Le immagini finali dell’ultimo discorso dell’ex primo ministro giapponese Shinzō Abe (1954-2022), mostrate continuamente da tutti i principali canali televisivi giapponesi, rimarranno a lungo impresse nella memoria collettiva del Paese. L’assassinio di Abe a due giorni dalle elezioni per la Camera alta ha inevitabilmente causato enorme scalpore in un Paese dove i crimini per arma da fuoco sono estremamente rari e dove Abe era una delle figure pubbliche più note, essendo stato il primo ministro più a lungo in carica della storia giapponese recente e per anni volto del principale partito di maggioranza, il Jiyūminshutō o Jimintō, il Partito Liberal Democratico (Pld) giapponese. Come ha scritto questa mattina l’opinionista del quotidiano «Yomiuri Shimbun», «probabilmente non c’è nessuno che non conosca il volto, la voce e il modo di parlare di Abe».
Venerdì 8 luglio Abe si trovava in una zona tranquilla della città di Nara, nel Giappone occidentale, dove stava contribuendo alla campagna elettorale del Partito Liberal Democratico in vista delle elezioni per il rinnovo dei membri della Camera dei consiglieri, la Camera Alta della Dieta giapponese. Intorno alle 11 e 30 è stato colpito al petto e al collo: un uomo gli si è avvicinato lentamente da dietro, ha estratto un’arma dalla propria borsa a tracolla e ha sparato due volte, prima di essere arrestato senza opporre troppa resistenza. Trasportato con un elicottero di emergenza in un ospedale locale, al suo arrivo, intorno alle 12 e 20, Abe non dava già più segni vitali. Alle 17 e 03 ne viene confermato il decesso per una perdita di sangue causata dal danneggiamento di un’arteria.
L’attentatore è il quarantunenne Tetsuya Yamagami, originario di Nara ed ex membro delle Forze marittime di autodifesa del Giappone. Yamagami, che da giorni seguiva le notizie sulla campagna elettorale, ha dichiarato di essere insoddisfatto dell'ex primo ministro Abe e di avergli puntato contro l’arma con l'intenzione di ucciderlo, ma ha anche affermato che il suo gesto non è stato provocato da rancore per il suo credo politico bensì per presunti legami di Abe con una setta religiosa. Yamagami è visibile in alcune immagini riprese poco prima dell’attentato mentre ascolta tra il pubblico il discorso di Abe, applaudendo con il resto degli astanti; nella grossa borsa a tracolla avrebbe tenuto nascosta l’arma del delitto, un fucile a canne mozze costruito in casa. Nell’appartamento nel centro di Nara in cui viveva Yamagami, la polizia ha poi trovato alcune armi esplosive costruite dall’arrestato.
Shinzō Abe è stato la figura probabilmente più influente e riconoscibile della storia politica giapponese recente, primo ministro due volte – tra il 2006 e il 2007 e il 2012 e il 2020 – e presidente negli stessi anni del conservatore Partito Liberal Democratico. Figlio di un ex ministro per gli Affari esteri (per il Pld) e nipote di un ex primo ministro, Abe gravita naturalmente verso la politica e, non ancora trentenne, sulle orme del padre inizia una carriera che in pochi anni lo porterà da una posizione di segretario privato del presidente del Consiglio generale del partito a essere eletto nel 1993 come rappresentante del primo distretto della Prefettura di Yamaguchi, lo stesso posto che era stato del padre. La scalata verso i vertici del Pld continua con la nomina a membro del Comitato per gli Affari esteri della Camera dei rappresentanti e, dal 2000 al 2003, a vicecapo segretario di gabinetto nei gabinetti Mori e Koizumi, fino alla nomina nell’aprile del 2006 come presidente del Pld, seguita dall’elezione nel settembre dello stesso anno come primo ministro, il più giovane dalla fine della guerra.
La carriera di Abe come primo ministro ha rappresentato un periodo di stabilità politica dopo anni di governi brevi, ma è stata punteggiata da scandali e controversie
La carriera di Abe come primo ministro ha rappresentato un periodo di stabilità politica dopo anni di governi brevi, ma è stata punteggiata da scandali e controversie. Il suo atteggiamento conservatore e ultranazionalista in politica estera e numerose accuse di negazionismo dei crimini di guerra giapponesi nella Seconda guerra mondiale hanno reso più volte difficile il rapporto con i governi di Cina e Corea. Sul fronte interno, i risultati non eccezionali dell’ambiziosa politica economica da lui promossa, ribattezzata «Abenomics», e gli scandali per favoritismo che lo hanno coinvolto insieme alla moglie hanno gravato sul livello del consenso popolare. Anche l’approvazione durante il suo mandato della «Legge di pace e sicurezza» (2015), che reinterpreta l’articolo 9 della Costituzione del dopoguerra aggirandone il contenuto fortemente pacifista, e i suoi continui appelli per un aumento del budget per la difesa gli hanno attirato critiche da più fronti. Nonostante queste controversie, le correnti rivali interne al Pld e i deboli partiti di opposizione non sono mai riusciti a detronizzare Abe, che è rimasto alla guida del Partito e del Paese fino al 2020, quando si è ritirato per motivi di salute lasciando campo libero al suo storico braccio destro Yoshihide Suga. Dopo la rinuncia alla carica di primo ministro, Abe ha mantenuto una forte influenza nel partito, diventando leader della sua principale fazione interna.
L’assassinio di Abe è stato subito accostato dai media giapponesi ad altri celebri attentati politici che hanno segnato la storia del Giappone moderno. Nel turbolento periodo che va dalla fine della cosiddetta «Democrazia Taishō» (1912-1926) allo scoppio della Seconda guerra mondiale, in un clima di crescente tensione politica si susseguono una serie di attentati e tentativi di colpo di Stato. Nel 1921, un militante di estrema destra pugnala il primo ministro Takashi Hara, mentre nel 1930 un giovane estremista nazionalista spara al primo ministro Osachi Hamaguchi, che morirà per le ferite riportate l'anno successivo. Nel 1932 il primo ministro Tsuyoshi Inukai viene ucciso nel suo ufficio da un gruppo di ufficiali della marina in rivolta.
Nel 1936 avviene il caso più celebre, passato alla storia come «Incidente del 26 febbraio» (Ni-ni roku jiken), quando un gruppo di giovani ufficiali dell’Esercito giapponese tenta un colpo di Stato occupando il centro di Tokyo e assassinando i due ex primi ministri Makoto Saitō e Takahashi Korekiyo. Nel dopoguerra, due attentati nel 1960 sono il segno più tangibile della tensione intergenerazionale nel clima caldo delle proteste di quegli anni contro il trattato di sicurezza nippo-americano: nel primo attentato, non mortale, l’ex primo ministro – e nonno materno di Abe – Nobusuke Kishi viene pugnalato sei volte per motivi mai del tutto chiariti; il secondo più celebre attentato è invece l’omicidio ripreso dalle telecamere della tv nazionale del leader del Partito socialista giapponese Inejirō Asanuma. La celebre foto di Yasushi Nagao che ritrae l’istante in cui Asanuma viene pugnalato con una spada giapponese dall’estremista diciassettenne Otoya Yamaguchi è rimasta una delle immagini più forti ed emblematiche degli anni Sessanta. Altri attacchi non mortali nei confronti di politici, compresi due ai primi ministri Miki e Hosokawa, avvengono nel 1975, 1990, 1992 e 1994. Infine, nel 2007, il sindaco di Nagasaki Icchō Itō è stato assassinato dal capo di una gang criminale locale.
Antieroe ribelle e romantico che agisce per una causa nobile ma utopica o patetico emarginato sobillato da politici senza scrupoli, in Giappone l’attentatore politico è inevitabilmente diventato il soggetto di numerose opere letterarie e cinematografiche. Scrittori e cineasti hanno capito la potenzialità che ha questa figura di catalizzare ed esplicitare le tensioni sociali e politiche di un’epoca, mentre il pubblico si è sempre mostrato interessato a ricostruzioni più o meno romanzate degli eventi sia in prosa che come fumetto. Yukio Mishima, uno dei più importanti autori del dopoguerra, ha sublimato la sua fascinazione per i giovani che tentarono colpi di Stato negli anni Trenta in opere come La voce degli spiriti eroici, A briglia sciolta e Patriottismo (da cui lo stesso Mishima ha tratto un noto mediometraggio), descrivendo i congiurati come giovani puri e ribelli destinati a sacrificarsi per il loro ideale.
Da un’opposta prospettiva ideologica, dopo l’assassinio di Asanuma il futuro premio Nobel Kenzaburō Ōe ha ritratto con sottile ironia gli ambienti di estrema destra degli anni Sessanta con Seventeen e il suo seguito Morte di un giovane militante, che provocò alla sua pubblicazione l’invio di minacce di morte ad autore ed editore. Esattamente quarant’anni dopo, sulla scia di Ōe, Kazushige Abe ha scritto Nipponia Nippon, ritratto impietoso di un giovane aspirante attentatore, un ragazzo emarginato che cerca un gesto rivoluzionario per riscattare un’esistenza priva di scopo ma che resterà vittima della sua stessa inadeguatezza. Se in film come Nihon ansatsu hiroku (Note segrete su assassini giapponesi, 1969) o Dōran (La rivolta, 1980) gli attentatori e i sovversivi dell’anteguerra sono a volte ritratti in una luce meno critica, che ne enfatizza l’idealismo e la giovanile irrequietezza, nei casi più recenti l’attentatore è descritto come un reietto, un patetico emarginato che non sa o non vuole integrarsi, che non dimostra alcun eroismo nel suo gesto. Questo sembra essere il destino dell’uomo che ha sparato ad Abe, il cui gesto è già descritto dalla stampa giapponese come «codardo» («Asahi»), «un’assurda sfida alla democrazia» («Mainichi») e «una vile soppressione della libertà di parola» («Yomiuri»).
La libertà di parola e opinione e il tempismo dell’omicidio a ridosso delle elezioni ha acceso il dibattito sulla sicurezza e sui possibili rischi per il funzionamento dei processi democratici nel Paese
Proprio la libertà di parola e opinione e il tempismo dell’omicidio, che ha interrotto un discorso politico a ridosso delle elezioni, ha acceso il dibattito sulla sicurezza e sui possibili rischi per il funzionamento dei processi democratici nel Paese, che si inserisce in un periodo di forte indebolimento dello yen e di nuove tensioni territoriali con Cina e Russia. Il premier Kishida, dell’area moderata – «liberal» – del Pld, dopo che questo venerdì ha perso il suo più grande rivale politico all’interno del proprio partito, ha dichiarato: «Spero che ogni cittadino pensi attentamente a come difendere la democrazia nel nostro Paese. Chiedo che tutti collaborino insieme per proteggere la democrazia» («Asahi»). L’assassinio di Abe di venerdì potrebbe avere una certa influenza sulle elezioni di oggi, favorendo un partito conservatore che promette sicurezza e portando gli indecisi ai seggi per un voto «di solidarietà» per il già favorito Pld.
Riproduzione riservata