La lunga notte coreana. Dopo quindici travagliati mesi alla guida del paese, il presidente coreano Lee si trova a fronteggiare una doppia sfida, sul fronte interno e su quello internazionale, che potrà avere pesanti ricadute non solo per il futuro della sua amministrazione ma anche per le sorti del paese. Internamente Lee deve fare i conti con lo shock provocato dal suicidio del suo predecessore, Roh Moo-Hyun, avvenuto il 23 maggio scorso. Quest’ultimo, in carica dal 2003 al 2008, era stato recentemente accusato di corruzione e formalmente interrogato dagli inquirenti per aver ricevuto un “dono” di 6 milioni di dollari da un noto uomo d’affari. Nonostante tali accuse siano sempre state respinte dall’ex presidente, hanno avuto una eco immensa sulla stampa nazionale, soprattutto quella di stampo conservatore, che non ha mancato di attaccare violentemente Roh, spingendolo al suicidio. I suoi sostenitori hanno immediatamente additato come principale responsabile dell’accaduto Lee Myung-Bak, il cui governo avrebbe sostenuto le accuse contro Roh per fini politici. Lee dal canto suo non si è pronunciato riguardo alle accuse, limitandosi a esprimere il cordoglio per la morte di Roh e a dare mandato per l’organizzazione di funerali di Stato, ai quali ha preso parte. Proprio in quella occasione, però, è stato deciso di bloccare l’accesso al pubblico temendo che la cerimonia potesse trasformarsi in una protesta antigovernativa. Ciò non solo non ha impedito al presidente di subire una dura contestazione ma gli ha fatto perdere una buona occasione per riconciliarsi con i suoi oppositori politici. La morte di Roh potrebbe trasformarsi in un evento chiave in uno scenario politico estremamente frammentato e che mostra ancora notevoli problemi nella gestione del compromesso. Le tensioni politiche tra la maggioranza e l’opposizione sono intense e molto spesso degenerano in episodi di violenza, di cui il parlamento è periodicamente testimone.
Solo due giorni dopo il suicidio di Roh, con la nazione ancora disorientata, Lee ha dovuto prendere atto dell’apertura di un secondo fronte destabilizzante costituito dal test nucleare sotterraneo condotto dalla Corea del Nord, immediatamente seguito dal lancio di alcuni missili a corto raggio e dalla dichiarazione di Pyongyang di non sentirsi più vincolata dall’armistizio siglato nel 1953, alla fine della Guerra di Corea. Il test nucleare rappresenta il culmine del graduale ma inesorabile processo di deterioramento delle relazioni tra le due Coree cominciato proprio con l’insediamento di Lee. Nel suo programma elettorale Lee aveva promesso infatti di inasprire i rapporti con il Nord, legando eventuali aiuti e concessioni al processo di denuclearizzazione di Pyongyang. Questa presa di posizione netta, in assoluta controtendenza rispetto alle due precedenti amministrazioni che avevano perseguito una politica di apertura, ha fortemente indispettito il regime di Kim Jong-Il. In molti a Seoul hanno capito troppo tardi che la politica di Lee era controproducente per il processo di denuclearizzazione e che addirittura avrebbe finito con il far precipitare la situazione.
Questa doppia “minaccia” offre tuttavia a Lee l’opportunità di rilanciare la propria leadership, eventualità che potrebbe favorire la riconciliazione del paese e ridare consenso al suo governo. Perché questo accada, però, Lee ha assoluto bisogno di favorire la cultura del compromesso su quella del conflitto e la cultura del rispetto su quella della recriminazione. In questo senso, probabilmente potrebbe essere auspicabile dare seguito ad alcune scelte politiche compiute da Roh, rendendo più pragmatico l’approccio nei confronti del Nord, con l’obiettivo di allentare le tensioni e far riprendere la strada del dialogo e della cooperazione. Se Lee non agisce in modo deciso al fine di riformare la politica interna del suo paese e modificare l’approccio nei confronti di Pyongyang, non potrà che perdere ulteriore consenso, precludendosi la strada all’obiettivo principale che egli si era posto, vale a dire la ripresa economica della Corea. Cosa dobbiamo aspettarci quando la notte sarà passata?
[Sulla Corea del Nord, è in preparazione per "il Mulino" n. 4/2009 un articolo dello stesso Antonio Fiori]
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