Nuove speranze di pace lungo il 38° parallelo? A metà febbraio, nel suo primo viaggio come segretario di Stato, Hillary Clinton si è recata in Asia, visitando Giappone, Corea del Sud e Indonesia. L’attesa era relativa soprattutto alle indicazioni che la nuova amministrazione statunitense avrebbe espresso nei confronti del delicato dossier coreano.
Il quadro è senz’altro complicato, considerato il progressivo deterioramento nei rapporti tra le due Coree in seguito alla recente vittoria elettorale dei conservatori a Seoul (che hanno promesso di perseguire la via della fermezza nei confronti del Nord) e le rinnovate minacce del regime di Pyongyang. A rendere più tesa la situazione sono le voci, sempre più insistenti, relative al nuovo esperimento missilistico che la Corea del Nord si starebbe accingendo a compiere. Questa eventualità, nonostante Pyongyang abbia sempre sostenuto trattarsi del lancio di un satellite, costituirebbe una seria minaccia alla stabilità regionale e, come ha dichiarato la Clinton, verrebbe interpretata dagli Stati Uniti come una provocazione. La fermezza dimostrata dalla Clinton ha fatto tirare un sospiro di sollievo a quei commentatori coreani che, subito dopo le iniziali dichiarazioni dell’amministrazione Obama, avevano pensato a un "rilassamento" nella condotta verso il Nord. Pur avendo criticato duramente l’amministrazione Bush per aver abbandonato l'Agreed Framework siglato con Pyongyang nel 1994 – che prevedeva la fornitura (peraltro mai avvenuta) da parte statunitense di due reattori pressurizzato ad acqua leggera per scopi civili in sostituzione di quello a grafite – Clinton ha ribadito che i "colloqui a sei" avviati nel 2003 continueranno a rappresentare il quadro generale per il negoziato. La nuova amministrazione americana pare insomma intenzionata ad avviare una progressiva normalizzazione dei rapporti diplomatici con Pyongyang, a condizione che essa completi effettivamente il processo di denuclearizzazione. Se la fermezza delle dichiarazioni della Clinton ha contribuito a rassicurare Seoul, sono in pochi a ritenere credibile una improvvisa disponibilità al dialogo da parte del regime di Kim Jong-Il. Per smuovere la situazione dallo stallo attuale probabilmente l’unica strada percorribile da parte dell’amministrazione americana è la definizione di una serie di azioni virtuose, reciproche e sequenziali che possano spezzare l’endemico isolamento di Pyongyang. In particolare la speranza che va diffondendosi tra gli osservatori internazionali è che gli Usa – di concerto con Tokyo e Seoul – siano intenzionati nel breve periodo ad offrire un pacchetto credibile di garanzie di sicurezza e di aiuti preventivi al governo di Pyongyang capace di convincerla ad abbandonare il proprio programma nucleare. Si tratterebbe oltretutto del primo, indispensabile, passo per procedere ad una storica riconciliazione tra le due Coree. Missili o satelliti permettendo, naturalmente.
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