La Svezia prende le redini dell'Ue. «Il futuro immediato dell’Ue rappresenta una fase storica cruciale: insieme dobbiamo affrontare la crisi economica e la disoccupazione, ma anche riunire le forze del mondo intero per affrontare i mutamenti climatici. La presidenza svedese è pronta ad accettare questa sfida». Con queste parole il premier svedese Fredrik Reinfeldt, ha presentato la presidenza dell’Ue, il cui slogan è, non a caso, "Taking on the challenge". Il principale obiettivo di Stoccolma, nel secondo semestre del 2009, consisterà nel conciliare le priorità energetico-ambientali che l’Ue ha fissato in vista della Conferenza Onu sul clima a Copenhagen nel prossimo dicembre e l’esigenza di rilanciare l’economia e fronteggiarla crescente disoccupazione. A questo problema si aggiungono le incognite istituzionali che incombono e che rischiano di far slittare i programmi in agenda: la Svezia inizia il proprio mandato con un Europarlamento appena eletto, una Commissione da rinominare e con il Trattato di Lisbona ancora appeso al filo referendario irlandese (nonché alla firma dei presidenti ceco e polacco).
In teoria, la nomina del nuovo presidente della Commissione potrebbe avere luogo anche dopo il referendum irlandese sul Trattato di Lisbona ad ottobre. Questo significherebbe che per quasi tutta la durata del semestre svedese la Commissione non avrebbe un mandato chiaro. Pertanto a Stoccolma si spera nella riconferma dell’attuale presidente Barroso già a metà luglio, ossia in occasione della prima sessione del nuovo Parlamento.
Dopo l’appoggio unanime dato a Barroso da parte del Consiglio, la parola tocca ora agli europarlamentari e a Stoccolma si osservano con preoccupazione i ”capricci” dei neoeletti, che non sembrano volergli concedere questa soddisfazione. È dunque prevedibile che all’inizio della presidenza Reinfeldt dovrà, contrariamente a quanto sperava, dedicare molta attenzione al negoziato con i gruppi parlamentari sulla nomina del nuovo presidente dell’esecutivo comunitario.
Ma l’agenda della presidenza svedese rischia di essere occupata da questioni istituzionali anche negli ultimi due mesi della presidenza: se il referendum irlandese approverà finalemente il Trattato di Lisbona, la Svezia dovrà infatti assumersi anche il compito di avviarne l’attuazione, trovandosi costretta a dedicare il vertice Ue del 29-30 ottobre alla nomina della nuova Commissione e delle nuove figure istituzionali previste dal Trattato (Presidente stabile dell’Ue e Alto commissario per la politica estera e di difesa in primis).
Ma nel frattempo, indipendentemente dall’esito dell’annosa vicenda istituzionale, la Svezia deve mantenere alta l’attenzione dei Ventisette su altre tre questioni in agenda. A partire dal vero e proprio cavallo di battaglia del governo svedese: la Strategia per il Mar Baltico, mirata allo sviluppo di una maggiore cooperazione economica ed ambientale in questa regione. In secondo luogo vi è la questione del consolidamento del ruolo dell’Ue come riferimento a livello globale in materia di pace, sviluppo e democrazia. Infine, nell’ambito della giustizia e affari interni, l’Ue dovrà cercare di raggiungere un accordo sul rinnovo del Programma dell’Aia. L’obiettivo del governo svedese è l’elaborazione di un nuovo Programma di Stoccolma che, mirando alla salvaguardia dei diritti e della sicurezza degli individui, contenga iniziative per incrementare la cooperazione tra le forze di polizia nazionali, per contrastare la criminalità internazionale e per affrontare i problemi dell’immigrazione illegale, favorendo l’elaborazione di una politica d’asilo comune.
Gli obiettivi del prossimo semestre di presidenza si annunciano dunque numerosi e particolarmente ambiziosi per Stoccolma.
Ma la Svezia appare fiduciosa, anche in virtù di una consolidata tradizione nell’arte della diplomazia e del compromesso. In ogni caso, all’indomani della disastrosa guida offerta da Praga, non sarà difficile per Reinfeldt e soci fare meglio nei prossimi sei mesi.
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