Cara rivista “il Mulino”,
ti confesso che in questi anni più volte ho pensato di tornare a scriverti, ma ho sempre accantonato l’idea. Ora leggo che il nuovo governo, presieduto dal giovane Renzi, sarebbe l’ultima spiaggia, l’estrema possibilità per salvare il Paese. E come al solito vi sono cose che mi colpiscono e che non riesco a comprendere della vostra situazione politica e istituzionale.
Proverò a illustrarle prendendo spunto non da grandi tematiche, che non sono in grado di affrontare, ma da una questione che mi ha stimolato delle riflessioni. Da tempo, nel vostro bel Paese, viene usata una categoria di giudizio politico per me inusuale: il tradimento. Si dice che Alfano abbia tradito Berlusconi, che pare lo amasse come un figlio, che Letta abbia tradito Bersani, che Renzi abbia tradito Letta e - ancor più grave - abbia tradito le promesse di non andare al governo senza essere legittimato dal voto popolare, che i deputati e senatori del Partito democratico (italiano, non americano) eletti in quota a Bersani abbiano tradito Bersani schierandosi a favore di Renzi, che i senatori 5Stelle dissidenti abbiano tradito addirittura “la Rete”, e così via dicendo. Ora, secondo me, la categoria del tradimento non è la migliore per comprendere i comportamenti politici, e manifesta una pericolosa tendenza, nel dibattito politico, a confondere il piano privato con quello pubblico, usando gli stessi termini per qualificare comportamenti che appartengono all’uno o all’altro. Vero è che in gioventù ho appreso dai miei amici italo-americani di Brooklyn le parole di una canzone che diceva del vostro Paese:
«Chist’è ‘o paese d’ ‘o sole, / chist’è ‘o paese d’ ‘o mare, / chist'è 'o paese addó tutt’ ‘e pparole, / so’ doce o so’ amare, / so’ sempe parole d’ammore!»
Ma, per l’appunto, queste parole, come pure il termine tradimento, si riferiscono prevalentemente ai comportamenti affettivi, agli impegni ideali, ai valori che si condividono e poi si abbandonano, e certamente anche alla politica. La mia opinione è che il concetto di tradimento non sia in grado di spiegare i comportamenti politici cui state assistendo negli ultimi anni, e faccia correre il rischio di sanzionare moralmente comportamenti che vanno intesi, compresi e possibilmente prevenuti se sono pericolosi per il buon funzionamento del sistema politico-istituzionale.
Prendiamo ad esempio il comportamento dei deputati e senatori del Pd che eletti con fedeltà bersaniana sono saltati sul carro di Renzi. Noi americani, che siamo pragmatici, non diamo un giudizio di tipo morale in casi simili, e neppure così sarcastico come fece il vostro Ennio Flaiano: “gli italiani sono sempre pronti a correre in soccorso del vincitore”. Parliamo invece di effetto “band wagon”: chi vuol sentire bene la musica deve salire sul carro dove c’è la banda. E’ un comportamento razionale: se il tuo amore per la musica è molto grande, e passa la tua banda preferita, tu corri a seguirla e abbandoni magari gli impegni che avevi preso. Così, i deputati e senatori in questione, fortemente innamorati del loro posto di rappresentanti del popolo, sono saltati sul carro di Renzi. E cos’altro potevano fare, sotto un profilo di agire razionale? Se il governo Renzi avrà successo, e durerà per tutta la legislatura, essi saranno ricompensati, perché l’attuale sistema della rappresentanza politica, e anche quello (che deriva dall’accordo tra Renzi e Berlusconi) di riforma della legge elettorale, pone nelle mani dei leader di partito la possibilità di scegliere i deputati e senatori (se questi ultimi continueranno ad esistere) con il sistema delle liste bloccate. Se viceversa questo tentativo dovesse fallire, e il giovane leader dovesse venire travolto dal fallimento non potendosi più candidare come premier alle elezioni anticipate, questi deputati e senatori potrebbero sempre sostenere di aver contribuito, con un disegno machiavellico, a mandare Renzi allo sbaraglio e dunque legittimarsi come fedeli seguaci della posizione di coloro che, dentro il partito democratico, gli si contrapponevano, ma non avevano la forza di contrastarlo come leader. Allo stesso modo quando, nell’ambito del centrodestra è stato chiaro che Berlusconi avrebbe fatto piazza pulita di coloro che egli (e i suoi giornali) giudicavano come “traditori”, costoro hanno deciso di mettersi in proprio fondando un nuovo partito.
Forse vale la pena di nobilitare il mio ragionamento con un concetto in cui mi sono imbattuto leggendo cose scritte da sociologi, scienziati della politica e perfino economisti, che qualificano questi comportamenti come opportunistici. L’opportunismo è, a quanto mi si dice, una categoria concettuale molto importante per l’analisi dei fenomeni sociali. Forse lì da voi è connotata prevalentemente in modo moralistico, probabilmente a causa della vostra tradizione marxista. Invece l’opportunismo è un grande movente delle azioni umane, nel campo delle relazioni interpersonali, in quello dell’economia e della politica. Gli individui tendono sempre, o comunque sono tentati, ad appropriarsi di risorse o benefici senza pagare i costi. Così, ad esempio, se la probabilità di essere scoperti per non aver pagato le tasse (o anche il biglietto del bus) sono basse, o se le sanzioni sono irrisorie, i comportamenti opportunistici saranno incentivati.
Ora, questa considerazione mi ha portato a riflettere su un piccolo aspetto della grande questione che da voi si chiama delle riforme istituzionali, che dibattete da decenni senza sbocco: la legge elettorale. Per quello che ho capito si è fatto un gran parlare di problemi di rappresentatività e di governabilità, e di una legge che possa garantire entrambe le cose. E i critici di quello che infelicemente è stato chiamato “Italicum”, si sono soprattutto soffermati sul fatto che la proposta di legge, così come quella che si intende cambiare, non garantiscono ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti, e dunque che si sacrificherebbe la governabilità alla rappresentatività. Questo è senz’altro vero, ma non mi risulta che si sia dedicata neanche un po’ d’attenzione al fatto che questo sistema di liste bloccate fomenta e incoraggia l’opportunismo. Mi dicono altresì miei amici italiani esperti di sistemi politici e di partito, di sistemi costituzionali e regolamentari che sia la vostra Camera dei deputati che il Senato della Repubblica, prevedono nei loro regolamenti la possibilità di costituire anche piccoli gruppi parlamentari che godono di finanziamenti per il loro funzionamento. Il che in un sistema come il vostro produce ulteriore frazionamento politico e incentiva l’opportunismo e la corruzione. E mi si dice ancora che opportunismo, frazionamento politico della rappresentanza, poteri di veto e di ricatto, rendono instabile un sistema politico e ne determinano bassa efficienza e costi elevati.
In conclusione mi chiedo: non sarebbe il caso di affrontare con decisione questa tematica della necessità di ridurre, con opportuni provvedimenti di legge che incidano sulle istituzioni rappresentative e sul sistema di voto, i comportamenti opportunistici? Certamente essi non potranno mai essere del tutto eliminati ma si può ragionevolmente pensare a delle riforme che comportino una loro forte riduzione. Pensi, cara rivista “il Mulino”, che sia il caso di aprire una discussione su questo tema? O ritieni in tutta franchezza che siano fisime di chi vive lontano da voi e non è in grado di comprendere le complicazioni del vostro sistema politico-istituzionale? In ogni caso grazie per l’attenzione e un caro saluto dal
tuo affezionatissimo e (più che mai) anziano lettore americano
[Lettera firmata]
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