L’8 di ottobre un nuovo testo sulle Unioni civili omosessuali è stato presentato dai senatori del Partito democratico in Commissione Giustizia. Con tutta probabilità salterà l’esame in Commissione, e sarà presentato direttamente in aula, senza relatore, verso metà ottobre. Il vecchio testo-base Cirinnà, fortemente ispirato dai movimenti Lgtb, delineava un istituto giuridico molto simile al matrimonio, non solo per gli aspetti patrimoniali, quasi a voler minimizzare la sentenza della Consulta 138/2010, che chiede al Parlamento di legiferare sulle unioni omosessuali, ma senza equipararle al matrimonio, alla luce della loro mancata valenza procreativa.
Il vecchio testo-base è stato discusso per ore e ore in Commissione Giustizia, vittima dell’ostruzionismo dei senatori di Area Popolare. Questi ultimi hanno dato voce ad alcuni autorevoli esponenti della gerarchia cattolica, oltre che di gruppi cattolici certamente minoritari, ma caratterizzati da alta capacità di mobilitazione, come s’è visto in occasione della manifestazione di Piazza San Giovanni del 20 giugno 2015. In tale occasione il tema delle Unioni civili è stato diluito – con abilità comunicativa – all’interno della lotta contro la cosiddetta teoria gender e contro la «Buona scuola», riuscendo in tal modo a far presa in molte aree del Paese. Su queste posizioni, Area Popolare è sostanzialmente allineata alla Lega e a Forza Italia, anche se con qualche sfumatura.
Nello stesso tempo, i senatori di Sel e del Movimento 5 Stelle (e alcuni ex M5S) hanno più volte manifestato la loro disponibilità a votare il testo-base – chiedendo anche di inserire la discussione nel calendario d’aula – in coerenza con altre tematiche libertarie da loro sostenute, come la legalizzazione della cannabis, ma anche per inserire un cuneo all’interno della maggioranza di governo e dello stesso Pd.
Infine, un gruppo di senatori Pd (fra cui chi scrive) hanno presentato alcuni emendamenti al vecchio testo-base, per far sì che le Unioni civili corrispondessero realmente a quanto suggerito dalla Consulta, creando un istituto giuridico del tutto nuovo, che desse le massime garanzie ai due partner e agli eventuali figli di uno dei due, ma senza fattispecie presenti nell’istituto coniugale in quanto sede della procreazione.
La dirigenza del Pd ha cercato da un lato una mediazione con Area Popolare, dall’altro un accordo fra le diverse sensibilità interne al partito. Questo tentativo si è concretizzato anche nell’inserimento in Commissione Giustizia del senatore Tonini. La nascita del nuovo testo e il “salto” del passaggio in commissione sono il segnale del parziale fallimento di questa mediazione. Area Popolare, almeno per ora, preferisce tenere alto il vessillo dell’intransigenza, valutando di averci tutto da guadagnare, sia in caso di vittoria che di sconfitta.
Tuttavia, la mediazione di queste settimane non è stata inutile. Alcune novità del nuovo testo-base sono frutto della mediazione interna al Partito democratico: l’impossibilità di contrarre l’unione civile tra minorenni; la mancata instaurazione di un vincolo di affinità verso i parenti del partner e quindi il venir meno del relativo obbligo alimentare; la possibilità di stabilire patti tra le parti relativi alle questioni patrimoniali, in deroga al normale regime previsto nel matrimonio; l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole in quanto genitori e non in quanto unione civile; la mancata conservazione del cognome del partner nel caso di vedovanza.
Inoltre, nel nuovo Ddl è stato inserito come premessa un emendamento da noi proposto e già approvato – con l’astensione di Area Popolare – in Commissione Giustizia, dove l’unione civile tra persone dello stesso sesso viene qualificata come “specifica formazione sociale”, con evidente riferimento all’articolo 2 della Costituzione, così come suggerito esplicitamente dalla citata sentenza della Consulta.
Che accadrà ora? L'approdo in aula senza relatore e senza l'appoggio pieno del Governo lascia larghi spazi alla mediazione che, vista la delicatezza del tema, dovrebbe essere priva di ideologia e strumentalità, veramente orientata a migliorare il testo. Due importanti aspetti sono ancora oggetto di discussione.
Il primo è la situazione giuridica del figlio naturale di uno dei due partner rispetto all’altro partner dello stesso sesso. Il nuovo testo mantiene la stepchild adoption, ossia la possibilità di adottare quasi in automatico il figlio del partner. All’interno del Pd, anche fra chi ha firmato il testo in Commissione, ci sono forti dubbi su questa soluzione. Lo stesso accade fra gli italiani, che secondo i sondaggi sono in larga parte favorevoli alle Unioni civili omosessuali, ma sono invece molto più dubbiosi quando si parla di figli. Inoltre, come abbiamo già detto, per sua natura il nuovo istituto giuridico delle Unioni civili omosessuali si caratterizza per la mancanza della funzione genitoriale condivisa. Una proposta, concretizzata da emendamenti già presentati in Commissione che saranno riproposti in Aula, propone una nuova forma di affido, concesso dal giudice senza necessità di conferma biennale e senza un rapporto continuativo con i servizi sociali. Questo affido rafforzato si trasformerebbe in adozione in caso di pre-morienza del genitore naturale, e – ovviamente con il consenso del giovane – al compimento del suo diciottesimo anno. Tale soluzione avrebbe il vantaggio di garantire al bambino tutti i diritti, ma senza violare il principio di realtà, per cui un bambino non può essere generato da due persone dello stesso sesso.
Il secondo punto è il titolo 2, che regola le convivenze affettive sia etero che omosessuali, per le coppie che non intendono accedere al matrimonio o all’Unione civile. Si tratta di un lungo articolato, che non è mai stato oggetto di discussione approfondita né in Commissione né all’interno del Partito democratico, che presenta numerosi aspetti controversi. Solo per fare un esempio, non si comprende bene quando la convivenza ha inizio, né le conseguenze della sua conclusione. La cosa più sensata – anche per evitare soluzioni affrettate su un tema molto complesso – è quella di stralciare questa parte, concentrando il Ddl sulle sole Unioni civili omosessuali.
Infine, i senatori di Area Popolare assieme a quelli di Lega e Forza Italia hanno proposto un emendamento che renda “reato universale” la gravidanza surrogata. Le coppie italiane che fanno uso di questa pratica all’estero sono in grandissima parte eterosessuali. Quindi, al di là del merito, questo tipo di emendamento non sembra pertinente in un Ddl dedicato alle Unioni civili omosessuali. Tuttavia, poiché questa pratica solleva forti dubbi sul rispetto della dignità della donna “portatrice”, e poiché in molte parti del mondo le gravidanze surrogate seguono effettivamente logiche di mercato, potrebbe essere opportuno introdurre regole che dissuadano quanti vogliono cercare la gravidanza surrogata all’estero, garantendo però nel contempo al bambino frutto di questa pratica il diritto di crescere in un contesto affettivamente ricco e stabile. Non è facile, ma anche su questo tema sarà necessario trovare un compromesso fra i diritti di tutti i soggetti, italiani e stranieri, a partire dai più deboli.
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