Venti di guerra nel Mar Giallo. Erano molti anni ormai che non si assisteva ad un’escalation così preoccupante nelle relazioni tra le due Coree. Il tutto ha avuto inizio la sera del 26 marzo,quando la corvetta sudcoreana Cheonan – un’imbarcazione la cui “specialità” avrebbe dovuto essere proprio l’intercettazione di sottomarini – affonda al largo di Baengnyeong, l’isola più settentrionale di pertinenza della Corea del Sud, causando la morte di 46 uomini dell’equipaggio. I sospetti si volgono, ovviamente, verso la Corea del Nord, la quale peraltro immediatamente declina qualunque responsabilità. I sospetti, però, tendono a diventare certezze quando il 10 maggio il Ministro della Difesa sudcoreano, Kim Tae-young, conferma il ritrovamento di tracce di esplosivo sui rottami della Cheonan. Il 20 maggio, infine, il team investigativo congiunto, formato da esperti australiani, statunitensi, britannici e svedesi, annuncia la conclusione delle indagini, presentando un rapporto in cui si conferma che l’affondamento, avvenuto a causa di un siluro lanciato da un sottomarino, sia da ritenersi opera dei nordcoreani, che hanno peraltro rispedito le accuse al mittente, etichettandole come “pure invenzioni”. Il presidente sudcoreano, Lee Myung-bak, ha tenuto un discorso alla nazione, il 24 maggio, lasciando poco spazio alle interpretazioni. Lee, inoltre, ha enumerato una serie di provvedimenti che il suo governo intraprenderà immediatamente: intanto il caso dell’affondamento verrà denunciato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in modo che possa essere discusso e i responsabili fermamente sanzionati; ogni forma di commercio inter-coreano verrà sospeso e nuovi investimenti in Corea del Nord proibiti; Seoul e Washington intraprenderanno delle esercitazioni congiunte antisottomarino e rinforzeranno le loro strategie militari; sarà preclusa la navigazione in acque sudcoreane ad imbarcazioni nordcoreane; si resta, infine, in attesa che la Corea del Nord riconosca le sue responsabilità e punisca i colpevoli. Insomma, la situazione è certamente molto tesa, e l’assordante silenzio della Cina, storico alleato della Corea del Nord che nella vicenda in questione ha mantenuto un bassissimo profilo – rifiutandosi di condannare Pyongyang per l’accaduto e ribadendo a tutte le parti in causa la necessità di prudenza – non contribuisce certamente a smorzare i toni. Benché in questa vicenda ancora esistano punti oscuri che il rapporto congiunto non ha assolutamente aiutato a chiarire (a partire dal fatto che mentre la Cheonan era impegnata in operazioni di sorveglianza della Northern Limit Line, cioè la linea di demarcazione navale tra le due Coree, spesso origine di dissidi, stava tenendosi un’esercitazione navale congiunta di forze americane e sudcoreane) l’impressione è che questa volta la Corea del Nord sia stata messa alle strette dall’opinione pubblica internazionale. Come potrà reagire un paese già in condizioni di estrema precarietà allorché verranno meno tutti gli aiuti sui quali parte della sua popolazione faceva riferimento? Ciò potrebbe forse indebolire il regime, o – più verosimilmente – renderlo ancora più minaccioso e incontrollabile. Sicuramente, da questo punto di vista, la scarsità di rifornimenti obbligherà Pyongyang a fare ancor più affidamento sulla Cina, rendendola – come se non lo fosse già a sufficienza – il vero attore strategico dell’area del nordest dell’Asia, la sola in grado di colloquiare e farsi ascoltare dal regime nordcoreano. La situazione è difficile, la tensione – per la prima volta – palpabile anche a Seoul. Di sicuro Lee Myung-bak ha definitivamente affondato, per rimanere in tema, un decennio di sforzi compiuti dai defunti presidenti progressisti Kim Dae-jung e Roh Moo-hyun, di aprire alla Corea del Nord, cercando di coinvolgerla in un sistema di relazioni più complesso ed articolato: della Sunshine Policy non esiste più traccia. Il 2 giugno ci sarà un importante appuntamento politico in Corea del Sud, ovvero le elezioni locali: le proiezioni non lasciano scampo ai progressisti, per i quali la disfatta sembra sicura. La forbice sembra essersi nettamente allargata a favore dei conservatori, proprio in coincidenza con la pubblica reprimenda di Lee alla Corea del Nord. Non è detto, quindi, che questa volta la Corea del Nord non abbia fatto un enorme piacere al “traditore” Lee Myung-bak…
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