Il governo delle menzogne. Il movimento universalmente noto come #Resistgezi (in turco Direngezi) aveva compiuto da poco le due settimana di vita, quando nella notte di sabato 15 giugno è stato brutalmente attaccato e disperso. Una grande operazione di polizia, con centinaia di  lacrimogeni, idranti e gas chimici. Le strade di Istanbul sono state chiuse, il trasporto pubblico bloccato. I manifestanti in fuga rincorsi fin dentro il grande albergo di piazza Taksim, l’Hotel Divan. Anche l’ospedale tedesco che sorge nelle vicinanze dove erano stati soccorsi alcuni feriti è stato attaccato. (Secondo alcune testimonianze, frammista all’acqua sparata dagli idranti ci sarebbe stato anche dell’acido che avrebbe ustionato diversi manifestanti, ma si tratta di un’informazione da verificare.)

È almeno dall’11 giugno, da quando cioè al parco Gezi e in altre città della Turchia si sono registrati forti scontri tra polizia e manifestanti, che dovrebbe essere chiaro a tutti che non si poteva avere più fiducia nel governo di Ankara, né nelle sue promesse e nelle sue dichiarazioni. Fin dall’inizio della protesta il governo ha fatto della disinformazione e del silenzio imposto a gran parte della stampa un’arma politica, manipolando le poche notizie che filtravano sui motivi della resistenza. È un punto importante sul quale è bene soffermarsi. La manipolazione dell’informazione ha ottenuto, almeno all’inizio, un grande impatto sull’opinione pubblica ed è divenuta una costante nelle strategie comunicative di Erdogan e della sua parte politica, il Partito della giustizia e lo sviluppo (Adalet ve Kalkınma Partisi,Akp). Al punto che l’esecutivo è stato ribattezzato sui social-network e sui principali organi di informazione indipendenti “il governo delle bugie di Erdogan”. Per capire il grado di manipolazione messo in atto dall’Akp attraverso i suoi slogan: “Noi siamo il partito del popolo” e “Noi rappresentiamo la maggioranza”, vediamo quali sono state, fino ad oggi, le principali falsità diffuse attraverso i mezzi di comunicazione.

La prima, evidente menzogna è stata la dichiarazione di Erdogan secondo cui un gruppo di manifestanti, attaccati e feriti durante uno dei primi scontri e poi rifugiatisi nella moschea di Dolmabahce,  avrebbero portato con sé bevande alcoliche, consumate poi all’interno del luogo sacro. Per compattare la parte conservatrice dell’elettorato e porre in pessima luce i dimostranti, Erdogan ha insistito molto su questo punto, sottolineando più volte che costoro avrebbero “bevuto alcolici nella nostra moschea”. Una seconda bugia del partito di governo, che ha avuto un grande impatto sulla parte dell’opinione pubblica più nazionalista, è stata quella secondo la quale i manifestanti di Gezi avrebbero bruciato la bandiera turca. Il sindaco di Ankara, Melih Gökcek, ha poi affermato che all’interno delle tende del Parco Gezi “accadeva ogni sconcezza” e che i manifestanti erano persone senza morale. A questa serie di dichiarazioni si è aggiunta la notizia di presunti pestaggi da parte dei manifestanti contro donne velate che si trovavano per caso nei pressi del parco. Infine, la menzogna più consistente, riguardante l’attesa del pronunciamento dell’Alta corte di giustizia e il referendum sul destino del Paco Gezi.

La reazione a queste provocazioni è stata forte, anche se gli occupanti del Parco sono stati costretti a difendersi dalle accuse per cercare di dimostrarne l’infondatezza. Un importante gruppo di donne con il velo ha diffuso un comunicato nel quale afferma di essere parte della resistenza, mentre l’imam della moschea di Dolmabahce ha smentito la notizia in merito alla presunta profanazione del luogo e ha affermato che la Moschea è stata occupata soltanto allo scopo di dare assistenza ai feriti.

Sono solo pochi esempi, indicativi però di quanto alto sia il livello dello scontro politico e sociale in atto a piazza Taksim. Del resto, la manipolazione dell’informazione si è intensificata in seguito agli attacchi della polizia a partire dall’11 giugno, quando si è parlato di “trattative in corso” tra manifestanti e governo. In realtà, il gruppo di persone che il 12 giugno si è incontrato con il governo non è stato riconosciuto come rappresentativo da Gezi e solo la delegazione del 13, che aveva aperto negoziati con il governo, aveva avuto mandato dalla piazza. In ogni caso i negoziati si sono conclusi senza concessioni accettabili da parte del govern: le richieste del movimento sono state respinte e per questo la delegazione ha deciso di continuare l’occupazione e la resistenza.

Nel suo intervento di sabato Erdogan ha bollato come marginali i manifestanti e ha dichiarato illegittima l’occupazione, lasciando intendere che si prospettava un nuovo intervento della polizia, sebbene non a breve. Fino ad oggi, la sua ultima menzogna.