Il fenomeno dei flussi migratori caratterizza sempre di più anche Roma e il suo territorio. Nella capitale la presenza straniera, secondo i dati Istat 2018, si attesta intorno alle 386 mila unità, con un’incidenza sulla popolazione complessiva pari al 13,4%. Un cittadino ogni otto, nei fatti, è di nazionalità non italiana. Questo primo aspetto già di per sé indica quanto l’immigrazione abbia un impatto significativo sulla struttura socio- demografica ed economica della città, e quanto nel corso degli anni tale impatto sia via via aumentato. All’inizio del 2009 i dati disponibili mostravano un numero di stranieri pari a 242 mila unità, ossia il 9% dei residenti complessivi: in un solo decennio l’aumento della popolazione immigrata è stato di 124 mila unità (senza naturalmente tenere conto di coloro che hanno ottenuto la cittadinanza e quindi non sono più conteggiati come stranieri, concetto su cui torneremo in seguito). Il valore di una simile crescita demografica assume una valenza ancora maggiore se si analizzano i dati complessivi: nello stesso lasso di tempo, infatti, la popolazione è cresciuta di sole 148 mila persone.
Sostanzialmente, se oggi il numero dei residenti in città non diminuisce, è soprattutto – se non esclusivamente – grazie all’apporto degli stranieri, poiché il numero dei nati non riesce più a compensare il numero dei morti: dal 2009 al 2018, a fronte di 271 mila bambini nati, vi sono stati 300 mila decessi. Anche rispetto alle nascite, l’incidenza straniera è in continuo aumento: nel 2016, infatti, la percentuale di bambini stranieri sul totale complessivo dei nuovi nati è stata pari al 16,8%; nel 2017, ultimo dato disponibile, con 21.147 bambini nati a Roma, del 17,4%. Questo valore in alcuni municipi supera il 20%: nel I (21%), V (25%), VI (26%) e XV (24%).
Tuttavia, anche il numero dei nati stranieri registra una flessione: se nel 2016 erano stati 3.845, l’anno successivo sono stati 3.679, segno che una prima «crisi demografica» comincia a innestarsi anche tra la popolazione straniera o, più semplicemente, che come è noto da tempo gli stranieri tendono via via ad assumere comportamenti riproduttivi non troppo distanti da quelli del Paese di arrivo.
Roma conta la presenza di oltre 150 nazionalità: una sorta di «villaggio globale» in scala ridotta, con alcune singole collettività maggiormente rappresentate, poiché legate ai processi migratori avviatisi già a partire dagli anni Ottanta e Novanta. In particolare, i primi quindici Paesi per numerosità concentrano oltre i tre quarti di tutti gli stranieri residenti nel comune di Roma: nel 2009 tale valore era al 70%, nel 2018 sale al 75%.
[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 2/19, pp. 232-239, è acquistabile qui]
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