Elezioni europee: Estonia, Lettonia, Lituania. L’esito delle elezioni europee in Estonia rappresenta sicuramente una bocciatura per il governo liberal-conservatore guidato da Andrus Ansip, eletto nel marzo 2007.
Solo ad una settimana dalle urne, si era verificata una crisi di governo, culminata con l’espulsione dei socialdemocratici e la nascita di un governo di minoranza, formato dal Partito delle riforme, di Ansip, e dai conservatori dell’Unione Pro Patria e Res Publica, guidati dall’ex Primo ministro Mart Laar: questa mossa, alla luce dei risultati elettorali, ha senza dubbio danneggiato i partiti di governo, facendo ottenere al Partito delle Riforme il 15,34% dei voti e al partito di Laar il 12,21%. Ad avvantaggiarsi della situazione è stato il Partito di Centro dell’ex primo ministro ed ora sindaco di Tallinn Edgar Savisaar, che ha raccolto il 26,07% dei voti e due deputati nell’Europarlamento. Un seggio è andato anche ai Socialdemocratici, che vedono una cospicua riduzione dei propri consensi rispetto al 2004, quando si affermarono come primo partito. Tuttavia, la vera sorpresa di queste elezioni, segnate da un notevole incremento dell’affluenza (il 43,9% contro il 26,8% di cinque anni fa), è stata data dall’exploit del candidato indipendente Indrek Tarand, il quale ha raccolto solo mille voti in meno del partito di Savisaar, con una percentuale del 25,81%. Tarand, figlio dell’ex Primo ministro socialdemocratico e ex europarlamentare Andres Tarand, ha incentrato la sua campagna su un’aspra critica al vecchio establishment politico, composto da anni da figure fuoriuscite dal Partito Comunista Estone quali Savisaar ed Ansip, ed è riuscito così a convogliare attorno a sé il malcontento popolare verso l’attuale classe dirigente, acuitosi negli ultimi mesi a causa della crisi economica e della mancata realizzazione delle promesse elettorali fatte da Ansip durante la campagna elettorale per le politiche del 2007. I sei seggi che l’Estonia può contare a Bruxelles, dovrebbero essere quindi così distribuiti: uno entrerebbe nel Pse, il deputato dell’Unione Pro Patria e Res Publica nel Ppe, i due eletti del Partito di Centro e l’eletto del partito di Ansip nel raggruppamento Adle/Alde e, infine, rimane Tarand. Non è ancora chiaro, infatti, dove si siederà il candidato indipendente. In base alle ultime dichiarazioni potrebbe aderire al gruppo di euroscettici che dovrebbe essere costituito dal leader conservatore britannico Cameron, ma si ipotizza anche un suo collocamento tra i socialisti.
Nelle altre due repubbliche baltiche il quadro è anche più complesso. In Lituania la bassa affluenza, dovuta forse anche alla stanchezza e al disinteresse di un elettorato (20,9% contro il 48,4% del 2004) reduce dal turno per le presidenziali di metà maggio, ha portato alla vittoria del Partito cristiano democratico (4 seggi), mentre tre seggi sono stati assegnati al Partito socialdemocratico, e la destra nazionalista di Ordine e Giustizia, tacciata spesso di influenze neonaziste, ha registrato il risultato più significativo con oltre il 12%, arrivando così a mandare due rappresentanti a Strasburgo. In Lettonia, invece, la concomitanza tra europee ed amministrative ha fatto sì che l’affluenza si attestasse al 52,56%, uno dei tassi più elevati dell’intera Ue. Gli elettori hanno premiato la destra nazionalista, facendo sì che il nuovo cartello elettorale, l’Unione civica, si qualificasse come primo partito, con oltre il 24% dei voti e due europarlamentari. In aggiunta a ciò, la decisa sferzata a destra proveniente da Riga è confermata dal seggio ottenuto dal Partito per la patria e la libertà, movimento nazionalista antirusso e antieuropeista.
Riproduzione riservata