Pur non avendo mai governato a livello nazionale, il Movimento 5 Stelle domina la scena politica e il dibattito pubblico da ormai diversi anni. Questo è sicuramente dovuto al gradimento di cui gode tra gli elettori, ma anche alla diversità di un simile soggetto politico rispetto ai partiti tradizionali. Sebbene molte siano le analisi che hanno messo in evidenza i problemi di questo movimento (il controllo esercitato da Grillo e Casaleggio, il populismo dei suoi messaggi, la diffusione di informazioni false, l’uso plebiscitario delle votazioni online), si è prestata meno attenzione al modo in cui i 5 Stelle operano in quanto partito all’interno del sistema democratico (un’importante eccezione è rappresentata da A. Floridia e R. Vignati, Deliberativa, diretta o partecipativa? Le sfide del Movimento 5 stelle alla democrazia rappresentativa, «Quaderni di sociologia», 65, 2014, pp. 51-74).
A tale proposito è innegabile che i pentastellati, soprattutto dopo la realizzazione della piattaforma Rousseau, abbiano rafforzato l’idea di una partecipazione diretta e non mediata da parte dei membri del partito alle sue principali decisioni, e che questo rappresenti una profonda innovazione rispetto alle forme più consuete della politica. Questo tipo di organizzazione è spesso letto come espressione tipica di un populismo plebiscitario e anti-partitico, in cui vengono eliminate le intermediazioni della politica attraverso l’identificazione irriflessa di un popolo con il suo capo (N. Urbinati, Democrazia in diretta, Feltrinelli, 2013). Tuttavia, qui vorremmo provare a leggere il fenomeno da un punto di vista diverso, mettendo in luce due aspetti spesso sottovalutati. In primo luogo, questa piattaforma è uno strumento di partito perché si rivolge (a differenza ad esempio delle primarie del Pd) a chi è «iscritto» al Movimento 5 Stelle e non a tutti gli elettori, riconoscendo, quindi, il ruolo di intermediazione tra cittadini e istituzioni e il carattere «di parte» che sono propri dei partiti. In secondo luogo, il «modello Rousseau » si prefigge di coinvolgere i membri del Movimento 5 Stelle non solo attraverso un plebiscitarismo passivo che si esercita sulla selezione dei candidati, ma attribuendo loro il potere di definire le stesse proposte politiche, assicurando quindi che gli iscritti abbiano un impatto sul dibattito pubblico e sul processo decisionale.
Sebbene sia vero che queste forme di coinvolgimento hanno attualmente dei limiti rilevanti (proprietà della piattaforma da parte della Casaleggio Associati e interventi poco trasparenti nelle procedure di voto), il modello di partito a cui si ispirano è volto ad assicurare un maggior potere agli iscritti. Si potrebbe quindi ritenere che, una volta corrette le attuali falle antidemocratiche del metodo, un modello del genere meriti di essere perseguito e ottimizzato.
[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 5/17, pp. 760-769, è acquistabile qui]
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