Il governo dell’atomo. Il 5 luglio 2012 una Commissione indipendente della Dieta giapponese, capeggiata da Kurokawa Kiyoshi, professore emerito dell’Università di Tôkyô, e dal premio Nobel per la chimica (nel 2002) Tanaka Koichi, ha presentato le proprie conclusioni dopo sei mesi di attente investigazioni e 900 ore dedicate all’audizione di un migliaio di testimoni.
Si tratta del terzo tentativo di chiarire le cause del disastro di Fukushima, dopo il rapporto pubblicato a febbraio da un gruppo indipendente di esperti del settore privato e quello pubblicato a giugno dal gruppo d’indagine interno della Tepco.
La Commissione della Dieta ha dichiarato che la responsabilità del disastro è da ricondurre alla deleteria collusione tra governo, sistema di vigilanza garantito dall’Agenzia per la sicurezza nucleare e industriale (Nisa), e Tepco, la società proprietaria della centrale. Il sistema di vigilanza difettoso e inaffidabile della Nisa, che fa parte del ministero dell’Economia, commercio e industria, ha permesso alla Tepco di rinviare cruciali misure di sicurezza.
Già nel 2006, infatti, il governo aveva rivisto gli standard per la resistenza ai terremoti e richiesto che gli enti erogatori valutassero i loro impianti. Sebbene fosse stato accertato che la Tepco dovesse mettere in atto misure di rafforzamento antisismico per rispettare i nuovi standard, la Tepco ha continuato a rinviare la messa a norma e la Nisa ha lasciato correre. Per quanto riguarda le responsabilità del governo, capeggiato da Kan Naoto, nel pieno della crisi è stato inefficiente e si è mostrato confuso sia sulla divisione dei ruoli, sia sulle responsabilità rispetto alla Tepco.
Il coinvolgimento diretto di dirigenti politici di alto livello, compreso il Primo ministro Kan, in questioni di competenza tecnica hanno accresciuto la confusione e generato ritardi. La Commissione – che peraltro ha presentato una serie di proposte per elevare il livello di sicurezza del nucleare – ha accertato come il terremoto abbia danneggiato componenti cruciali del reattore, mentre la Tepco ha sempre sostenuto il contrario.
Proprio il 5 luglio, dopo due mesi esatti di fermo di tutte le centrali nucleari nipponiche, il reattore numero tre dell’impianto di Oi, nella Prefettura di Fukui, gestito dalla Kansai Electric Power Co., ha ripreso a generare energia.
Si tratta, secondo molti, di una decisione irresponsabile: non è stato predisposto alcun piano d’evacuazione di emergenza e, soprattutto, non sono stati effettuati i dovuti controlli richiesti dalla Nisa. Secondo l’Agenzia sono necessari studi supplementari sulle zone di frattura della faglia che corrono sotto tre centrali nucleari nella Prefettura di Fukui, nonché la raccolta di informazioni su altri tredici reattori, compresi quelli dell’impianto di Oi, che è stato riattivato dopo quindici mesi di stop, senza che la Tepco abbia fornito all’Agenzia le garanzie di sicurezza richieste.
Il governo e l’industria dell’energia, nel frattempo, non hanno approntato piani credibili per ridurre la dipendenza del Paese dal nucleare e paiono non considerare l’elevato scetticismo dell’opinione pubblica giapponese nei confronti dell'atomo, cresciuto dopo il disastro di Fuskushima e l’evacuazione di massa a esso seguita. Recenti sondaggi d’opinione condotti da "Kyôdô News" mostrano come il 60% circa degli intervistati si opponga alla riaccensione dei reattori.
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