La vittoria di Kan. Il 14 settembre il primo ministro Kan Naoto ha sconfitto alle primarie del Partito democratico il potente Ozawa Ichirô, evitando al Paese un nuovo cambio di leadership. Si è trattato di una vittoria largamente dovuta al sostegno della base, ma di stretta misura tra i vertici: ben 200 dei 406 membri del Pd nella Dieta hanno votato per Ozawa. Kan ha effettuato un consistente rimpasto del gabinetto (inserendovi solo 3 sostenitori di Ozawa), dimostrando di essere determinato a portare a termine il proprio lavoro riducendo l’influenza del potente rivale.
Tuttavia il primo ministro deve fronteggiare la mancanza di maggioranza nella Camera alta, che rende necessario un continuo negoziato con l’opposizione, obbligandolo a stringere parziali alleanze, e contemporaneamente deve tenere fede al programma elettorale. Ha vinto assicurando una maggiore austerità fiscale e una nuova strategia di crescita per rivitalizzare l’economia stagnante, in un momento in cui le esportazioni sono ostacolate da uno yen ai massimi livelli. L’indice di gradimento del secondo gabinetto Kan era al suo varo al 64.4%, sceso al 47.6% a inizio ottobre, al 32.7% ai primi di novembre, sino ad arrivare al 25% accreditato dall’ultimo sondaggio pubblicato il 6 dicembre dallo «Yomiuri Shimbun». Gli elettori non hanno apprezzato il rifiuto di Ozawa di lasciare il partito, in seguito ai procedimenti giudiziari per uso illecito di fondi politici, e il basso profilo di Kan, che si è limitato controvoglia a istituire una Commissione etica alla Camera dei rappresentanti, che si riunisce proprio oggi per decidere se convocare Ozawa a testimoniare di fronte ai parlamentari (l’86% dei giapponesi ritiene inadeguata la risposta del Pd rispetto allo scandalo).
Ma soprattutto hanno criticato la poca fermezza con cui il governo ha gestito la questione dell’arresto del capitano di un battello cinese, fermato e quindi incarcerato perché la sua imbarcazione aveva avuto una collisione con due vascelli della guardia costiera nipponica nelle acque delle Isole Senkaku. Queste isole, incorporate dal Giappone nel 1895, sono sotto il suo controllo amministrativo, ma sono rivendicate da Taiwan e dalla Cina, che le ha reclamate a partire dal 1969, una volta divenuta nota l’esistenza di giacimenti naturali di gas e petrolio. L’arresto ha provocato forti proteste popolari in Cina, mentre il governo di Pechino ha assunto una posizione aggressiva, attuando, secondo il ministro degli Esteri nipponico, una “rappresaglia isterica”: ha sospeso tutti gli scambi a livello ministeriale col Giappone; ha rimandato le trattative per un accordo sullo sviluppo congiunto dei giacimenti di gas nel Mar cinese orientale; ha bloccato de facto, pur negandolo, l’esportazione di metalli rari, vitali per l’industria nipponica perché usati in un largo raggio di prodotti ad alta tecnologia, per il 90% dei quali l’Arcipelago dipende dalla Cina, che a sua volta controlla il 97% della produzione globale.
A questo punto il capitano è stato rilasciato ed è tornato in Cina accolto come un eroe. L’opposizione ha affermato che la pubblica accusa ha oltrepassato i limiti della propria autorità rilasciando il capitano cinese e affermando di averlo fatto in considerazione delle relazioni diplomatiche tra le due nazioni, mentre il governo è stato criticato per aver ceduto alle pressioni cinesi relative al rilascio, pur non essendosi Kan piegato alla richiesta di scuse da parte di Pechino. L’incidente è diventato un caso diplomatico: le manifestazioni antinipponiche, talora violente, si stanno diffondendo a macchia d’olio in molte province cinesi, invitando al boicottaggio dei prodotti giapponesi, mentre a Tokyo si protesta davanti all’ambasciata cinese. Il segretario di Stato americano Clinton si è limitato ad affermare che le isole Senkaku sono coperte dal Trattato di sicurezza nippo-statunitense, senza tuttavia condannare il comportamento cinese. Non è certo casuale che Tokyo si sia affrettata a far conoscere le nuove linee guida della politica difensiva nazionale per il quinquennio 2011-2016, annunciando che il Giappone dislocherà in tutte le proprie basi aeree missili intercettori Patriot di capacità avanzata Pac-3, mentre il numero dei sottomarini passerà da 16 a 22 nella catena di isole Nansei (al cui centro è Okinawa), sia per fronteggiare un eventuale attacco nordcoreano che come deterrente nei confronti di Pechino, che sta aumentando l'attività della propria flotta.
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