito, persino i più inverosimili, come che per costruire gli asili nido dove mancano si danno risorse in proporzione agli iscritti agli asili che ci sono.
Primo puntino: la buca nell’asfalto. In Italia ci sono 130 mila chilometri di strade provinciali e la loro manutenzione lascia molto a desiderare. Colpa di tagli alle province che la Corte dei Conti ha definito «manifestamente irragionevoli», decisi con progressione aritmetica (1 miliardo nel 2015, 2 miliardi nel 2016, 3 miliardi nel 2017), senza tenere conto del costo minimo indispensabile per la manutenzione: dai verbali della Ctfs risulta che nessuna stima è stata effettuata.
E così per manutenere i 26 mila chilometri di strade statali, gestite dall’Anas, ci sono 2,2 miliardi l’anno, mentre per i 130 mila chilometri di provinciali appena 700 milioni. In compenso si è stabilito al centesimo come devono ripartirsi i (pochi) soldi gli enti in base a una formula che tiene conto di tre indici: lunghezza delle strade, presenza di aree montane, traffico.
[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 1/18, pp. 125-133, è acquistabile qui]
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