Città cortigiana, ma anche anarchica, Parma. Ossia conservatrice, però ciclicamente esplosiva, rivoluzionaria. E’ successo nel secolo scorso con le barricate antifascsiste del ‘22 e nel ’98, quando, con la diaspora a sinistra di Mario Tommasini, più di 40 anni di “Parma rossa” furono archiviati. Dal nascente civismo, poi replicato a Bologna. Con la fondamentale differenza, però, che mentre la giunta Guazzaloca ha ballato una sola legislatura la giunta di Civiltà parmigiana è durata per tre. Quasi quattordici anni, prima di esplodere e implodere per effetto di un debito colossale e di spettacolari operazioni giudiziarie. «Parma come Catania», azzardò qualche giornale nazionale, nei giorni in cui (l’estate scorsa) gli indignados di Parma cominciarono a darsi appuntamento sotto i portici del Comune, battendo le pentole, come in altri tempi in Cile e Argentina, e chiedendo le dimissioni del sindaco Vignali e della sua Giunta.
È dunque da una rivolta di piazza e da una fine anticipata (e traumatica) di legislatura che sono scaturite queste elezioni amministrative. Ma più dei toni (poco aggressivi), sono i dieci candidati, sostenuti da venti liste, l’espressione di un’estrema frammentazione politica. Che concede la sensazione che, comunque vadano, saranno elezioni sorprendenti. Anche se c’è un vincitore già designato dai sondaggi: Vincenzo Bernazzoli, attuale presidente della Provincia e candidato del Pd, ma con l’appoggio dell’Unione industriali: fatto inedito. Così come lo sfidante al ballottaggio: l’ex sindaco Elvio Ubaldi, che si ripropone con uno slogan «Ritorno al futuro» che è un programma. Per l’assonanza con l’omonimo film, una fantacommedia, e per l’ambiguità del messaggio. Dai più letto come “andata al passato”. Tutto parrebbe dunque già (pre)scritto. Ma in realtà ci sono alcune incognite che lasciano immaginare situazioni inedite. Anzitutto l’astensionismo. Al momento si parla di una percentuale del 30/40 per cento (sarebbe il record assoluto di non votanti alle amministrative). Ma questo astensionismo, la cui maggiore quota sarebbe a carico del centro-destra, imputato numero uno del disastro comunale, potrebbe avere come risultato la vittoria al primo turno di Bernazzoli. Il quale avrebbe veramente da temere, in caso di ballottaggio, solo un concorrente: il candidato del Movimento a cinque stelle. Un esito remoto, da scommessa, ma che alcuni opinion maker locali non considerano impossibile. E che i partiti tradizionali, o quel che di loro resta, temono maggiormente.
Al comizio del comico, il 24 aprile, c’erano quasi cinquemila parmigiani in piazza. Un numero che pur depurato di curiosi e gente richiamata dallo spettacolo, nemmeno i big nazionali calati in città hanno lontanamente avvicinato. Si consideri poi la formidabile copertura mediatica che Grillo riverbera su rappresentanti locali sino a ieri quasi sconosciuti e quasi tutti piuttosto giovani. Quindi perfetti per catalizzare voto (bipartisan) di protesta e giovanile. Soprattutto ora che la Lega sta franando. Ma è la moltiplicazione di liste, classificabili come civiche, sia a sinistra sia a destra (da Parma unita dell’assessore uscente Roberto Ghiretti a Parma bene comune di Roberta Roberti, leader degli indignados parmigiani), che potrebbe produrre un generale livellamento al ribasso di voti e preferenze, dal quale i “grillini”, sospinti dal vento fortissimo dell’anti-politica, potrebbero emergere. E così accedere alla sfida finale.
Fantapolitica, certamente. Fatto sta che le stime sul Movimento a cinque stelle nel giro di poco meno di un mese sono passate dal 4% al 10%. Il dato che però si impone è che nessuno azzarda previsioni e tutti esprimono auspici. Tanto che l’unica certezza è un interrogativo: chi dei due dell’alleanza civica di centro destra che ha amministrato Parma per tre legislature, ma che si è liquefatta, non arriverà al ballottaggio? Chi fra l’ex sindaco Ubaldi e l’ultimo vicesindaco Buzzi (Pdl), ora nemici giurati, soccomberà?
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