L’analisi che Carlo Trigilia ha offerto sul numero 2 del «Mulino» della «crisi di rappresentanza» del Pd è impeccabile. Se nel Pd si avviasse finalmente una seria riflessione sulle radici della sconfitta elettorale del 4 marzo (e poi anche di quella delle recenti elezioni amministrative), il testo di Trigilia dovrebbe essere assunto come base per una discussione che aspirasse ad andare oltre le desolanti schermaglie quotidiane a cui invece stiamo assistendo.
Vorrei qui sviluppare un solo punto. «Come sono state possibili perdite così consistenti?», si chiede Trigilia; «e come è potuto accadere che un fenomeno di questa portata non sia stato adeguatamente percepito dai sensori che un partito dovrebbe avere a livello territoriale?». Questi interrogativi «chiamano in causa l’adeguatezza dell’organizzazione oltre che della strategia – un tema piuttosto trascurato nei commenti». Trigilia ha perfettamente ragione: un tema di grande rilievo, anche ai fini di una possibile ripresa politica della sinistra, è proprio questo, ossia il peso (molto negativo) che ha avuto la forma organizzativa del Pd e lo «stato del partito» (come si diceva un tempo).
Nel 2009, chi scrive propose «un’analisi critica dello statuto del Pd» all’interno di un volume curato da Gianfranco Pasquino (Il partito democratico. Elezione del segretario, organizzazione e potere, Bononia University Press). In quel momento, con il Pd ai suoi primi passi, l’analisi si soffermava sui nodi irrisolti del modello di partito delineato nello statuto e ne metteva in luce le ambiguità e le possibili diverse direzioni di sviluppo; oggi, dopo dieci anni, abbiamo di fronte gli esiti e gli effetti dell’impianto teorico e politico con cui fu concepito il nuovo partito. E la domanda a cui rispondere è molto precisa: il Partito democratico, così com’è oggi, è frutto della mancata o distorta realizzazione del modello originario? È frutto delle sue promesse non mantenute? O, piuttosto, la crisi grave e indubitabile di questo partito è il frutto delle premesse stesse con cui questo partito era stato immaginato, e degli effetti perversi e/o imprevisti di un modello che era stato concepito secondo altre finalità?
[L'articolo completo è pubblicato sul "Mulino" n. 4/18, pp.611-619, in uscita il 20 settembre prossimo]
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