Se la Grande Guerra sia stata un evento prevedibile, addirittura inevitabile oppure un evento imprevedibile o improbabile (come si preferisce dire oggi) è una questione che accompagna da sempre la riflessione storiografica. Ma per la sua messa a fuoco vengono usati concetti tutt’altro che omologhi o interscambiabili. È un fatto che oggi, dopo l’enorme lavoro analitico compiuto per decenni sulle cause «strutturali» e remote della guerra, che l’avrebbero resa prevedibile se non inevitabile, l’analisi tende a spostarsi sulle possibilità che la guerra potesse essere evitata. E quindi ci si chiede perché si sia verificata nei tempi e nelle modalità che conosciamo e – in via subordinata – perché non si sia interrotta tempestivamente. Questo approccio presuppone che ci si concentri con grande attenzione sulla fase iniziale, decisionale e scatenante del conflitto, vale a dire sulla crisi politico-diplomatica del luglio 1914 e sulle prime operazioni belliche dettate dai piani militari precedentemente messi a punto.
Occorre quindi distinguere bene la fase relativamente breve che va dall’assassinio di Sarajevo (28 giugno) alla battaglia della Marna (metà settembre), dalla lunga terribile esperienza dei quattro anni successivi che si imprimerà indelebilmente nella memoria collettiva come «la Grande Guerra». Oggi gli storici che parlano di conflitto «evitabile» partono dalla convinzione che «la successione degli avvenimenti che condusse allo scoppio delle ostilità avrebbe potuto essere interrotta in qualsiasi momento nelle cinque settimane che precedettero gli scontri armati, se la prudenza e la buona volontà avessero trovato modo di esprimersi» (John Keegan). Già. Ma il punto è proprio perché non c’è stata «prudenza e buona volontà» nei decisori politici. Come dobbiamo giudicare «le buone ragioni» di segno opposto avanzate dai protagonisti nel corso del processo decisionale, che ha portato a un esito oggi giudicato assurdo, e le motivazioni dei responsabili politici che hanno convinto (almeno apparentemente) i loro popoli che era necessario affrontare una grande guerra di difesa nazionale?
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Riproduciamo qui l'incipit dell'articolo di Gian Enrico Rusconi, Ripensare il 1914, pubblicato sul “Mulino” n. 4/14, pp. 693-700.
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