Il 12 novembre 1943, sette uomini, tutti immigrati, si ritrovano in un garage a Vincennes, nell’Est parigino. Sono in bicicletta, è mattino presto, pedalano fino a rue La Fayette, nel centro di Parigi, quartiere dell’Opera. Aprono il fuoco su un convoglio tedesco. L’operazione è quasi banale per il gruppo, abituato a questo tipo di azioni. Questa però va male: uno di loro è ferito ai reni.
Il ferito viene trasportato all’ospedale della Pitié-Salpêtrière e arrestato, interrogato dalla polizia, poi dalla Gestapo. Era conosciuto con il nome di “Dallat”, ma in realtà si chiamava Rino Della Negra. Era un operaio, un immigrato, un resistente e un calciatore.
Figlio di immigrati italiani, 20 anni appena, Della Negra verrà giustiziato insieme ad altri 21 partigiani del gruppo Manouchian al Mont-Valérien, ad Ovest di Parigi, il 21 febbraio del 1944. Erano 23 in totale; l’ultima, Olga Bancic, verrà decapitata in Germania cinque mesi dopo.
Il gruppo Manouchian fa parte dei Francs-tireurs et partisans - Main-d'œuvre immigrée ( FTP-MOI ), formazione comunista che inquadrava i lavorati non francesi: deve il suo nome a Missak Manouchian , operaio, militante comunista, poeta, giornalista, sfuggito al genocidio armeno e immigrato in Francia, che fa parte dei 22 giustiziati del Mont-Valérien. Tra l’inizio del 1942 e l’autunno del 1943 si contano circa 115 azioni realizzate dal gruppo.
La vicenda di Rino della Negra si intreccia a quella della Seconda guerra mondiale, della Resistenza francese, dell'antifascismo. Ma è anche un pezzo di storia di una squadra di calcio e di un quartiere; è la storia di una cultura politica. Ed è anche, un po’, un’operazione culturale.
I membri del gruppo Manouchian, sono entrati nella storia per la cosiddetta Affiche Rouge , un manifesto della propaganda nazista che li additava come terroristi, affisso in 15 mila copie sui muri delle maggiori città di Francia prima del processo che avrebbe condannato i membri del gruppo a morte. Simone de Beauvoir li descriverà come «questi volti che ci dicevano di odiare (…) commoventi e perfino belli», Louis Aragon scriverà una poesia a loro dedicata, poi messa in musica da Léo Ferré .
La vicenda di Rino della Negra si intreccia a quella della Seconda guerra mondiale, della Resistenza francese, dell'antifascismo. Ma è anche un pezzo di storia di una squadra di calcio e di un quartiere; è la storia di una cultura politica
Il volto di Della Negra non appare sul manifesto e, per diversi anni, è stato meno conosciuto e meno “celebrato” dei compagni. Dal 1966 gli è stata intestata una strada ad Argenteuil, ma il suo nome è riemerso nella memoria collettiva solo verso la fine degli anni Novanta, quando sono state organizzate alcune manifestazioni in sua memoria. Nel 2004 una targa e poi una tribuna gli sono state dedicate allo stadio Dr Bauer a Saint-Ouen, cittadina nella banlieue Nord Est di Parigi, in Seine-Saint-Denis, famosa per il mercato delle pulci e parte, insieme ad altre città della “petite-couronne”, di un gruppo di municipalità a tradizione di sinistra dal secondo dopoguerra.
Il club sportivo di cui faceva parte Della Negra è il Red Star, squadra di calcio e tifoseria a tradizione di sinistra, radicata nella storia dell’antifascismo e che, ancora oggi, milita e pratica uno sport inclusivo, antisessista, antirazzista e popolare. A vedere i Red Star ci vanno i tifosi di calcio, ci vanno i militanti politici, ci vanno i curiosi che, come me, non hanno idea delle regole del calcio, ma vogliono capire come funziona: gli slogan sono rigorosamente antifascisti e antisessisti, la partita è una festa, la curva accogliente e popolare.
Rino Della Negra ha giocato nel Red Star come ala destra nella stagione 1943-44, quando già da diversi mesi faceva parte della lotta armata contro l’occupazione nazista nella FTP-MOI. Due storici, Dimitri Manessis e Jean Vigreux, hanno pubblicato una biografia di Della Negra – Rino Della Negra, footballeur et partisan (Libertaria, 2022) – per raccontare una storia che è stata riesumata dai tifosi: «Un vero e proprio lavoro di memoria, trasmissione e storia è stato intrapreso dai sostenitori del Red Star. Non parliamo di un simbolo polveroso, ma di un oggetto di memoria vivo», spiega Manessis a "Libération". La tifoseria del Red Star, dal 2004, ogni anno rende omaggio a Della Negra.
Rino Della Negra era nato nel Nord della Francia, a Vimy, nel 1923. La famiglia, originaria del Friuli, si spostava seguendo gli impieghi del padre, muratore. Nel 1926 si stabilì ad Argenteuil, nel quartiere di Mazagran – ribattezzato “Mazzagrande” , per la forte presenza di immigrati italiani –, banlieue parigina che ha contributo alla formazione politica di Della Negra.
Mazagran impiegava la maggior parte degli immigrati nell’industria del gesso; gli italiani erano i più numerosi – seguivano belgi, svizzeri e marocchini – e i più attivi nel movimento sindacale. La comunità italiana di “Mazzagrande” aveva forti legami con l’antifascismo (sono diversi i comunisti in fuga dal regime) e con il movimento anarchico italiano. Argenteuil, come tante cittadine della banlieue in quel periodo, fu conquistata dal Partito comunista nel 1935, ed era la roccaforte del deputato Gabriel Péri, comunista e resistente.
Operaio del settore metallurgico – entra in fabbrica a 14 anni –, Della Negra è immerso in una cultura politica antifascista: si avvicina alla famiglia Simonazzi, legata al Partito comunista. Sono gli anni Trenta, il Fronte Popolare è al potere, la cultura operaia è al suo apogeo: ci sono scioperi, manifestazioni… Alcuni degli amici di Della Negra, francesi e italiani, partono per raggiungere le Brigate internazionali in Spagna.
Rino Della Negra era uno sportivo – correva i 100 metri in 11 secondi e 49 – con una passione particolare per il calcio: ha giocato in diversi club sportivi operai. Ed era bravo, bravo al punto che il Red Star gli propose un contratto. Sono gli anni Quaranta e non è proprio il momento di massimo splendore del calcio francese: i club d’élite venivano smantellati a favore delle squadre “federali” dal regime di Vichy che imponeva dei valori – autoritarismo ed élitarismo su tutti – all'opposto di quelli dei club sportivi legati alle fabbriche, basati sull’aiuto reciproco e sul cameratismo. Le squadre professionistiche vennero silurate e il Red Star tornò a essere un club dilettantistico.
All’inizio del 1943, come tanti coetanei, Della Negra è chiamato in Germania per il Servizio di lavoro obbligatorio , periodo con il quale i francesi dovevano “partecipare” allo sforzo bellico tedesco fornendo lavoro gratuito. Della Negra non si presenta alla chiamata e si unisce ai FTP-MOI, senza prendere la tessera del Partito e scegliendo il nome di Jean-Claude Chatel.
Prima di essere catturato, partecipò a una quindicina di azioni, tutte tra maggio e novembre del 1943: sabotaggi, distribuzione di materiale e armi, attacchi… Nel giugno del 1943 prese parte all’attacco alla sede parigina del Partito fascista italiano, in rue Sédillot. Quando Della Negra giocava al Red Star, nella stagione 1943-44, era in realtà già in clandestinità, ma le (sole) 8 partite che ha giocato tra la sua entrata nel club e il suo arresto, nel novembre del 1943, le ha giocate con il suo vero nome.
«La sua memoria non è mai stata così presente: se discuti con un tifoso del Red Star è molto probabile che possa riassumere la vita di Rino Della Negra, almeno per sommi capi. Non era così vent'anni fa», dice Vincent Chutet-Mézence, portavoce della Tribuna Rino Della Negra al Red Star a "Libération".
«Siamo di fronte a un raro incontro tra la storia, l’impegno politico, la comunicazione e il ruolo dei poteri pubblici», continua Manessis su SoFoot . «Ci sono molti altri giocatori che avrebbero potuto giocare questo ruolo, semplicemente perché la Resistenza non è stato un fenomeno massiccio in Francia. In Grecia o in Jugoslavia ci sono dozzine di esempi di giocatori/resistenti. Al Red Star, Rino Della Negra è il solo ad aver fatto parte di un’élite di combattenti della Resistenza parigina: l’immagine del giocatore/resistente è bellissima no? Sia per chi difende la sua memoria sia per chi difende i valori del club», spiega.
Dal 1944 la Fédération sportive et gymnique du travail (FSGT, federazione sportiva di sinistra) organizza un torneo dedicato a Della Negra; negli anni Cinquanta poi il Pci ha usato la storia di Della Negra in risposta alla xenofobia dilagante e all’anticomunismo – diversi ex partigiani, soprattutto polacchi e spagnoli, venivano espulsi – per raccontare la storia dei “non francesi” morti per la Francia, spiegano gli autori a "Mediapart". All'inizio degli anni Duemila, la sua storia è riemersa in ricerche storiche su Saint-Ouen ed è stata utilizzata nel 2002, quando Jean-Marie Le Pen è arrivato al secondo turno delle elezioni presidenziali. Agli occhi di tanti tifosi del Saint-Ouen Rino Della Negra incarna i valori in cui si riconoscono: l'antirazzismo, l'antifascismo, la difesa degli immigrati, il programma sociale della Resistenza, l'internazionalismo.
Rino Della Negra rappresenta una Francia plurale. È la storia dell'impegno antifascista di un giovane di origine immigrata, proveniente dalle classi popolari e che vive in banlieue. Una storia più che mai attuale
Come notano gli autori della sua biografia, Rino Della Negra «rappresenta una Francia plurale. È la storia dell'impegno antifascista di un giovane di origine immigrata, proveniente dalle classi popolari e che vive in banlieue. [...] Abbiamo voluto produrre una storia sociale di questo impegno nella Resistenza che si inserisce in un'altra narrazione nazionale: quella di una Francia che è terra di accoglienza per gli antifascisti italiani e per gli ebrei perseguitati dell'Europa centrale».
«Sono proprio i tifosi a essere legati alla figura di Rino Della Negra, per il suo impegno politico antifascista. Il club non è contrario, ma non vi si associa completamente. La mia sensazione è che l'immagine di marketing che il club sta cercando di proporre si stia allontanando dalla cultura popolare della classe operaia, per vendere una storia a categorie benestanti attraverso le periferie, il mix etnico-culturale», spiega Manessis su SoFoot.
E, in effetti, la realtà è meno poetica della storia: nonostante le proteste, numerose, e un a ppello pubblicato su "Le Monde", firmato dal Collettivo Red Star Bauer, dai fan, da ex giocatori, da artisti (tra cui Zerocalcare), da politici (tra cui Mélenchon) per difendere il «Red Star come bene comune», contro il tentativo di acquisto da parte del fondo di investimenti 777 Partners (già proprietario del Genoa), lo scorso maggio il club è stato venduto .
Riproduzione riservata