A distanza ormai di diverse settimane dai ballottaggi per le elezioni comunali, l’attenzione dei media, dell’opinione pubblica e degli attori politici si rivolge progressivamente al referendum costituzionale del prossimo ottobre, che viene sempre più percepito come un banco di prova decisivo per le sorti politiche dell’attuale governo, e in particolare di Matteo Renzi. Nonostante all’appuntamento con le urne manchino ancora alcuni mesi, la macchina comunicativa di oppositori e sostenitori della riforma si è già attivata, abbracciando sia la sfera tradizionale dei comitati locali, sia quella virtuale del web, nello specifico dei social media. All’interno di questo contesto, il nostro obiettivo è quello di effettuare un monitoraggio periodico della temperatura del dibattito sulla piattaforma Twitter. Quest’ultima, infatti, in quanto dotata di una struttura interattiva che favorisce fortemente lo scambio di opinioni tra soggetti che non si conoscono direttamente, si pone come un punto d’accesso privilegiato per l’osservazione delle dinamiche comunicative tra elettori e rappresentanti. Senza la pretesa di predire il risultato del referendum, l’analisi longitudinale delle conversazioni su Twitter potrebbe permettere di capire se e in che misura, nel corso del tempo, i quesiti posti dalla riforma vengano inquadrati, tanto dai comuni utenti quanto dagli «imprenditori politici» sul web, nei termini di un giudizio sull’operato del governo e sulla figura di Matteo Renzi.
In questo contributo cercheremo di gettare un primo sguardo su come gli utenti di Twitter si stanno orientando in relazione al referendum costituzionale di ottobre. A questo fine abbiamo optato per una strategia analitica che combina due metodi di raccolta dati differenti, consentendo una migliore analisi del dibattito online. Per prima cosa grazie all’utilizzo della piattaforma web hashtagify.me, che consente di misurare la popolarità complessiva di un hashtag, sono stati individuati i due principali hashtag utilizzati nel dibattito sul referendum: #BastaUnSi, utilizzato dai favorevoli alla riforma, e #IovotoNo, usata dai contrari. Successivamente sono stati scaricati tutti i tweet prodotti tra il 10 ed il 21 giugno che includono almeno uno di questi due hashtag. Usando i dati forniti da hashtagify.me, mostriamo il livello di popolarità di questi due hashtag, calcolato in una scala da 1 a 100 lungo un arco temporale di un mese e mezzo, dal quale traspare in modo netto come #IovotoNo sia costantemente più utilizzato rispetto al #BastaUnSi. Tale dato potrebbe in qualche modo riflettere il maggiore successo delle opposizioni nel mobilitare consenso in rete in questa prima fase di campagna. D’altra parte, come si nota nel grafico, #BastaUnSi ha fatto la propria comparsa online solo di recente, in occasione dell’apertura ufficiale della campagna referendaria, avvenuta intorno alla metà di maggio, mentre l’hashtag #IoVotoNo era già attivo da alcuni mesi. Quest’ultimo potrebbe quindi aver beneficiato del vantaggio competitivo dato dalla popolarità maturata in un periodo precedente.
Ma chi sono gli utenti che interagiscono utilizzando i due hashtag chiave della campagna referendaria? Per rispondere a tale domanda abbiamo deciso di prendere in considerazione solo i post più recenti, risalenti al periodo compreso fra il 10 ed il 21 giugno. Tra queste date sono stati prodotti 13.136 tweet inerenti al referendum, e all’interno di questo corpus sono stati rilevati 1.784 tweet contenti l’hashtag #BastaUnSi e 11.352 con hashtag #IoVotoNo. Considerando i venti utenti più attivi per ciascun hashtag è possibile notare come ad attivarsi per il «Sì» siano stati principalmente utenti legati, a qualche titolo, alle istituzioni, e nello specifico al Partito democratico. Questi comprendono per lo più deputati, senatori, politici locali o account specificatamente legati alla campagna referendaria. È invece possibile notare come nel campo del #IoVotoNo la presenza di account legati a professionisti della politica sia quasi inesistente. Analizzando dunque il confronto fra le opposte fazioni su Twitter, nel periodo osservato sembra configurarsi una dinamica di «popolo vs élite», in cui una serie di utenti di varia estrazione, provenienti dall’area politica del «No» (principalmente Cinquestelle e Lega) riescono a sviluppare un’importante volume comunicativo, a fronte di una performance modesta dei pro «Sì», essenzialmente riconducibili al Partito democratico.
Per dare una rappresentazione grafica di tali aspetti ci siamo serviti di un grafico a bolle, che permette una visualizzazione piuttosto intuitiva della composizione e dell’attuale volume comunicativo dei due fronti referendari. Gli utilizzatori dell’hashtag #BastaUnSi sono indicati in colore rosso, mentre quelli a supporto di #IoVotoNo appaiono colorati in azzurro. Inoltre, più grande è la bolla che li rappresenta, maggiore è il numero di volte che essi hanno digitato l’hashtag di riferimento. Come si può facilmente notare, il sostegno al «Sì» non ha al momento assunto una configurazione virale, ed è anzi essenzialmente assicurato da un nucleo coeso di account utilizzati da utenti politici riconducibili al Partito democratico. Inoltre, come sempre succede su Twitter a causa della struttura del mezzo, è necessario segnalare come fra gli utilizzatori dell’hashtag #BastaUnSi vi siano alcuni utenti dichiaratamente schierati per il «No», i quali utilizzano l’hashtag del «Sì» per inserirsi conflittualmente nella discussione dell’avversario politico.
Come già riportato in precedenza, un secondo aspetto rilevante nella diatriba sul referendum è il livello di personalizzazione del dibatto, visto il profilo comunicativo mantenuto dal premier su questa specifica issue. È dunque legittimo domandarsi se nel discorso online circa il referendum sia rintracciabile un riferimento diretto al premier, nel quale il sostegno o l’opposizione alla riforma equivalgano a sostegno od opposizione a Renzi. A questo riguardo si veda un secondo grafico a bolle, in cui viene data la rappresentazione grafica di chi viene citato all’interno dei corpus di tweet relativi a #BastaUnSi e #IoVotoNo e con quale frequenza. Nello specifico, l’account con maggior numero di menzioni, rappresentato dalla bolla più grande, è quello di Matteo Renzi. Dunque sembra prendere sostanza l’ipotesi che, almeno nell’arena di Twitter, il dibattito sia effettivamente centrato sul capo del governo.
In conclusione, quello che è possibile intuire da questi primi dati è la netta contrapposizione fra due blocchi strutturalmente diversi: quello pro «Sì» composto da account afferenti al Partito democratico, mentre quello pro «No» espressione di una più variegata schiera di utenti. Il conflitto, almeno a oggi, sembra svolgersi ad armi impari, poiché il fronte del «No» riesce a sviluppare una molto maggiore presenza comunicativa. Continueremo a monitorare questo dibattito, seguendo quella che sembra configurarsi come una lunga campagna estiva.
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