Un Paese non è mai identico né all’immagine che dà di sé verso l’esterno, né a quella che si fa di se stesso. Per quanto ciò possa sembrare scontato, è invece proprio nel senso di un appiattimento sull’immagine che tendiamo a interpretare ciò che caratterizza il vissuto di altre nazioni. A questo ci spingono le procedure di semplificazione indotte dalla comunicazione di massa e la puntualità occasionale del nostro interesse per ciò che accade in esse. Quasi come se il momento delle elezioni politiche rappresentasse l’unico indicatore su cui misurare la realtà e gli orientamenti di un altro Paese. Indice, questo, non solo di un’attenzione superficiale, ma anche di una tendenziale riduzione della comprensione della qualità civile della convivenza democratica fra i molti al solo gesto di voto dei cittadini nell’urna del loro immediato futuro.

Fra tutte le nazioni europee è proprio la Germania che fa fatica a uscire da questo intricato gioco di specchi che la incolla alla propria immagine, per quanto quest’ultima possa distorcerne la realtà. Cercare di cogliere alcune delle faglie interne che distaccano l’immagine dal vissuto effettivo del Paese può essere d’aiuto per una più accurata percezione di cosa sia oggi la Germania.

Prendiamo come punto di partenza proprio l’intrigo di immagini in cui essa rischia di rimanere invischiata. Perché è come se la Germania fosse avvinta da una sorta di percezione mistificante e, al tempo stesso, rassicurante che impedisce di cogliere alcune delle dinamiche che la strutturano. Ne risulterà un piccolo quadro di una condizione assai più complessa rispetto a un’immagine che, sovente, funziona come una vera e propria rimozione di realtà scomode o troppo ingombranti per essere palesate in tutta la loro portata. In questo senso, l’immagine della Germania è anche l’approdo di un rimosso coltivato con cura a diversi livelli della vita sociale, culturale e politica del Paese.

Vi è qualcosa di sé che la Germania non può dire, agli altri e a se stessa, per poter essere quello che appare davanti agli occhi di tutti.

 

[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 1/17, pp. 75-82, è acquistabile qui]