Domenica 16 ottobre si è aperto a Pechino il XX Congresso del Partito comunista cinese (Pcc). L’evento, che ricorre ogni cinque anni, è il più importante appuntamento politico del Paese. Alla presenza di circa 2300 delegati, giunti a rappresentare i 96 milioni di iscritti al Pcc provenienti dalle diverse realtà politico-territoriali del Paese (sebbene il loro ruolo sia meramente cerimoniale), durante il Congresso vengono nominati i massimi organi di potere del Partito, e in particolare il Segretario generale e il Comitato permanente del politburo. Quanto avviene al Congresso non riguarda soltanto il futuro del Pcc, ma ha implicazioni su ogni dimensione politica nazionale. La Repubblica popolare cinese è infatti governata da un regime politico d’impronta leninista in cui il vertice della gerarchia di potere è occupato dal Pcc, a cui le istituzioni statali sono subordinate. Si può dunque cogliere l’importanza di questo evento per il sistema politico cinese, in particolare alla luce dei processi interni e internazionali in cui la Cina è coinvolta nella fase attuale. In politica interna, l’ultimo decennio ha registrato una significativa torsione autoritaria; in politica estera, la Cina si è mostrata più ambiziosa e assertiva, mentre Europa e Stati Uniti hanno posto in essere un approccio particolarmente critico nei confronti di Pechino, portando le relazioni tra Cina e Occidente a livelli di semi-alienazione.
All’interno di questi processi, centrale è stato il ruolo di Xi Jinping: leader del Pcc, Presidente della Repubblica e capo della Commissione militare centrale dal 2012-2013, Xi giunge al XX Congresso alla fine del suo secondo mandato. Rispetto ai suoi predecessori, Xi si è fatto interprete di un nuovo modo di rappresentare ed esercitare il potere. Le sue sorti politiche saranno al centro del XX Congresso, ma il futuro sembra già segnato in tal senso. Con una mossa inedita, infatti, nel marzo del 2018 è decaduto il limite dei due mandati presidenziali, meccanismo introdotto nei primi anni Ottanta dal leader Deng Xiaoping per scongiurare le derive nell’acquisizione del potere che avevano caratterizzato la seconda fase del maoismo. Se il conferimento di un terzo mandato a Xi pare ormai fuori di dubbio, non tutto quanto emergerà dal XX Congresso è certo. Orientamenti e decisioni saranno fondamentali per comprendere più dettagliatamente quanto radicato sia oggi il potere di Xi e come la Cina si proietta verso i prossimi cinque anni.
Centrale è stato il ruolo di Xi Jinping: leader del Pcc, Presidente della Repubblica e capo della Commissione militare centrale dal 2012-2013, Xi giunge al XX Congresso alla fine del suo secondo mandato
Nella prima giornata del Congresso, Xi ha presentato il rapporto sui risultati ottenuti dal Pcc nel corso del suo secondo mandato (2017-2022), sottolineando in particolare i successi ottenuti in termini di lotta alla povertà (ufficialmente “sconfitta” nel 2021), sicurezza nazionale e politica internazionale. Il contenimento del Covid-19 e le relazioni con Hong Kong e Taiwan hanno pure occupato uno spazio centrale. Il leader cinese ha espresso soddisfazione rispetto agli sviluppi in corso a Hong Kong e ribadito che la Cina sostiene la riunificazione pacifica con Taiwan, ma non rinuncerà al ricorso alla forza in caso di accelerazioni separatiste da parte dell’isola. Rispetto alla governance del Partito, Xi ha esortato a mantenere unità e determinazione ad agire, a garantire la “pulizia” all’interno del Partito e a tenere alta la guardia contro “il tumore” della corruzione. Riguardo a tale rapporto, nei prossimi giorni saranno chiamati a esprimersi i delegati presenti.
Acclarata la permanenza di Xi al vertice del sistema politico cinese anche a seguito del XX Congresso, per comprendere il consolidamento del suo potere bisognerà attendere l’ufficializzazione delle nomine al Comitato permanente del politburo, massimo organo di direzione politica dopo il Segretario generale. Sebbene sia comunemente descritto come un regime monolitico, quello cinese è un sistema in cui convivono anime e interpretazioni politiche differenti, seppure tutte si muovano dentro e non oltre la cornice rappresentata dal Partito. Con queste premesse, la composizione del Comitato permanente fornirà il quadro degli equilibri di potere e dei rapporti di forza vigenti. L’organo è infatti estremamente ristretto (comprende tra i cinque e i nove componenti), e l’ingresso o la conferma di personalità strettamente collegate a Xi costituirebbe il segnale di un ulteriore consolidamento dell’influenza dell’attuale Segretario generale all’interno del regime politico cinese. Pare ormai certa l’uscita dal Comitato permanente del Premier Li Keqiang, seconda carica dell’organo e figura incaricata degli affari economici del Paese. Stessa sorte potrebbe toccare a Wang Huning, considerato “l’ideologo” della visione politica di Xi. Non marginali sono i sospetti che il loro allontanamento sia dovuto all’acquisizione di maggiore potere e da parte delle due figure nei confronti di Xi. Di contro, la permanenza di Zhao Leji e Wang Yang, e l’ingresso di Chen Min’er nel Comitato permanente rappresenterebbero il segnale di un accresciuto peso specifico da parte di Xi. Wang, in particolare, potrebbe essere nominato Premier, ottenendo dunque un ruolo preminente per la direzione economica del Paese.
Sebbene sia comunemente descritto come un regime monolitico, quello cinese è un sistema in cui convivono anime e interpretazioni politiche differenti, seppure tutte si muovano dentro e non oltre la cornice rappresentata dal Partito
Anche in tema di economia, il Congresso definirà i punti cardinali che guideranno il modello cinese per i prossimi cinque anni. Quella economica è una dimensione particolarmente delicata per il Pcc: con la fine del maoismo, infatti, la capacità del Partito di garantire alla popolazione migliori opportunità di vita grazie allo sviluppo economico è stato un elemento centrale per assicurarsi legittimità politica. Tuttavia, l’economia cinese non può più garantire i livelli di crescita degli scorsi decenni e si trova ad affrontare una fase di grande incertezza determinata non soltanto dagli shock dovuti all’instabilità internazionale (pandemia, guerra in Ucraina), ma anche a criticità emerse di recente (domanda interna debole, aumento della disoccupazione, crisi del mercato immobiliare) come risultato di processi strutturali e di medio-lungo periodo. In questo quadro, la composizione del Comitato permanente sarà cruciale per comprendere se la Cina manterrà un paradigma orientato al frequente intervento dello Stato negli affari economici (approccio seguito da Xi) o si muoverà nella direzione di una maggiore libertà del mercato. Anche in questo caso, l’affermazione di una frangia o dell’altra contribuirà a mettere in luce lo stato di salute del potere di Xi.
Più limitati appaiono, infine, i dubbi relativi agli scenari politici che attendono la Cina dopo il Congresso. Seppure il suo gradiente di concentrazione possa essere soggetto a parziali variazioni, potere e influenza di Xi si sono ormai imposti come una realtà consolidata nel sistema politico cinese. La visione politica di Xi, come si è detto, ha dato vita a politiche interne più marcatamente autoritarie e ha proiettato più assertivamente la Cina sul piano internazionale. In questo quadro, per la società cinese si è imposto un nuovo patto sociale per cui la leadership non può più garantire una crescita economica sostenuta a tutti i costi, e nel contesto internazionale si sono manifestate frizioni e criticità preoccupanti (in questo caso, è bene ricordarlo, le responsabilità sono variamente distribuite da Occidente a Oriente). Parallelamente, all’interno della Cina sono emersi problemi sociali ed economici che contribuiscono a nutrire l’instabilità del sistema. Sebbene al momento non si scorgano sfide capaci di mettere in discussione la legittimità del Pcc, e quindi in grado di rappresentare alcun elemento di crisi per lo status quo, nei prossimi cinque anni Xi dovrà affrontare fattori di instabilità sistemica significativi, nonché un ambiente internazionale ostile, almeno per quanto attiene all’emisfero occidentale. È probabile che i vecchi paradigmi si rivelino inadeguati o insufficienti per affrontare le sfide dei prossimi anni. Sulla capacità di elaborare nuove visioni politiche si gioca il futuro di Xi e della Cina.
Riproduzione riservata