Il rumore delle vicende pubbliche e private del presidente del Consiglio continua ad assordarci. I giornali e le televisioni grondano di notizie su ogni parola, su ogni sussurro e grido dell'indiscusso protagonista. Il quale, a sua volta, interviene a ruota libera su qualsiasi argomento, sicuro che non mancheranno gazzettieri solerti pronti a rilanciare il verbo.
Una banale analisi dello spazio occupato sulla stampa quotidiana dalle dichiarazioni di Silvio Berlusconi dal 2006 ad oggi, ovvero in tempi di governo e di opposizione, dimostra ad abundantiam lo stato di occupazione permanente esercitato dal presidente.
Ma questa overdose berlusconiana non sembra provocare alcuna crisi di rigetto. Anzi, per mantenere in equilibrio il sistema le dosi devono crescere continuamente, e non per nulla la presa della Rai consentirà di alzare ancora il livello di somministrazione di notizie a proposito delle vicende pubbliche e private di Berlusconi.
Il kombinat di potere economico, mediatico e politico nelle mani di un solo individuo dovrebbe scandalizzare e inquietare tutti i liberal-costituzionali – per riprendere una definizione di Nicola Matteucci – cioè tutti coloro che dovrebbero essere attenti alla lezione di Alexis de Tocqueville sui pericoli della degenerazioni della democrazia e della concentrazione del potere. Perché invece ciò non accade? Innanzitutto per effetto dell’assuefazione. Dopo quindici anni durante i quali nulla è stato fatto in merito al conflitto di interessi – e quanti sono stati gli ingenui convinti che il Cavaliere stesso l’avrebbe risolto! – si è sfiniti, stanchi di ripetere le stesse cose, mentre l’altro va beato e tranquillo per la sua strada irridendo coloro che sollevano il problema. Al punto che quasi nessuno ne parla più. Chi ancora lo fa suscita un moto di fastidio: non se ne può più, ancora questa storia… Tuttavia, occore ricordare che l’assuefazione è il primo segnale del cedimento di un sistema. Mutatis mutandis, si torna al vecchio motto: quel che è reale è razionale. Il resto sono ubbie di intellettuali invidiosi, senza donne belle e giovani al fianco.
Accade così, che anche notizie che in altri momenti sarebbero apparse come rilevanti, quale il declassamento dell'Italia da parte della Freedom House da Paese con stampa "libera" a Paese con stampa "parzialmente libera", scompaiono rapidamente dall’orizzonte del dibattito politico. In pratica, siamo considerati al pari di Hong Kong, che vive sotto l’occhiuto controllo della Cina comunista. Una situazione inquietante. Ma anche a questo ci abitueremo, così come ad altro, poiché oramai quasi nessuno si cura più di problemi astratti e astrusi come l’indipendenza dei media. L'ennesimo editto del presidente del Consiglio a proposito di quella aula sordida e grigia che va modificata a furor di popolo affinché il governo possa finalmente lavorare sarà accolto dagli osanna dei teleplaudenti. Ecco un nuovo assaggio della salsa venezuelana con cui verrà “condito” il nostro Paese.
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