Ormai da diversi anni l’Italia vive uno dei periodi più sofferti della sua storia. Anche da prima della grande crisi, redditi e benessere non aumentano più; la società appare frammentata, disillusa, pessimista; la politica incapace di offrire prospettive, visioni solide di più lungo periodo. Si ha l’impressione che le grandi promesse scaturite dai cambiamenti degli ultimi anni del secolo scorso siano state tradite. Si parla sempre più non solo di crisi, ma di declino. Emerge la nostalgia del bel tempo andato.

Ma le cose stanno davvero così? È davvero il nostro un Paese che ha smarrito risorse e progetti per un possibile rilancio? Che giace apatico nell’attesa di eventi salvifici? Capace solo di produrre inguardabili risse da cortile televisive? Difficile a dirsi. Per un paradosso dei nostri tempi, più ogni giorno ci ritroviamo sommersi da numeri sull’economia, la società, la politica, più abbiamo una visione sfocata dell’Italia. Frutto della crisi è anche l’incapacità di analizzarci e studiarci davvero per quel che siamo. Di capire quella che è davvero l’Italia di oggi, al di là di ciò che appare dalle modeste rappresentazioni di cui disponiamo. Di «come stanno» gli italiani; di quel che pensano e sperano.

Questo è certamente un periodo in cui i dati medi, le situazioni medie, dicono poco. Nell’economia imprese stanche e passive vivono fianco a fianco di aziende innovative; gruppi sociali immersi nella rendita, e incapaci di investire nel futuro incrociano fenomeni di dinamismo culturale e partecipativo; vecchi slogan, o italiche scopiazzature di ricette miracolose già sperimentate altrove si sovrappongono a sperimentazioni di grande interesse, a nuove politiche. In ogni condominio, si può trovare una famiglia Rossi, che attende la pensione dei genitori e vede i figli emigrare o vivacchiare con lavoretti scadenti, e una famiglia Bianchi, che giorno dopo giorno lavora e investe per costruirsi un futuro diverso.

Infine. Da sempre il nostro Paese è la somma di realtà territoriali assai diverse. Certo per livelli di benessere e di sviluppo, secondo una geografia ben nota. Ma anche per clima sociale, per voglia o meno di costruire, per capacità o meno di riprendere un cammino interrotto. La distribuzione territoriale dei Rossi e dei Bianchi non è scontata.

È partendo da queste semplici riflessioni, da questi interrogativi, che abbiamo deciso di promuovere un «viaggio in Italia». In mancanza di un grande viaggiatore narratore, avremo tante istantanee, fornite da profondi conoscitori di decine e decine di luoghi diversi del nostro paese, da Bolzano a Ragusa; che proveremo poi a ricostruire e a rimettere insieme con fili comuni. Per provare a capire «come sta l’Italia» attraverso uno sguardo alle cento Italie. Per ricostruire questi vent’anni: in cui sembra che nulla sia cambiato e invece tanto, tantissimo, è diventato diverso, nel bene e nel male; raccontando così situazioni e fenomeni di difficoltà ancora più forte, ma anche esperienze di cambiamento, per quanto faticose e parziali. Disillusioni e progetti. Senza occhiali colorati, rosa o neri che siano; ma con una lente attenta per provare a capire quel che davvero siamo diventati. E quello che, nella percezione che ci deriva dal nostro vivere quotidiano, ci aspettiamo dal nostro futuro.

 

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