Il cavallo sfrenato che sta nel simbolo di Storia Patria potrebbe esser giunto alla fine della sua corsa. Il centocinquantesimo anniversario dell’unità nazionale rischia infatti di portarsi via una delle più importanti eredità intellettuali che il processo di creazione dello Stato italiano ha lasciato a Napoli: dopo quasi centoquarant’anni di servizio, la Società Napoletana di Storia Patria sta per fare bancarotta. Potrebbe dover chiudere la sua biblioteca (la più importante raccolta italiana di libri sul Mezzogiorno), licenziare i suoi dipendenti e smettere di pubblicare il glorioso «Archivio storico per le provincie napoletane». E, per prolungare l’agonia, potrebbe esser presto costretta a vendere parte del suo patrimonio. La Società ha perso via via i suoi finanziatori: lo Stato, immemore delle sue membra; la Regione Campania, immemore di se stessa. Il più importante, e cioè il Comune di Napoli, paga il suo contributo (che copre circa i tre quarti del bilancio) con anni di ritardo: ad oggi non è ancora arrivato quello del 2008. Così, Storia Patria è costretta a indebitarsi con le banche (che, patriotticamente, lucrano sul denaro anticipato), in un processo di avvitamento finanziario che sembra arrivato al suo epilogo. E così, l’istituzione che custodisce la biblioteca municipale ‘Vincenzo Cuomo’ e che è presieduta, onorificamente, dallo stesso sindaco di Napoli, sta per morire.
E allora, si dirà? Cosa può aggiungere questo nuovo, piccolo lutto al lutto enorme e devastante di Gomorra? Sepolti vivi dai rifiuti, stremati dalla crisi economica, in una situazione politica da crollo dell’impero, cosa può importarci di Storia Patria? Sarà un problema di quei quattro inutili umanisti che ci sono asserragliati, professori polverosi incapaci di salvare la loro stessa università. E poi, a cosa serve la storia?
Già, a cosa serve la storia? Tra i moltissimi che se lo sono chiesto, ha un posto speciale Marc Bloch, uno dei grandi storici europei. La sua risposta è l’Apologia della storia (o Mestiere di storico), uno dei libri più belli, appassionanti e commoventi del ventesimo secolo. Esso assume un valore tutto speciale quando si ricordi che è stato scritto tra il 1941 e il ’43, mentre la Francia era occupata dai nazisti e il suo autore era forzatamente lontano dai suoi libri e dai suoi studenti. Il libro non è finito perché Bloch, «che avrebbe potuto semplicemente nascondersi, si gettò nella Resistenza» (Lucien Febvre). Il 16 giugno del 1944 venne fucilato.
Bloch dice innanzitutto ciò che la storia non è: non è «la scienza del passato». L’oggetto della storia non è il passato: «è l’uomo, o meglio gli uomini». La storia è la «scienza degli uomini nel tempo», la scienza che, «senza posa, necessita di unire lo studio dei morti a quello dei viventi». Allora si capisce perché Bloch amasse citare una frase meravigliosa di Henri Pirenne: «Se fossi un antiquario, non avrei occhi che per le cose vecchie. Ma io sono uno storico. È per questo che amo la vita».
La Società Napoletana di Storia Patria non è un tempio della scienza del passato: è un luogo dove si esercita, si coltiva, si amplifica quell’amore per la vita. Il suo compito, ancora secondo le parole ispirate di Bloch, è quello di «aiutarci a vivere meglio».
Chiudere oggi Storia Patria vorrebbe dire «infliggere alla nostra umanità una ben strana mutilazione». Per l’austerità dovuta alla crisi economica, dobbiamo forzatamente rinunciare a molte cose e a molte sicurezze. Sarebbe, però, tragicamente sbagliato decidere di rinunciare anche alla conoscenza degli uomini nel tempo: che non è un lusso, ma l’unica speranza di riscatto dalla condizione presente. Se vogliamo gettarci anche noi nella resistenza, la storia ci serve almeno quanto serviva a Marc Bloch.
Il cavallo che corre senza freno è un antico simbolo di Napoli stessa. Il motto della Società, che lo accompagna, recita: «Patriae moderatur amore». Vuol dire che Napoli si governa, si regola, si modera solo con l’amore per Napoli. Regole, moderazione, amor di patria: nella Napoli nel 2011 c’è forse qualche altra cosa che ci sia più necessaria?
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