L’Ue e l’orso russo. La guerra che nell’agosto del 2008 ha opposto le truppe russe a quelle georgiane aveva attirato l’attenzione mediatica del mondo intero. Da allora è trascorso più di un anno, ma la situazione sul campo rimane ancora relativamente instabile. Il ruolo della missione di osservazione UE (EUMM) non è però tanto quello di riportare la regione, dopo la proclamazione dell’indipendenza da parte di Ossezia del sud e Abkhazia, a un ormai impossibile status quo ante, quanto quello di fare osservare sul terreno i pur precari accordi firmati tra i belligeranti nei mesi successivi al conflitto.
L’indipendenza di Ossezia del sud e Abkhazia è stata poi riconosciuta unilateralmente soltanto dalla Russia sulla base del precedente del Kosovo. Le ragioni politiche del conflitto sono essenzialmente da ricercarsi nell’interesse politico di Mosca di vedere riconosciuto il proprio ruolo di mediazione tra le diverse parti in conflitto e allo stesso tempo quello di “protettrice” delle nazionalità minori della regione storicamente oppresse da anacronistici, quanto esasperati, micro-nazionalismi locali. Inoltre, alla base dell’intervento dell’agosto 2008, vi è il suo fondamentale interesse ad assicurarsi il possesso di alcune località situate nella strategicamente ed economicamente importante regione del Caucaso posta tra Mar Caspio e Mar Nero, al fine di meglio controllare l’accesso ai gasdotti che trasportano il gas verso l’Europa occidentale.
L’Unione Europea, in questo contesto, oltre ad avere un evidente interesse economico nella regione, ha anche un importante interesse politico, in funzione del prestigio derivante da un formale riconoscimento del suo accresciuto ruolo internazionale, ad inviare un numeroso contingente di osservatori in Georgia per fare osservare il rispetto degli accordi firmati dai belligeranti.
La missione di osservazione UE, inoltre, è rimasta l’unica in Georgia ad assolvere a questo delicato compito in seguito alla chiusura, su esplicita richiesta della Russia, delle due missioni ONU e OSCE e questo fatto ne accresce ulteriormente l’importanza, non soltanto agli occhi dell’intera comunità internazionale, ma anche a quelli della stessa UE.
La missione UE in Georgia, nell’ambito della sua innovativa Politica Europea di Sicurezza e Difesa (Pesd), al contrario di ONU e OSCE, non ha però il mandato per entrare nel territorio dell’Ossezia del sud, limitandosi così a fungere da forza di interposizione tra le diverse realtà in conflitto. Nonostante le evidenti limitazioni imposte da Mosca, la missione UE mantiene un’importante funzione operativa sul terreno e la recente decisione di prolungarla quantomeno fino al settembre 2010, conferma la volontà di Bruxelles di rafforzare il ruolo internazionale dell’Europa, in attesa che l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona introduca l’attesa figura dell’Alto rappresentante per la Pesd che dovrebbe finalmente dare all’UE quel numero di telefono che Kissinger auspicava già qualche decennio fa.
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