Il tema rischia di rimanere marginale, anche come oggetto di dibattito, in una estate segnata drammaticamente dal disastro del crollo del ponte Morandi a Genova e poi da quello del Pollino, oltre che dalla piena presa di potere del ministro degli Interni nella gestione muscolare del fenomeno migratorio, contro le norme nazionali e internazionali e nella afasia totale del presidente del Consiglio e il silenzio, sia pur vigile, del presidente della Repubblica. Eppure, tra una minaccia e l’altra contro l’Europa, i migranti, i cattivi politici del passato, questo governo ha trovato anche modo di fare annunci in tema di politiche per la famiglia.

Le politiche della famiglia nel nostro Paese avrebbero effettivamente bisogno di una grande opera di riordinamento, per superare frammentazione, doppioni e vuoti  che si sono venuti accumulando in decenni di interventi occasionali. Occorre innanzitutto un riordino dei trasferimenti per i figli – assegni al nucleo, detrazioni fiscali, assegno per il terzo figlio, bonus vari, detrazioni fiscali. E urge una politica di investimento educativo a partire dalla prima infanzia, che contemperi i bisogni di conciliazione lavoro-famiglia dei genitori, in particolare delle madri, con il rafforzamento delle pari opportunità tra bambini, per contrastare gli svantaggi per lo sviluppo dovuti all’origine di nascita. L’obiettivo del nido gratis, annunciato da Di Maio a inizio estate sull’onda di un provvedimento simile preso a Berlino, andrebbe in questa direzione, ma solo se integrato da una forte espansione del numero dei nidi, specie al Sud, garantendone la qualità. Sarebbe l’attuazione della norma della legge sulla «buona scuola» che ha inserito anche i nidi a pieno titolo nei servizi educativi per la fascia 0-6, da garantire in modo universale, come la scuola primaria. Tra l’altro avrebbe anche l’effetto di ampliare la domanda di lavoro, specie femminile. Altrimenti diventerebbe un privilegio per quel 12% che attualmente trova posto, oltretutto con enormi squilibri tra Centro Nord e Mezzogiorno.

Mentre si aspettano notizie precise sul fronte nidi, il “nuovo che avanza” nelle politiche per la famiglia sembra piuttosto un ritorno all’antico. Così, per non lasciare dubbi circa il motivo per cui il settore della famiglia sia stato affidato a un ministro, Lorenzo Fontana, che non nasconde la sua ostilità alle famiglie composte da coppie dello stesso sesso, il ministro dell’Interno emette una circolare per costringere gli uffici anagrafici a smentire le informazioni in proprio possesso quando si tratta di rilasciare la carta di identità a bambini e ragazzi cui i tribunali hanno riconosciuto di avere genitori dello stesso sesso. Secondo Salvini, infatti, la dizione generica e inclusiva “genitore” non va bene e occorre tornare a “padre” e “madre”. Se uno ha due genitori, ma dello stesso sesso, risulterà quindi orfano di quello del sesso mancante.

Più ambiziosa ancora, nel ritorno al passato, la proposta di legge quadro sulla famiglia depositata da 15 parlamentari leghisti, tra cui il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Da un lato, allarga il concetto di figlio al “concepito”, che verrebbe a far parte del nucleo famigliare già prima di nascere, producendo punteggio per la sua futura famiglia utile ai fini di accedere a benefici vari. Dall’altro, restringe il riconoscimento della famiglia con figli titolare di diritti a quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Solo a questa saranno destinate le nuove (e sempre frammentarie) misure di sostegno immaginate: dal prestito agevolato per l’acquisto della prima casa all’assegno per i figli per i primi tre anni, a un assegno annuale per l’acquisto di servizi. Nella loro furia iconoclasta per (ri)stabilire quale sia la vera, unica famiglia, e per salvaguardarne a ogni costo il fondamento eterosessuale, i parlamentari leghisti fingono di ignorare ciò che è sotto gli occhi di tutti nella vita di tutti i giorni e in tutte le cerchie sociali. Non ci sono solo i figli delle coppie dello stesso sesso. Nascono bambini fuori dal matrimonio (uno ogni tre), anche se per lo più all’interno di una convivenza. Separazioni e divorzi coinvolgono un ampio numero di bambini che, anche quando vedono regolarmente entrambi i genitori, non vivono contemporaneamente con entrambi. E l’eventuale nuovo marito della mamma e nuova moglie del papà non sono i loro genitori “naturali”, anche se si prendono cura di loro. Ci sono bambini che hanno un solo genitore effettivo e altri che sono cresciuti da zii o nonni. Rifiutando diritti ai loro genitori, o a chi in ogni caso se ne assume la responsabilità, in nome della “famiglia naturale”, in realtà si discriminano loro, i bambini, con buona pace della retorica pronatalista. Come gran parte dei pronatalisti di cultura sovranista/nazionalista, interessano solo i “bambini giusti”, con i genitori “giusti”. Per gli altri – figli di stranieri non cittadini Ue, di coppie dello stesso sesso, di madri sole, di conviventi non sposati e via elencando – nulla, o solo lo stretto indispensabile: non si può (ancora) escluderli dalla sanità pubblica e dalla scuola dell’obbligo, ma forse dal (futuro) nido gratis, oltre che dall’accesso all’edilizia popolare e ai prestiti agevolati, ci si può provare. Che imparino a nascere nel modo giusto e da genitori giusti.

 

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